24 Aprile 2024

Pubblichiamo di seguito la cartella stampa della Fondazione Teatro Goldoni sull’opera “Sì” di Mascagni. Faranno seguito diverse informazioni relative all’opera lirica ed alla sua esecuzione.


Mascagni Opera Studio in collaborazione con Rotary Club Livorno, presenta:

SI

Operetta in tre atti
Libretto di Carlo Lombardo
musica di Pietro Mascagni
Casa Editrice Musicale Lombardo, Milano
Personaggi e interpreti

Sì, delle Folies Bergère   Alessandra Rossi / Blerta Zhegu

Vera, Principessa di Chablis  Anastasia Bartoli / Dioklea Hoxha

Palmira  Valeria Filippi

Luciano di Chablis  Fabio Armiliato / Stefano Tanzillo

Clèo De Mérode  Matteo Loi

Romal  Alessandro Biagiotti / Veio Torcigliani

direttore Valerio Galli

regia, costumi e luci Vivien Hewitt

scenografia Giacomo Callari

coreografie Eva Kosa

Orchestra della Toscana

Coro

Maestro del coro Luca Stornello

Nuova produzione della Fondazione Teatro Goldoni Livorno

La scelta degli interpreti è il risultato del Progetto “Mascagni Opera Studio”


Un grande ritorno per “Sì”


di Alberto Paloscia – Direttore artistico Stagione Lirica Fondazione Teatro Goldoni di Livorno

 

La riproposta dell’operetta a oltre vent’anni dalla sua ultima apparizione a Livorno (Teatro La Guardia, 1996) segna un ulteriore ed importante traguardo per il Progetto Mascagni Opera Studio, il laboratorio di alta formazione vocale ed interpretativa del nostro Teatro mirato alla ricerca di giovani talenti per il repertorio mascagnano e verista, che continua ad avvalersi della preziosa collaborazione del Rotary Club Livorno. Una sinergia che è culminata nell’autunno del 2017 con la fortunata edizione della nipponica Iris coprodotta con i teatri di Pisa e Lucca e con la prestigiosa compagnia Kansai Nikikai Opera di Osaka. Quest’anno la Fondazione Teatro Goldoni vuole nuovamente frequentare la produzione meno nota ed eseguita del musicista labronico rimettendo in scena con un nuovo allestimento interamente realizzato in house dal nostro Teatro, un titolo come , che durante il lungo percorso esistenziale e  creativo di Mascagni riscosse grande successo ed ebbe una  notevole fortuna esecutiva.

fu una delle tante scommesse dell’eclettica e ‘sperimentale’ produzione mascagnana: nacque quasi per caso, per una singolare ed inattesa commissione del maggiore organizzatore e produttore del fecondo mercato dell’operetta italiana del tempo, Carlo Lombardo; dopo il successo che arrise alla premiére avvenuta al Teatro Quirino di Roma, il 13 dicembre del 1919, ebbe repliche regolari dall’anno successivo in Italia (Napoli, Palermo, Padova, Livorno, Parma, Chioggia) ed all’estero (Lisbona, Buenos Aires, La Valletta, fino alla fortunata tournée del 1925 a Vienna e in terra germanica nella versione in lingua tedesca Ja). Altra data storica nell’iter esecutivo dell’operetta mascagnana la proposta del 9 agosto 1937 nel giardino dell’Albergo Palazzo a Livorno, con la direzione dell’Autore e la regia di Josco Schubert, che aveva già firmato la già citata messinscena viennese  del 1925.

Poi, più nulla fino all’ estate del 1987 al Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano ed all’acclamata nostra ripresa a Livorno nel settembre del 1996 con la regia di Simona Marchini (protagoniste in alternanza Denia Mazzola Gavazzeni e la giovane livornese Alessandra Rossi); l’ultima apparizione cronologica è nella prestigiosa sede della Volksoper di Vienna – il più importante teatro d’operetta della capitale austriaca – nell’ottobre del 2002, con la star mozartiana Eva Lind nel ruolo del titolo, ed il tenore argentino Dario Schmunck in quello di Luciano di Chablis.

 

Per questo atteso ritorno nella città natale del compositore dell’unica creazione consacrata da lui per il genere della “piccola lirica”, la Fondazione Teatro Goldoni ha voluto conferire una grande visibilità al Progetto Mascagni Opera Studio, coinvolgendo docenti di chiara fama, in primis il tenore genovese Fabio Armiliato, assente da Livorno dal trionfale Andrea Chénier giordaniano realizzato al Goldoni dieci anni fa e insignito qualche anno prima del premio intitolato al grande tenore labronico Galliano Masini. Armiliato è un grande interprete verdiano e verista, legato alla causa mascagnana da felici frequentazioni con ruoli quali Turiddu di Cavalleria rusticana – da lui più volte eseguito in sedi prestigiose quali Metropolitan di New York, Massimo di Palermo, Comunale di Firenze, Verdi di Trieste, ecc. e il Rinaldo di Amica – eseguito in sala di registrazione accanto a Katia Ricciarelli. Accanto a lui, nel percorso formativo dell’Opera Studio, il M° Valerio Galli, giovane direttore toscano di sicura fede mascagnana e specializzatosi fin dai suoi esordi nel repertorio della “Giovine Scuola Italiana” di cui è considerato il più autorevole specialista dell’ultima generazione; a Livorno è già stato acclamato, oltre che nella Butterfly pucciniana, nel dittico Zanetto-Cavalleria rusticana allestito nel 2015 in occasione del sessantesimo anniversario della scomparsa dell’Autore. Altra docente di grande notorietà, nonché responsabile della regia di questa nuova produzione interamente creata in house dal nostro Teatro, l’irlandese Vivien Hewitt, da oltre un quarantennio legata al nostro territorio (ormai storica la sua versione della Butterfly allestita una ventina di anni fa al Festival Puccini di Torre del Lago e più volte portata in trasferta in Giappone, Corea e Stati Uniti) e docente di interpretazione scenica del Mascagni Opera Studio fin dalla passata stagione.

Il corso ha impegnato fin dall’ultima decade di ottobre ben 21 cantanti, provenienti, oltre che dalle più diverse regioni del nostro Paese, da nazioni quali Albania, Repubblica Ceca e Kossovo; da questo gruppo è scaturito il duplice cast vocale della produzione, che vedrà anche la presenza dello stesso Armiliato, al suo debutto nel ruolo di Luciano, e del soprano Alessandra Rossi, già impegnata nell’edizione del ’96 e oggi protagonista della prima recita, come specialista del ruolo della soubrette delle Folies Bergères – da lei affrontata in una successiva edizione a Bastia in Corsica – nonché come una delle docenti riferimento nel corso. Gli altri interpreti in scena al Goldoni saranno Blerta Zhegu ( nella recita del 25 novembre), Stefano Tanzillo (Luciano ancora il 25), Anastasia BartoliDioklea Hoxha (in alternanza nelle vesti dell’antagonista Vera), Matteo Loi (Cleo de Merode), Alessandro Biagiotti / Veio Torcigliani (Romal): una miscela tra giovani cantanti in ascesa e artisti più esperti, che verranno plasmati dalla direzione di Valerio Galli (alla guida dell’Orchestra della Toscana) e dalla regia di Vivien Hewitt – coadiuvata per l’occasione dal giovane scenografo viareggino Giacomo Callari -, la quale punterà su una novecentesca e ‘futurista’, ammiccante al disincantato mondo statunitense di Marilyn Monroe, Fred Astaire e Ginger Rogers, sottolineando – con la complicità della coreografa romena Eva Kosa – quelle anticipazioni del musical e della commedia musicale americana pienamente racchiuse nella raffinata e modernista partitura di Mascagni, senz’altro uno dei ‘gioielli’ della maturità creativa del musicista. L’attenzione alle forze musicali del territorio sarà confermata dalla formazione di un Coro istruito dal maestro livornese Luca Stornello formato in gran parte da giovani cantori livornesi.



“Sì” – Nota del M° Valerio Galli, Direttore d’orchestra

 Quando Pietro Mascagni decise di affacciarsi al mondo dell’operetta lo fece grazie al re di questo genere in Italia, Carlo Lombardo, che lo convinse a scrivere un’operetta ex novo. Lombardo fu figura di spicco del teatro italiano del primo Novecento, editore, compositore e librettista; Mascagni dal canto suo arrivava a , andata in scena nel 1919 al teatro Quirino di Roma, dopo una carriera operistica iniziata nel 1890 con Cavalleria rusticana e che terminerà nel 1935 con Nerone.

Prima di lui almeno tre dei suoi contemporanei avevano tentato il genere (a dire il vero con poco successo): Ruggero Leoncavallo aveva composto una serie di titoli fra cui spiccano Malbruk (1910), La reginetta delle rose (1912) e La candidata (1915) mentre Umberto Giordano, assieme ad Alberto Franchetti, un Giove a Pompei iniziato nel 1890 ma approdato sulle scene soltanto nel 1921.

Mascagni, che in gioventù aveva esordito come direttore d’orchestra proprio in una compagnia d’operette, fu contattato e stimolato da Lombardo poco prima del progetto , quando accettò e collaborò alla trasformazione de Le Maschere in operetta; rifiutò invece scandalizzato una rielaborazione dell’atto unico Silvano, ma è con che apre un nuovo capitolo creativo, una vera e propria operetta, al contrario della Rondine pucciniana che tale doveva nascere e che non lo fu mai.

Per Mascagni, più che per Puccini, la voglia di sperimentare era sempre stata molto forte ed andava oltre il mantenimento di un linguaggio personale a tutti i costi; l’operetta doveva essere immediata e di fruibilità maggiore rispetto a titoli più impegnati come Parisina o Ratcliff. Troviamo dunque un Mascagni differente, originale e fresco, che non teme di cimentarsi con ritmi di ballo che nulla avevano a che fare con il suo mondo (fino ad allora). In il tempo di valzer si mescola ad altri generi di danza sulle cui figurazioni ritmiche si balla e si canta allo stesso tempo. E proprio la protagonista, Sì delle Folies Bergère, è l’unico personaggio costantemente rappresentato a ritmi di danza, a voler caratterizzare con questo un certo carattere più frivolo e forse anche l’appartenenza ad un mondo che la possiede e da cui non potrà mai staccarsi; tranne il recitativo che precede la sortita, le sue due arie principali sono entrambe due valzer, di cui il secondo lento e malinconico. I duetti, in generale, sono invece caratterizzati da tempi di danze brillanti – come il cake walk – fino allo splendido e delicato minuetto del secondo atto, scena del matrimonio tra Sì e Luciano, strumentato con grande cura e finezza da Mascagni, con gli archi che suonano con la sordina per l’intero brano.

L’orchestrazione in generale è luminosa,  leggera, frizzante, caratterizzata da un organico leggermente ridotto nei fiati rispetto agli altri lavori del compositore, ma con un’attenzione particolare all’uso costante di percussioni (e proprio con Iris, nel 1898, Mascagni era già stato pioniere dell’utilizzo delle percussioni in dose massiccia e significativa, ben prima delle esperienze pucciniane di Madama Butterfly, Fanciulla del West e Turandot), della celesta, di trombe con sordina.

Nel suo accostarsi ad un genere estraneo, il compositore riesce a mantenere sempre una grande varierà in ciascun numero, che costruisce singolarmente con caratteri particolari e con una libertà assoluta nei rapporti armonici (caratteristica della sua produzione, soprattutto quella matura): potremmo definire un piccolo e perfetto scrigno pieno di tanti gioielli, al cui interno l’autore si diverte ad elaborare cellule musicali, dove la linea melodica si espande sempre più fino al grande respiro tipicamente mascagnano di alcune pagine e segnatamente del grande duetto tra Luciano e Vera nel secondo atto. Interessante anche la presenza del piccolo preludio al terzo atto “Sorge la luna”, che descrive la “notte passata (da Luciano) al tuo verone (di Vera) da trovator”. L’invenzione melodica in questa operetta è sempre immediata ed orecchiabile, non viene mai meno ed anzi, pur in un contesto diametralmente opposto, si trovano echi della coetanea Lodoletta (come nel coro “Non pianger Sì” che ricorda il coro “Forse domani, Anna Maria!” con cui viene consolata la pazza nel primo atto) e pure di Rapsodia satanica; in certi momenti è quasi fin troppo struggente, come la toccante aria “Fogli vergati” che è degna rappresentante di quel recitar-cantando che era ormai quasi volto al termine.

Purtroppo, nonostante il buon successo arriso, Mascagni paga lo scotto oggi di essersi troppo distaccato dal suo genere principe mentre invece Puccini, quando si trattò di decidere se fare de La Rondine una vera e propria operetta o di lasciarla essere opera con richiami alla contemporaneità, optò per la seconda scelta, riuscendo comunque a creare momenti sia vocali (i grandi declamati di I e II atto) sia strumentali – corali (tutta la prima parte del II atto) che se andavano ad affondare le loro radici nei balli più in voga al momento come il fox-trot, lo one-step ed anche il tango, avvicinavano l’opera ad un mondo diverso senza però renderla appartenente ad un altro genere. Scritte ad un paio di anni di distanza, Rondine e hanno entrambe in comune un finale amaro che per quanto riguarda un’operetta vera e propria non era cosa comune (e in questo sta anche l’originalità del progetto), e che vede le protagoniste tornare alla propria vita passata (in Rondine Magda dice, con struggente malinconia “Io riprendo il mio volo…e la mia pena…”).

L’ascolto di è comunque d’obbligo per chiunque voglia capire meglio il profondo calarsi di Pietro Mascagni nell’ambiente culturale che lo circondava; se pensiamo all’iter artistico del compositore labronico vedremo che non mancò mai l’appuntamento con ciò che di più interessante la cultura italiana offriva. Nel suo estremo eclettismo, Mascagni passò dal Verismo di Verga a soddisfare la fame di innovazione di Luigi Illica che esaltò Mascagni e lo vide offrirsi anima e corpo ai simbolismi di Iris, al Medio Evo in chiave liberty di Isabeau ed al mèta-teatro delle Maschere che resta forse la testimonianza più autentica dell’eclettismo mascagnano; successivamente fu D’Annunzio con la sua Parisina che segnò il punto più alto della carriera di Mascagni che da lì poi proseguì “in solitaria” verso il sentimento naif di Lodoletta, passando per la nostra , il ritorno al verismo col Piccolo Marat per giungere all’ultimo stanco e affascinante affresco del Nerone.


Progetto Mascagni Opera Studio – In collaborazione con Rotary Club Livorno

SI 2018 (il Cast)


Modalità e prezzi

Biglietti ancora disponibili presso il botteghino del Teatro Goldoni (0586204290) aperto dal martedì al sabato dalle ore 16.30 alle ore 19.30. Nei giorni di rappresentazione sarà aperto a partire da 2 ore prima dell’orario di spettacolo.

I Biglietti sono in prevendita on line su : www.goldoniteatro.it e www.ticketone.it

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