6 Dicembre 2024

Introduzione.

I tempi di crisi economica sono sempre stati tanto particolari quanto importanti per i grandi cambiamenti. Nel passato recente l’esempio più eclatante fu la crisi del ’29 che oltre a cambiare per sempre gli assetti dell’economia globale, diede vita ad un nuovo modo di fare politica e soprattutto di fare politica economica: si pensi alla novità del pensiero keynesiano e alle successive teorie monetariste. Ma soprattutto la crisi del ‘29 concorse insieme ad altre cause indirette allo scoppio della seconda guerra mondiale.


Dopo la seconda guerra mondiale ci si interrogò a lungo su come impedire in futuro il ripetersi di eventi del genere, fu così che iniziò l’avventura dell’Unione Europea.

 

Breve storia dell’Unione Europea dal dopoguerra ad oggi.

Dal dopoguerra ad oggi abbiamo assistito ad una progressiva crescita dell’Unione Europea sia come forza politica che istituzionale in tutto il Vecchio Continente. Nel 1957 con il trattato di Roma è nata la Comunità Economica Europea (CEE), nel 1992 con il Trattato di Maastricht fu istituita l’Unione Europea.

L’unione attualmente consiste in una zona di libero mercato, detto mercato comune, (unione economico-finanziaria), caratterizzata in parte da una moneta unica, l’euro, regolamentata dalla Banca Centrale Europea (BCE) e attualmente adottata da 18 dei 28 stati membri (unione economica e monetaria o Eurozona), essa presenta inoltre un’unione doganale che garantisce ai cittadini libertà di movimento, investimenti e lavoro all’interno degli stati membri. L’unione europea ha anche una politica comune sull’agricoltura, sulla pesca, sul commercio ed esistono anche meccanismi di coordinamento sulla politica estera e sulla difesa. Ad oggi le istituzioni fondamentali dell’Unione Europea comprendono il Consiglio Europeo, il Parlamento, la Commissione Europea, la Corte di giustizia, la Banca Centrale Europea e la Corte dei Conti europea.

È impossibile non notare quanto sia stato fatto per creare un’Europa unita e quanto sembrano lontani oggi i tempi di Hitler, Mussolini e Stalin. Tuttavia ancora molto può e deve essere fatto per creare un’Europa unita.

 

La situazione attuale.


Dopo questo breve excursus i più si chiederanno: “ma se l’Europa è tutto questo perché oggi si parla dell’Europa delle banche, l’Europa dei burocrati e dei ladri. Perché si parla della moneta unica come principale causa della crisi dei consumi? Del parlamento di Bruxelles come il luogo dove si fanno gli interessi della Germania e dei banchieri?”.

Dal 2008 l’Unione Europea, e più in generale il mondo, è stata colpita dalla crisi finanziaria più forte dopo quella del ’29, ovviamente tanti sono i fattori che hanno contribuito ad aggravare la situazione nel Vecchio Continente, tra questi la globalizzazione dell’economia e lo sviluppo dei paesi emergenti (come quelli del BRICS) hanno contribuito maggiormente. Di fronte a tale crisi la BCE ha subito attivato la cinghia di trasmissione della politica monetaria utilizzando tutti gli appositi strumenti volti a finanziare quanto più possibile l’economia, da una parte per evitare il credit crunch, e dall’altra per scongiurare crisi irreversibili del sistema bancario e finanziario.

Di pari passo la Commissione europea e il parlamento, a maggioranza liberal-popolare, hanno spinto verso una politica di austerity volta a imporre agli stati regole precise e restrittive per controllare la spesa pubblica, il PIL e il debito al fine di evitare eccessivi indebitamenti e di conseguenza default degli stati dell’Unione.

Tanti sono stati i salvataggi fatti dall’UE ma tante e forse troppe sono state le proteste che si sono dilagate da tutta Europa.

A mio avviso questo scenario di crisi ha aperto una fase nuova dell’Unione Europea: la fase del dubbio.

L’euro-scetticismo si è dilagato in tutta l’Unione a macchia d’olio, tanti sono stati i movimenti politici di protesta che nelle elezioni del 2014 sono saliti al parlamento di Bruxelles e tante le critiche alla moneta unica e alla presunta politica germano-centrica.

L’Europa al momento è divisa in tre, non parlo di social-democratici, comunisti e liberali, parlo di europeisti, antieuropeisti e indifferenti.

Nella fazione europeista si annidano, seppur con i dovuti aggiornamenti dei tempi, fazioni che potremo quasi definire, semplificando all’inverosimile, keynesiane e monetariste. Riducendo ai minimi termini i primi sostengono che l’aumento della regolamentazione nell’economia sia l’unica soluzione per uscire dalla crisi, mentre i secondi l’esatto contrario e poi ci sono una serie di vie di mezzo. I primi sostengono l’importanza della crescita anche facendo ricorso all’indebitamento, se necessario, i secondi invece si affidano al rigore dei conti e all’austerità. Dire chi abbia ragione non è facile visto l’acceso dibattito che ci troviamo alle spalle. Dall’altra parte gli euroscettici osteggiano la moneta unica, osteggiano le banche, l’austerity e quindi la politica germano-centrica.

Certo, a Bruxelles è da rimproverare che mentre negli ultimi anni si è posto un eccessivo riguardo alle questioni economico-finanziarie non si è pensato a portare avanti di pari passo tutto il resto. Probabilmente è questo quello che pensano la maggior parte delle persone.

Vero è anche che purtroppo le masse non hanno quasi mai una visione di lungo periodo e preferiscono il benessere immediato piuttosto che un periodo di aggiustamenti, e quindi di sacrifici, in vista di un futuro migliore. È il grande problema di fare manovre di politica economia orientate al lungo periodo, l’elettore medio è più propenso a votare chi assicura il benessere sul momento, rischiando un crollo nel futuro, piuttosto di chi propone sacrifici immediati per un domani migliore.

 

Possibili scenari di cambiamento.

Mario Draghi, il governatore della BCE in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore il 28 novembre 2014 spiega che l’unico modo di superare la crisi economica è l’ulteriore accentramento degli strumenti di politica economica. Attualmente l’UE può decidere e operare in autonomia soltanto in campo di politica monetaria, secondo Draghi invece dovrebbero essere decisi a livello europeo anche le politiche fiscali, le politiche di bilancio e quelle dei redditi.

L’unico obiettivo dell’UE (in questo caso della BCE) non può essere quello della stabilità dei prezzi, l’unica via per creare un’equità sociale, una crescita del capitale reale e per favorire la cooperazione degli stati all’insegna di uno sviluppo sano dell’economia è la gestione di tutte le politiche economiche a livello sovranazionale.

È ovvio che quest’obiettivo non si può raggiungere se non lo si affianca a riforme costituzionali ed istituzionali dell’UE ma soprattutto non lo si può raggiungere senza creare la fiducia dei popoli dell’UE nelle sue istituzioni.

Alla luce di questo ragionamento non possiamo che giungere alla conclusione che sarà possibile superare la crisi soltanto con un percorso tanto lungo quanto necessario. Il presupposto necessario per creare un Europa unita è quello di affiancare allo sviluppo dell’unione politica anche la creazione e diffusione di un’identità sovranazionale europea. Per far questo si dovrebbe favorire la diffusione di programmi in stile Erasmus per creare nelle persone, soprattutto nelle nuove generazioni l’idea di appartenere ad unico grande stato. L’idea più importante è quella di favorire lo studio della lingua inglese, creare graduatorie scolastiche comuni, favorire i viaggi studio e creare un servizio civile europeo obbligatorio. Sono questi i più rapidi sistemi di diffusione di un’identità sovranazionale, un po’ quello che si è fatto nel dopoguerra con la leva obbligatoria. Soltanto così si potrà creare davvero un’unione europea.

Questo percorso è anche l’unico possibile per costruire veramente un mondo migliore. Il percorso è molto impegnativo e spesso il corso degli eventi porta i grandi ideali a perdersi, ad andare fuori strada. È per questo che tutti quelli che credono nel Bene Comune dovrebbero impegnarsi a contribuirne alla costruzione, per far sì che l’Europa non diventi soltanto “l’Europa delle banche”.

La crisi delle istituzioni che stiamo vivendo è data da una parte dalle grandi disparità sociali e dall’altra dalla crisi economica e valoriale, il presupposto per tornare a sperare e a costruire un mondo migliore è riscoprire i grandi valori che stanno dietro questo progetto.

 

Il Manifesto di Ventotene.

Durante la seconda guerra mondiale in una piccola isola sperduta nel Mediterraneo avvenne qualcosa di fondamentale per il futuro dell’Europa. Tre anti-fascisti Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nei lunghi giorni di esilio sull’isola di Ventotene si interrogarono a fondo su quali fossero le prospettive post-belliche e su come costruire un mondo diverso. Un mondo dove ognuno sarebbe potuto essere libero di lavorare e di avere i propri diritti. Un mondo dove impedire nuove guerre e favorire la cooperazione tra le diverse identità nazionali. Ovviamente il comune denominatore del loro pensiero era il distacco dalle grandi ideologie e dai grandi nazionalismi del ‘900 in un’ottica di innovazione e superamento ideologico volte al Bene Comune.

Fu così che nel 1943 scrissero e diffusero clandestinamente il Manifesto di Ventotene, il primo documento di ambito politico in cui viene pensata in termini moderni un’Unione Europea federale.

Ma perché nel 1943 fu pensata proprio un’unione federale europea?

Occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantener un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. Un’Europa libera e unita è premessa necessaria per il potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro le disuguaglianze e i privilegi sociali.

(Tratto dal Manifesto di Ventotene)

 

L’Unione Europea non fu pensata come i grandi imperi europei del passato ma come una federazione di stati in cui ciascun paese potesse mantenere i propri costumi, le proprie tradizioni pur appartenendo a qualcosa di più grande. La Federazione Europea in questa ottica è l’Europa della cooperazione, dei diritti, della libertà e dell’unione volta al potenziamento della civiltà moderna. Un esercito unico, una politica economica comune, una strategia estera unificata e un sistema economico di libera concorrenza, regolamentato e anti-monopolistico. La grande intuizione dei padri fondatori europei, a mio avviso, fu che non c’è progresso senza la cooperazione ed il superamento delle autonomie nazionali e non vi è niente di questo senza la libertà; non apparteniamo ognuno ad una sola nazione ma apparteniamo tutti ad un unico popolo: l’umanità. Per questo il primo passo verso una cooperazione globale non può che essere la creazione di un’Europa unita e libera.

Sono questi i valori che abbiamo bisogno di riscoprire per portare avanti il progetto di un’Unione Europea che serva davvero per creare un mondo più giusto.

Simone Bacci

@s_bacci

simo.bacci93@gmail.com

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