Nell’ambito di una ricerca assidua che da tempo a questa parte viene intrapresa da Fondazione Livorno – Arte e Cultura, ente istituito da Fondazione Livorno per la promozione di iniziative artistiche e culturali che mirano a far conoscere le più interessanti personalità artistiche di origini livornesi, è stato possibile l’allestimento di una mostra dedicata alla carismatica figura di Pierino Fornaciari, artista ancora poco conosciuto dal vasto pubblico ma indiscusso protagonista delle avanguardie degli anni 50 a Livorno. Teatro della mostra, curata da Francesca Cagianelli e nata dalla collaborazione della Fondazione con la Provincia di Livorno e l’associazione culturale “Archivi e Eventi”, è la suggestiva location della Villa del Presidente, edificio storico riaperto nel 2016, che vede in questa preziosa occasione l’esposizione di oltre settanta opere selezionate all’interno della cospicua produzione artistica di Fornaciari che, dagli anni Trenta agli anni Novanta, restituiscono per la prima volta un profilo esaustivo della complessa personalità di questo artista, che si è mosso tra il figurativismo del realismo socialista, per poi arrivare al puro astrattismo e al rigore geometrico dell’optical art e dei metalquadri, e che negli anni Settanta volle non a caso ribattezzarsi “Faber”.
Forse uno dei più emblematici protagonisti dimenticati delle avanguardie livornesi del secondo dopoguerra, Pierino Fornaciari esordisce nel 1945, a ventisette anni, tra le fila dei fondatori del “Gruppo Artistico Moderno Livornese”, nell’ambito del quale stringerà un importante sodalizio con Mario Nigro. Gli anni Quaranta furono assai significativi per Fornaciari, non solo dal punto di vista artistico, ma anche dal punto di vista civile e politico: partecipò attivamente alle spedizioni partigiane che operavano nella provincia di Pisa, entrando a far parte della XXII Brigata Garibaldi con il nome di “Pedro” e riuscendo a liberare importanti territori tra Grosseto e Siena, e, una volta rientrato a Pisa, fu incaricato dal Sindaco di fungere da collegamento con gli alleati e di verificare lo stato dei danneggiamenti subiti dal patrimonio artistico e culturale della città, essendosi oltretutto laureato in Lettere a Pisa qualche anno addietro. La sua visione artistica invece si delinea con la vicinanza verso quella linea che si configurò in seno alla Biennale di Venezia del 1948, tesa ad avvalorare in Italia l’exploit del realismo siglato dal Fronte Nuovo delle Arti, e, di pari passo col ridimensionamento della compagine astrattista, la celebrazione di Picasso. Nel 1951 si fa promotore della sezione livornese del Sindacato Nazionale Pittori e Scultori, adoperandosi in una pioneristica militanza culturale e di lì a qualche anno, iscrittosi al corso di incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, si specializzò nella tecnica acquafortistica. Fu da questo periodo che si cimentò in una serie di sperimentazioni grafiche (passando dall’acquaforte alla xilografia, dall’acquarello all’acquatinta), arrivando a un percorso espressivo che lo portò alla rivoluzione astrattista, con la consapevolezza di non poter più continuare con la pittura figurativa.
Dopo aver subito, negli anni Sessanta, un periodo di marginalizzazione dal panorama artistico, che colpì quegli artisti votati al rinnovamento linguistico nel solco delle avanguardie del secondo dopoguerra, ritornò negli anni Settanta alla composizione pittorica, interessandosi a quel tipo di creazione derivata dai prodotti cinevisuali, sulla scia dell’attenzione che diede alle componenti percettive contemplate nella poetica di “Azimuth”. Ecco che, in questo periodo, Fornaciari passò da una personalizzazione esasperata a un lavoro più oggettivo e più sofferto.
Ad impreziosire questo allestimento contribuiscono le donazioni fatte da Archivi e Eventi a Fondazione Livorno, che comprendono opere emblematiche come “L’autoritratto” (1939), incunabolo della primissima produzione, “Ciabattino” (1949-1950), una sorta di manifesto sociale, “Contemplazione” (1951-1952), tra allegoria e allucinazione e “Una storia interessante” (1952). Senza contare le composizioni astratte, riconducibili alle sperimentazioni cinevisuali, tra cui “Strisce: come il sopra così il sotto” (1970-1980), e le realizzazioni grafiche, come la puntasecca “Nuotatori” (1960), l’acquaforte “Pulcinella e fantasmi” (1961) e la litografia “Il clown” (1970 ca.). Ma con tutto ciò, risulta di particolare impatto l’emozionante sezione dei Giocattoli, realizzata da Fornaciari nella seconda metà degli anni Cinquanta, con la quale Archivi e Eventi ha allestito un originale percorso didattico, candidando questi dipinti per un innovativo progetto di laboratori didattici dedicati agli Istituti primari, che culminerà nell’allestimento di una mostra con ciò che verrà fuori dalla fantasia degli allievi.
La mostra, allestita alla Villa del presidente (Via Marradi 116, Livorno) e inaugurata venerdì 20 ottobre, resterà aperta fino al 7 gennaio 2018.
Orari: giovedì, venerdì, sabato 10-13 e 15-18. Aperture straordinarie: domenica 5 novembre 2017, domenica 3 dicembre 2017, domenica 7 gennaio 2018 ( ore 10-13; 15-18)
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