Il posto marginale che è stato dato all’arte in Italia ha influito in qualche modo sulla tua scelta di andare a studiare a Londra? O saresti andata comunque?
La scelta di Londra non è legata a interessi di studio, ma a questioni personali. Probabilmente se avessi scelto per motivi di studio avrei scelto un’altro posto. Ritengo che a Londra l’arte sia vista in maniera più industriale, infatti principalmente ci insegnavano a fare marketing e a vendere, non a creare.
Dato che tu hai vissuto la realtà italiana e londinese, quali differenze pensi che ci siano riguardo la figura dell’artista in Italia e all’estero?
Rispetto all’Italia c’è di positivo che l’artista non è visto come uno scansafatiche, se in Italia dici che disegni ti chiedono cosa fai realmente di lavoro e se dici che questo è il tuo sogno, disegnare per lavorare, ti ripetono “ma che vuoi fare veramente?”.
A Londra tutto questo non c’è, la figura dell’artista è molto più importante ed è visto come un vero e proprio lavoro.
Ciò ovviamente ha anche delle ripercussioni negative, per esempio i vari artisti si legano totalmente alla corrente, a ciò che va di moda, mentre secondo me dovrebbe esserci un intreccio vero e proprio fra ciò che la gente vuole e ciò che tu hai da dire. Bisogna comunque guadagnare, quindi bisogna vedere cosa vuole il mercato ma non bisognerebbe perdere la propria impronta.
Quali sono gli artisti, o le correnti artistiche a cui ti ispiri maggiormente?
Gli artisti a cui mi ispiro maggiormente sono Lucinda Rogers, la quale ho scoperto dopo aver creato dei dipinti che usano le sue stesse tecniche, quando ho visto le sue opere mi sono detta che non ero l’unica che aveva quel concetto d’arte, con lei sento una vera e propria comunanza a livello artistico. Leonid Afremov, Frida Kahlo e Toulouse-Lautrec, inoltre sono affascinata in particolar modo dalla “Nascita di Venere” di Bouguereau.
In generale tutti gli artisti dal 1800 in poi, certo apprezzo anche Leonardo o Caravaggio, ma dell’arte apprezzo in maggior parte ciò che lascia allo spettatore, mi spiego: il modo in cui l’artista filtra il proprio pensiero e il proprio vissuto nella sua arte, creando un legame con lo spettatore che può rivedere nel dipinto ciò che l’artista ha provato. Per questo apprezzo molto questi artisti, inoltre mi piace Artemisia Gentileschi,conoscendo la sua storia e osservando i suoi quadri si può vedere come in essi si ritrovi il suo vissuto e la sua concezione di vita. Non mi ritengo un’esperta di storia dell’arte ma dei quadri mi piacciono le sensazioni che lasciano, a volte vedo un quadro e un particolare mi colpisce l’attenzione, quel qualcosa di unico che ha, quella sensazione umana che traspare. Questo è ciò che fatico a trovare, molti artisti che si trovano anche online mi colpiscono all’inizio, vedo un loro quadro e vado a studiarne il profilo, guardo altre opere, ma a volte capita che si trovino due persone che disegnano le stesse cose, con lo stesso stile e questo è dato dal fatto che si seguono le mode più che le proprie idee. Questo succede soprattutto nell’editoria, il campo in cui mi piacerebbe lavorare, è quello che secondo me lasciava l’università di Londra che ho seguito: ti insegnava a venderti ma non ti insegnava a “fare arte”.
Ricordi quale sia stato il tuo primo quadro? La prima volta che guardando un disegno hai detto “questo è opera mia?”
Penso di aver iniziato come tutti i bambini facendo il ritratto dei propri genitori, alle elementari disegnavo molto e la maestra teneva i miei quaderni per farli vedere agli altri bambini. Poi ho continuato copiando le opere di grandi artisti. Ma credo che il vero primo quadro lo abbia fatto intorno ai miei 14/15 anni, quando ero già al liceo, è esattamente come intendo l’arte, lasciava trapelare tutto ciò che sentivo in quegli anni, ritrovandolo ho potuto percepire esattamente ciò che ho provato dipingendolo, ogni sensazione che mi ha spinto a farlo. Più che altro, come tutti i liceali, dipingevo anzi che studiare greco e latino come avrei dovuto fare!
Poche settimane fa hai esposto le tue opere in una galleria a Pietrasanta, che sensazione ti ha lasciato tutto ciò?
Sono abituata alle mostre, perchè a Londra in fondo ad ogni anno venivano esposti i lavori, quindi la mostra che ho tenuto il 5 Giugno non mi ha particolarmente smosso. Invece le mostre londinesi sì, erano le prime che facevo e mi sembrava irreale che la gente si fermasse a vedere i miei quadri, che prendessero appunti, mi dicevo: quindi non sono solo io a trovarli belli, ma accade anche agli altri. Ero veramente emozionata.
Quando la galleria che ospita i miei lavori a Pietrasanta mi ha proposto questa iniziativa sono stata felicemente colpita, mi piace poter mostrare le mie opere, non mi crea nessun tipo di fastidio, così come mi piace osservare le opere di altri ragazzi, anche della mia età. A volte si dice che nel nostro campo c’è competizione, io direi che la mia è più ammirazione: per un’idea,una tecnica che scopro in un lavoro altrui, li ammiro più che sentirmi in competizione.
Ti piacerebbe ripetere l’esperienze nelle gallerie?
Non ho problemi a esporre nelle gallerie, ma a Pietrasanta ce ne sono poche che si concentrano sui piccoli artisti, sono tutte gallerie di artisti famosi con prezzi esorbitanti e non c’è molto spazio per artisti minori. Ora come ora mi piacerebbe lavorare nell’editoria: libri di cucina, di turismo ecc. e sto cercando di muovermi in questo senso, ma se si presentasse l’occasione sicuramente andrei anche ad esporre in una galleria, mi piacerebbe molto poter esporre anche dove lavoro, dove si ritrovano molti artisti famosi, vedere una mia creazione in mezzo a loro mi riempirebbe di orgoglio.
Quello che ho capito è che fondamentalmente in questo campo devi saperti buttare, a volte mi sento un po’ frenata, ho paura, ma nell’arte devi buttarti e provarci: è l’unico modo per farcela.
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