19 Aprile 2024

Le sconfitte militari che, dal marzo del 2015 ad oggi, hanno costretto il sedicente Stato Islamico a cedere terreno tanto in Siria quanto in Iraq e a concentrare sempre più uomini nel teatro libico, sono state rese possibili, oltre che dalla tenacia e dalla forza degli eserciti regolari locali e dei curdi, anche e soprattutto grazie all’intervento militare, caratterizzato prevalentemente da supporto aereo e da raid mirati di forze speciali, di due coalizioni internazionali.
• La prima, più vasta e, al tempo stesso, maggiormente divisa al suo interno da interessi contrapposti, è quella a guida americana, raccolta sotto la bandiera dell’Operazione Inherent Resolve e diretta dal generale statunitense Sean McFarland. Portaerei americane
Ad essa, nata nel giugno del 2014 per scongiurare la probabile caduta dell’Iraq e di tutto il nord della Siria, prende parte un coacervo di Paesi occidentali ed arabi sunniti, alcuni dei quali operano in entrambi gli Stati assediati dal Daesh, mentre altri hanno deciso di concentrarsi, per ragioni di opportunità politica, soltanto su uno. E’ il caso di Arabia Saudita, Bahrain, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, attivi solo in Siria con circa tredici tra F-15, Mirage 2000, F-16 ed Eurofighter Typhoon. In seguito all’insorgere della guerra civile in Yemen tra ribelli Houthi filo-iraniani e governo sunnita pro-Riyadh, tuttavia, tutte le potenze del Golfo sopracitate hanno spostato la quasi totalità delle loro operazioni nel nuovo settore.
Stati Uniti, Australia, Canada, Francia, Olanda, Regno Unito, Belgio, Danimarca, Giordania e Marocco, invece, colpiscono lo Stato Islamico indipendentemente dalla sua collocazione geografica. Washington ha schierato nell’area, oltre ai bombardieri B-1 (in procinto di essere sostituiti dai B-52) e ai cacciabombardieri F-15, F-16, F-22 ed A-10 di stanza in Turchia, Qatar, Bahrain, Giordania ed Emirati, anche gli F-18 di ben tre gruppi d’attacco portaerei (quelli della George H.W. Bush, della Carl Vinson e della Theodore Roosevelt), avvicendatisi nel Golfo Persico negli ultimi due anni. Il presidente francese François Hollande, spinto anche dalla rabbia popolare scaturita dai due attentati di Parigi del 2015, si è accodato inviando nelle medesime acque la portaerei De Gaulle, ammiraglia della flotta, con i suoi quasi trenta Rafale, in appoggio agli altri dodici apparecchi già presenti in Giordania e negli Emirati. La RAF britannica contribuisce con sedici tra Tornado ed Eurofighter, stanziati nella base greca di Akrotiri, mentre gli altri componenti della coalizione dispiegano complessivamente altri cinquantasette aerei d’attacco. Tutti costoro, con limitatissime eccezioni ed insieme ad altri Paesi tra cui l’Italia (che ha inoltre dislocato in Kuwait quattro Tornado in assetto da ricognizione fotografica), la Germania, la Spagna, il Portogallo e la Turchia, forniscono anche limitati contingenti militari il cui compito primario è addestrare e consigliare le forze di terra locali, con particolare riguardo ai peshmerga curdo-iracheni.
Seppur criticata aspramente da una larga parte dell’opinione pubblica internazionale, soprattutto per quanto concerne l’effettiva “intensità” e frequenza dei bombardamenti, Inherent Resolve ha contribuito in modo decisivo a successi come l’assedio di Kobane, la battaglia di Sarrin e le liberazioni di Tikrit, Ramadi ed Al-Shaddadi, nonché all’uccisione mirata di capi jihadisti tra i quali Mohamed Emwazi, lo Jihadi John che ha terrorizzato il mondo con le sue decapitazioni. L’ultima vittima illustre, secondo alcune voci non ancora confermate, potrebbe essere Abu Omar Al-Shishani, il migliore comandante militare del Califfato.
• A partire dalla fine di settembre del 2015, la Russia di Vladimir Putin, già principale fornitrice di armi e di equipaggiamenti delle forze leali al regime siriano di Bashar Al-Assad, è scesa prepotentemente in campo a supporto di quest’ultimo, unendosi così all’Iran e alla sua proiezione libanese Hezbollah, per poi instaurare un centro di coordinamento per l’intelligence a Baghdad, di concerto con il locale governo sciita, da anni in equilibrio tra Mosca, Washington e Teheran. Agli oltre quindicimila iraniani presenti sul terreno tra Pasdaran ed Unità Quds e alle decine di migliaia di miliziani sciiti operanti sia in Siria che in Iraq, dunque, si sono affiancati circa quattromila russi tra fanti di marina e forze speciali Spetsnaz, dispiegati prevalentemente nei settori di Aleppo e di Latakia. Proprio nell’aeroporto di quest’ultima località costiera, inoltre, il presidente russo ha schierato venti tra Sukhoi Su-24 e Su-34, dodici Su-25 ed otto tra Su-30 e Su-35, oltre ad almeno venti elicotteri da guerra, coadiuvati da Aerei russiventicinque bombardieri strategici Tupolev Tu-22, Tu-95 e Tu-160, di stanza nella penisola di Kola. In seguito all’abbattimento di uno di questi apparecchi da parte delle forze aeree turche e alla crisi diplomatica che ne è derivata, la base di Latakia è stata potenziata con imponenti batterie di missili terra-aria. Pur avendo indicato l’Isis e i qaedisti del Fronte Al-Nusra come bersagli primari dell’offensiva, tuttavia, russi e iraniani si sono concentrati prevalentemente sulle altre formazioni ribelli, islamiste e non, che si oppongono al raìs di Damasco. Lo sforzo di tale schieramento è stato fondamentale per i recenti successi delle truppe lealiste, che in pochi mesi hanno riconquistato centinaia di chilometri quadrati di territorio in tutto il Paese ed inferto una sconfitta decisiva agli insorti nella regione di Aleppo. In seguito al cessate il fuoco stipulato tra queste ultime e Damasco, tuttavia, i cacciabombardieri di Mosca hanno iniziato a dedicarsi esclusivamente allo Stato Islamico. Attualmente, supportano una lenta avanzata governativa in direzione di Palmira, ormai distante solo due chilometri dal fronte, e di Tabqa, un aeroporto militare situato in posizione strategica, poco a sud di Raqqa. L’impressione è che la coalizione russo-iraniana-siriana si stia apprestando a sferrare il colpo decisivo per la riconquista della capitale del Califfato, sottoposta ad intensi ed indiscriminati bombardamenti quotidiani. E’ probabile che ciò si verifichi in contemporanea con la programmata offensiva irachena, ma a guida americana, su Mosul. Aerei russi 2

E’ interessante rilevare come entrambe le coalizioni internazionali, per quanto divergano a livello politico, strategico ed ideologico, in particolare sulla sorte futura di Bashar Al-Assad, supportino militarmente i curdi siriani del Rojava, i quali hanno addirittura aperto una rappresentanza permanente a Mosca, con grande disappunto della Turchia di Recep Tayyip Erdogan.
Nessuna ripercussione sul campo, invece, ha seguito, almeno per il momento, la nascita della tanto decantata “NATO islamica” a guida saudita di pochi mesi fa, fortemente voluta dal rampante principe ereditario della casa Saud.


Elicotteri russi

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