29 Marzo 2024

Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere

Frida Kahlo (all’ anagrafe Magdalena Carmen Frieda y Calderón), la donna che è diventata una delle icone della storia dell’arte e uno dei simboli del Messico. Chi non ha mai sentito parlare almeno una volta di lei? La sua immagine, nel corso del tempo, si è letteralmente convertita in un fenomeno mediatico ed un prodotto di consumo. La troviamo in copertine di riviste, manifesti, persino in accessori o cover per smartphone. Con le sue acconciature, gli abiti tradizionali e le folte sopracciglia quasi unite in una sola è divenuta una vera e propria icona di stile, ispirando fashion designer e non solo. Una proposta estetica ben definita, che ha lasciato un forte segno anche nella moda grazie alla sua autenticità.

Ma quanti di voi possono affermare di conoscere nel profondo la personalità di Frida Kahlo?


O semplicemente di sapere le ragioni del suo operare?

Nunca pinto sueños o pesadillas. Pinto mi propia realidadNon dipingo mai sogni o incubi. Dipingo la mia stessa realtà”, così scriveva nel suo diario l’artista messicana.

Vorrei soffermarmi proprio su queste parole. Non sulla sua famosa e discussa storia d’amore con Diego Rivera, uno dei grandi muralisti messicani. Non sui tanti litigi, delusioni e ricongiungimenti avuti col marito. Ma delineare un ritratto artistico-psicologico di una delle donne più enigmatiche, intellettualmente poderose e trascendentali della storia dell’arte. Analizzare alcune delle opere más impactantes – per usare termini spagnoli – di Frida, quelle che descrivono più profondamente il suo universo privato.

Tutto cominciò infatti da quel 17 settembre 1925. Stava piovendo e la diciottenne Frida viaggiava su un autobus, tornando a casa, quando improvvisamente il mezzo venne travolto da un tram e contorcendosi si schiacciò contro un muro.

Le lesioni causate dall’incidente furono gravissime. Un corrimano dell’autobus le entrò in un fianco e le uscì dalla vagina, la colonna vertebrale si spezzò in tre punti, riscontrò fratture a costole, osso pelvico, collo del femore e gamba sinistra, subì una lussazione alla spalla sinistra e slogatura del piede destro.

Un lago di sangue, uno scempio. Impossibile sopravvivere ad un disastro del genere, ma non per lei, non per Frida. In quel giorno quasi autunnale, dal corpo dilaniato della giovane uscì il grido disperato della vita!


"Frida Kahlo dipingendo uno dei suoi busti ortopedici".
“Frida Kahlo dipingendo uno dei suoi busti ortopedici”.

Da dopo il fatto, costretta a letto per lunghi periodi, Frida cominciò a dipingere. Poteva muovere soltanto le mani. Poteva vedere soltanto se stessa, riflessa in uno specchio – aveva un letto a baldacchino con lo specchio fissato sul soffitto. I suoi quadri, infatti, sono per lo più autoritratti. La sua persona è il soggetto che conosce meglio. Immagini di sofferenza, dolore, mutilazione, ma anche creatività. Era perennemente circondata da medicinali, bende, sangue!

Al centro di alcune sue opere si trova proprio questo, il suo dolore, il suo corpo. Sono le fonti principali dell’arte di Frida. Riusciva a descriverle, a plasmarle, conferendogli una forma ben distinta e visibile.

Traduceva il dolore in arte. Ventinove anni di sofferenza, senza mai abbandonarla un attimo.

La Pelona – così chiamava la morte – sempre accanto a lei, a fissarla. Una presenza costante ma non per questo decisiva.

Affrontava i suoi demoni con la pittura. Dipingeva e decorava persino i suoi numerosi busti, come fa un bambino con una ingessatura. Era capace di rendere sopportabile e gioioso anche uno degli oggetti che dettavano il suo strazio.

Oltre ai dolori e alle costrizioni, una fonte di profonda delusione provenne anche dal fatto che Frida, in conseguenza all’incidente e alle lesioni riportate, non ha mai potuto avere figli, mai generare una vita.

Lei è riuscita a trasportare tutti questi sentimenti in pittura. Dalla punta dei pennelli i colori prendono vita e si animano in opere dalla forza straordinaria.

"Henry Ford Hospital (Il letto volante)" 1932.
“Henry Ford Hospital (Il letto volante)” 1932.

“Henry Ford Hospital (Il letto volante)” (1932) è la traduzione pittorica di tutte le sue sofferenze. Colpisce per l’immediatezza del messaggio, descrivendo il dramma interiore che la donna vive ogni giorno: il non poter dare alla luce un figlio, gli aborti spontanei, le ossa fratturate dall’incidente. Si vede rappresentata infatti Frida stesa su un letto d’ospedale, adagiata su lenzuola intrise di sangue e collegata da filamenti rossi a un feto, a macchinari ospedalieri ed alcuni organi. Sullo sfondo una città moderna ed industrializzata, lontana e silenziosa, del tutto ignara di quello che la donna sta passando.

Un esempio altrettanto impattante che riflette i suoi personali demoni è senza dubbio “Autoritratto con collana di spine e colibrì” (1940), nel quale l’artista messicana si ritrae indossando una collana di spine che si propagano come radici dal collo fino al petto. La scimmietta sulla sua spalla rappresenta quel figlio tanto atteso e voluto ma mai arrivato, mentre gli altri animali sono la trasposizione del male e dell’aspirazione alla libertà della sua sofferenza psico-fisica. I colori vivaci e luminosi, però, sono quelli della sua terra, del Messico, e sottolineano la tenacia di Frida, la sua voglia di non arrendersi.

Un’immagine può esprimere nell’immediato un concetto, ancora più delle parole. Per questo vi propongo, in ultimo, il sensazionale dipinto “La colonna rotta” (1944). Nulla meglio di quest’opera può davvero rappresentare i lunghi anni di sofferenze di Frida. L’artista utilizzò il linguaggio figurativo con chiari simboli del cristianesimo per comunicare attraverso le pennellate il proprio strazio.

"La colonna rotta", 1944.
“La colonna rotta”, 1944.

Come San Sebastiano venne martirizzato trafitto da numerose frecce, così Frida si ritrae martirizzata dalla sorte e trafitta da chiodi di tutte le dimensioni, col volto solcato di lacrime. L’elemento classico della colonna è qui inteso come la sua colonna vertebrale, totalmente a pezzi. Anche lo sfondo di un deserto così arido e desolato rispecchia i sentimenti della donna, condannata ad una vita di lotte continue con il suo corpo.

È proprio attraverso lo studio di questi dipinti che ci si rende conto della straordinaria potenza espressiva ed emotiva dell’arte di Frida Kahlo. È stata in grado di urlare il suo universo privato, i suoi drammi, impugnando dei pennelli intrisi di colore e passandogli sulla tela.

“Una bomba coi nastrini”, così André Breton definì l’arte di Frida. Un’esplosione di bellezza, di forza vitale. Ha cantato il suo inno alla vita da quel 17 settembre fino alla sua morte.

 

 I consigli di Women’s power

Vorrei segnalare a tutti gli appassionati – o ai più curiosi – dell’arte di Frida il volume Il diario di Frida Kahlo. Un autoritratto intimo, edizione Electa e il libro Viva la vida, curato da Pino Cacucci, dove sono riportati i pensieri più intimi e profondi dell’artista. Un’approfondimento che scuramente vi conquisterà.

Buona lettura a tutti!

 

E-mail: annalisa.castagnoli15@gmail.com

 

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Annalisa Castagnoli

Laureata in Storia dell'Arte Contemporanea (Università di Pisa) mi piace raccontare storie e scrivere le mie "impressioni" su tutto ciò che vedo o ascolto. I libri sono il mio rifugio sicuro, con loro mi sento sempre a casa!
Oltre a UIN collaboro anche per Exibart.

E-mail: annalisa.castagnoli15@gmail.com

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