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Qui e ora: l’erosione costiera

Il fenomeno dell’erosione costiera

Nell’affrontare i problemi legati al cambiamento climatico, la politica e l’opinione pubblica spesso si concentrano solo sulle conseguenze di certi fenomeni naturali senza indagare e approfondire le loro cause. Per fare un esempio, questo atteggiamento si può osservare nel modo in cui è stato affrontato il problema dell’erosione costiera in Toscana.

Per i non addetti ai lavori questo potrebbe sembrare un tema poco rilevante e di scarso interesse, ma in realtà è estremamente importante perché influisce enormemente sull’economia di una determinata area costiera. Basti pensare al solo turismo balneare. Se una località presenta una spiaggia ampia e priva di opere artificiali, richiamerà molti turisti. Al contrario una linea di costa in regressione e completamente ingegnerizzata sarà sicuramente meno attraente. Il primo caso si manifesta nella zona di Forte dei Marmi, mentre il secondo è evidente a Marina di Pisa, dove l’erosione è talmente intensa che, se non fossero state costruite innumerevoli scogliere artificiali, la città non esisterebbe più. 

A questo punto la domanda sorge spontanea. Com’è possibile che a Marina di Pisa ci sia una forte erosione costiera e a Forte dei Marmi invece le cose vadano in modo completamente diverso?

 

Come si forma una spiaggia?
La grave situazione nel Parco di San Rossore (loc. Gombo). La spiaggia è stata talmente erosa che è arrivata a ridosso delle dune costiere

Come tutti sappiamo, le spiagge sono costituite da sabbia. Normalmente la sabbia e i sedimenti vengono trasportati dai rilievi montuosi alle coste attraverso i corsi d’acqua e si distribuiscono sul litorale grazie alle correnti marine. Inoltre, questi sedimenti possono anche allontanarsi da una certa area di costa a causa delle mareggiate che li prendono in carico e li depositano al largo o per il vento, che porta la sabbia verso le dune costiere, dove viene bloccata dalla vegetazione. 

Riassumendo quindi, possiamo dire che la formazione di una spiaggia dipende dalla disponibilità di sedimenti e dalle caratteristiche meteo-marine. È facile dunque intuire come il sedimento sia un’importante risorsa e che i cambiamenti climatici abbiano un ruolo molto importante sull’erosione. L’aumento dei fenomeni estremi e l’innalzamento del livello del mare, infatti la amplificano enormemente. 

La cella litoranea
Cella litoranea della Toscana Settentrionale. In rosso: aree in erosione; in verde: aree in avanzamento

Tornando alla domanda che ci eravamo posti poc’anzi, quando si affronta il tema dell’erosione non bisogna ragionare osservando ciò che accade in un’area ristretta (come, per esempio, Forte dei Marmi o Marina di Pisa), ma bisogna capire cosa succede all’interno della cosiddetta cella litoranea. Quest’ultima si definisce come un settore di costa che non scambia sedimenti con i settori adiacenti. La cella litoranea, di cui fanno parte Marina di Pisa e Forte dei Marmi, si estende dalla foce dell’Arno alla foce del fiume Magra, a nord di Marina di Carrara. I sedimenti non escono da questa cella perché esistono due correnti, una che agisce dalla foce del Magra verso sud e una che risale dalla foce dell’Arno verso nord. Il punto d’incontro di queste due correnti è proprio Forte dei Marmi, dove la spiaggia è in avanzamento perché la maggior parte dei sedimenti viene depositata in questa porzione di costa. Ciò nonostante, è stato misurato all’interno della cella un forte deficit di sedimenti, ovvero sono maggiori le perdite rispetto alle entrate. Le cause sono molteplici e sono sia di origine naturale, sia soprattutto di origine antropica. Queste ultime sono assolutamente prevalenti rispetto alle altre, perciò, per semplificare la trattazione, le cause naturali non verranno affrontate.

 

Le cause dell’erosione costiera

La messa in sicurezza dei versanti

Il nostro viaggio inizia sui rilievi montuosi. Come abbiamo detto in precedenza, infatti, perché si possano formare le spiagge, deve esserci un apporto sedimentario da parte dei fiumi. Questi ultimi prendono in carico il sedimento proveniente da una vasta area, cioè dai loro bacini idrografici. Il reticolo idrografico si genera ovviamente sui rilievi montuosi, perciò se scarseggia il sedimento disponibile in queste aree, anche nei fiumi non arriverà più nulla. In effetti questo è ciò che sta accadendo sui rilievi sui quali si originano i principali fiumi che alimentano la cella litoranea di cui stiamo parlando, ovvero l’Arno, il Serchio e il Magra. Nel lontano Rinascimento, un’importante crescita economica ha causato un massiccio disboscamento su gran parte dei versanti. Questa situazione per i fiumi e per le coste è stata una manna dal cielo poiché le acque di pioggia avevano la possibilità di asportare grandi quantità di terreno. Purtroppo però, diventarono molto più frequenti le frane e gli smottamenti per cui i paesi che si trovavano in queste zone erano interessati da un forte rischio idrogeologico. Nei secoli quindi, tutti i versanti sono stati messi in sicurezza con un’intensa piantumazione e con una serie di opere per stabilizzare il più possibile il terreno. Il sedimento, dunque, ha cessato di finire nei fiumi e sulle coste è inesorabilmente iniziata l’erosione. 

Lo sviluppo del settore idroelettrico e l’estrazione di inerti dai fiumi
Il lago artificiale di Vagli in Garfagnana. In questo bacino si bloccano molti sedimenti.

 

Altri due importanti fattori da considerare sono il forte sviluppo del settore idroelettrico agli inizi del Novecento e l’intensa urbanizzazione. La costruzione di dighe, infatti, ha bloccato e blocca tutt’oggi gran parte del sedimento all’interno dei bacini artificiali. Una scarsa conoscenza del problema dell’erosione costiera non ha permesso l’organizzazione di sistemi di bypass anzi, il sedimento periodicamente dragato dagli invasi artificiali, veniva venduto all’industria dell’edilizia e dunque… perso dalle spiagge. La sabbia infatti ha un ruolo molto importante nelle costruzioni e viene utilizzata spesso come materiale inerte.

Negli anni Sessanta e Settanta, durante il boom economico, è stato utilizzato non solo il sedimento proveniente dagli invasi, ma addirittura è stato scavato sedimento dagli alvei fluviali e dalle dune costiere. Si è calcolato che, tra il 1958 e il 1973, sono stati asportati dalla sola parte inferiore del fiume Magra, oltre 24 milioni di metri cubi di sabbia [1]. Dunque, questi sedimenti, che sarebbero dovuti arrivare sulle spiagge, sono stati destinati altrove. Non è un caso che le strutture di protezione dei litorali hanno fatto la loro apparizione negli anni ’70. Negli anni Ottanta, per contrastare l’erosione, sono state scritte leggi che impedivano il prelievo di sabbia dagli alvei. Per fortuna queste sono state rispettate e oggi dai fiumi non viene prelevato più sedimento tranne per mettere in sicurezza le città dal rischio alluvioni. Il sedimento prelevato dagli invasi artificiali, inoltre, non viene più venduto all’industria edile, ma viene trasportato sulle coste. Tutto ciò ha portato ad una situazione più favorevole per lo sviluppo delle spiagge. 

 

La storia della foce dell’Arno

Prima di affrontare le conseguenze dell’erosione costiera e lo stato delle nostre coste, merita una menzione particolare la storia della foce dell’Arno e di Marina di Pisa. Abbiamo evidenze, da alcune carte disegnate da Leonardo da Vinci nel 1503, che la foce dell’Arno in quel periodo era rivolta verso sud-ovest. Questo era un grosso problema per la città di Pisa. Infatti, quando si verificavano contemporaneamente piene del fiume e mareggiate provenienti da sud ovest, l’acqua non riusciva a defluire in mare e si verificavano importanti alluvioni nella città e nelle campagne vicine. Per questo motivo i pisani nel 1606 decisero di deviare la foce dell’Arno rivolgendola verso ovest. La città fu salva dalle alluvioni, ma questa opera ingegneristica provocò conseguenze assolutamente imprevedibili. Il sedimento che si depositava nelle campagne durante le alluvioni, infatti, non finiva più in quella zona, ma veniva trasportato direttamente al mare.

Cartolina del 1897 che mostra l’estesa spiaggia di Marina di Pisa

Nel giro di due secoli la costa di Marina di Pisa avanzò moltissimo. Addirittura cartoline di fine Ottocento mostrano una spiaggia ampia oltre 400 metri rispetto alla linea di riva attuale. Dopodiché, nel giro di un secolo, per i motivi elencati sopra, la costa ha iniziato inesorabilmente ad arretrare. A metà ‘900, nella zona del parco di San Rossore, sono stati persi 1,3 km di spiaggia. A Marina di Pisa, invece, il litorale è arretrato di soli 300 metri grazie alla costruzione di opere di difesa quali scogliere e spiagge di ciottoli. Se non fossero state costruite queste protezioni, la città di Marina di Pisa non esisterebbe più. L’innaturale asimmetria che ha assunto oggi la foce dell’Arno è ben visibile anche da satellite. 

 

Le conseguenze dell’erosione costiera

Come abbiamo visto, il fenomeno dell’erosione costiera è molto ampio e interessa una grandissima porzione di territorio, a partire dai rilievi montuosi, passando per i corsi d’acqua e terminando nell’ormai famosa cella litoranea. Iniziare a operare su scala regionale è estremamente complicato e soprattutto costoso. Inoltre, è da poco tempo che si conosce l’effettiva gravità del problema. Negli anni passati le amministrazioni locali hanno sempre agito su scala locale mettendo magari una pezza sul proprio territorio, ma causando danni nei comuni limitrofi, costretti a loro volta a prendere provvedimenti. 

Il porto di Marina di Carrara. A nord è visibile la foce del Magra e l’ampia spiaggia a ridosso del molo, causata dal blocco dei sedimenti.

La prima opera importante che blocca i sedimenti provenienti dal fiume Magra è il porto di Marina di Carrara. Il porto, che è ortogonale alla linea di costa, ha una conformazione tale da impedire alla corrente che viaggia verso sud di scavalcare il molo e di trasportare oltre esso i già pochi sedimenti che arrivano a mare. Si può notare come si sia formata una spiaggia abbastanza ampia a ridosso del molo ma, oltre questo, i sedimenti non sopraggiungono e dunque il comune adiacente a Marina di Carrara, ovvero Marina di Massa è dovuto correre ai ripari costruendo delle opere di difesa. Le opere maggiormente utilizzate in queste situazioni sono i pennelli, ovvero scogliere artificiali ortogonali alla linea di riva che bloccano il sedimento trasportato lungo la costa. Queste strutture sono utili per combattere il fenomeno erosivo in una piccola porzione di costa poiché i sedimenti vengono bloccati e si forma una spiaggia a ridosso della scogliera ma, paradossalmente, creano danni nelle porzioni di costa oltre il pennello. I sedimenti, infatti, non passano la barriera e l’erosione si risulta amplificata qualche centinaio di metri più avanti.

La costa di marina di Massa completamente ingegnerizzata con pennelli

A Marina di Massa, negli anni Cinquanta, con l’avanzare dell’erosione, sono stati costruiti una ventina di pennelli per contrastare il fenomeno. L’impulso erosivo col tempo, si è spostato sempre più a sud investendo la spiaggia del Cinquale, dove, manco a dirlo, sono state costruite altre scogliere. Tra la foce del fiume Versilia e Viareggio invece non sono presenti opere. Qui la spiaggia è in avanzamento, non perché il fenomeno erosivo scompare, ma perché in Versilia vengono trasportati tutti i sedimenti che vengono erosi nella zona del parco di San Rossore, dove la situazione è invece molto grave. Da sottolineare che, al contrario del porto di Marina di Carrara, quello di Viareggio è stato costruito parallelamente alla costa per cui i sedimenti riescono a bypassarlo giungendo a Forte dei Marmi, dove si ha l’incontro tra le due correnti litoranee.

Le strutture di difesa le ritroviamo, come già detto, nel parco di San Rossore, nella zona del Gombo e, ovviamente, a Marina di Pisa dove la costa è completamente ingegnerizzata. Le immagini satellitari hanno evidenziato che dal fiume Magra al porto di Livorno, ovvero in 65 chilometri di costa, sono state costruite ben 191 strutture di protezione, con una media di tre strutture a chilometro. 

La costa di Marina di Pisa completamente ingegnerizzata con scogliere che la proteggono dall’erosione
Protezione costiera a Marina di Pisa

All’inizio degli anni 2000 venne costruita come opera di protezione una spiaggia in ghiaia. Purtroppo la città non ebbe molta fortuna perché nel 2003 arrivarono, nel giro di un mese, due mareggiate molto potenti, con tempi di ritorno trentennali (parleremo più nel dettaglio del “tempo di ritorno” nel prossimo articolo), che spazzarono via la spiaggia e fecero volare i ciottoli sul viale a mare con ingenti danni alle auto e alle abitazioni. 

Le mareggiate furono devastanti anche a causa della condizione delle scogliere emerse, costruite davanti al litorale. Esse erano a circa settanta metri dalla costa. A questa distanza normalmente il fondo dovrebbe trovarsi al massimo un metro sotto il livello del mare. Il moto ondoso, invece, aveva eroso talmente tanto il fondale antistante la scogliera che era stata misurata una profondità di ben 7 metri e mezzo. Questo fu un problema perché le onde, con profondità di fondale maggiori, possono diventare molto intense. Difatti, scavalcarono le scogliere e si abbatterono con estrema violenza sulla costa. La città corse ai ripari nel 2006 sostituendo alla ghiaia dei ciottoli, ovvero sedimenti ancora più grossolani. Le spiagge diventarono molto più stabili e le scogliere emerse vennero sostituite da scogliere poste sotto il pelo dell’acqua, migliorando l’aspetto paesaggistico del litorale. L’erosione costiera, però, non ha lasciato scampo neanche a queste opere di difesa. Nel 2006 le spiagge avevano una estensione di 40 metri mentre, attualmente, sono estese solo per 4 metri. Inoltre attraverso l’inserimento di una ricetrasmittente all’interno di alcuni ciottoli si è notato che, nel giro di 13 mesi, gli stessi avevano perso circa il 60% della loro massa [2]. I risultati ottenuti sono veramente sconcertanti e ci aiutano a comprendere quanto serio sia il problema dell’erosione in questo settore di costa.

Gli ingenti danni causati al lungomare di Marina di Pisa durante una delle violente mareggiate

 

Come agire per contrastare il fenomeno

Lo studio dell’erosione costiera ci ha dunque insegnato che non basta adoperarsi a livello locale per contrastare un certo fenomeno naturale, ma bisogna innanzitutto studiarne i meccanismi per poi andare ad agire sulle cause. La scarsa consapevolezza del problema e una gestione sconsiderata della risorsa sabbia, invece, hanno portato negli anni ad una situazione complicata e ad una eccessiva ingegnerizzazione della linea di costa, dannosa per l’economia dei comuni che vivono di turismo. In altri casi, come a Marina di Pisa, gli abitanti devono costantemente lottare contro l’erosione per fare in modo che la loro città non venga spazzata via. Negli ultimi anni sono state tentate altre soluzioni. Al posto della costruzione di opere di difesa sono stati effettuati dei ripascimenti, ovvero si sono ampliate le spiagge portandovi sedimenti provenienti da altre zone. Per esempio nel 2006, dopo attenti studi per individuare la dimensione dei granuli di sabbia da spargere a Marina di Carrara, erano stati scelti sedimenti provenienti da una cassa di espansione del fiume Po. Questo ripascimento però, ha provocato una forte contrarietà nei residenti, probabilmente perché i sedimenti utilizzati avevano un colore diverso dalle sabbie locali. Eppure, a mio parere, è meglio avere sabbie di un colore diverso piuttosto che finire sott’acqua!

C’è da sottolineare che un buon ripascimento, che può riportare sulla linea di costa circa 100.000 metri cubi di sabbia, non potrà mai contrastare l’asporto di decine di milioni di metri cubi di sedimento dai fiumi avvenuto nel tempo. In ogni caso quando si parla di erosione costiera bisogna ragionare sì nell’ottica della cella litoranea, ma soprattutto su scala trasversale, tenendo ben presente anche cosa accade sui versanti montuosi e negli alvei fluviali. 

Questo è lo stesso atteggiamento che dobbiamo avere nel combattere il cambiamento climatico. Il percorso da affrontare in questo senso è molto lungo e difficilissimo. Se però si inizia a intervenire sulle cause, invece di limitarsi ad arginare le conseguenze, si otterranno sicuramente risultati migliori e potremo vedere all’orizzonte un futuro più roseo per la nostra specie e per il nostro pianeta. 

Fonti

[1] : S. Cappucci; D. Bertoni; L. E. Cipriani; G. Boninsegni; G. Sarti – Assessment of the Anthropogenic Sediment Budget of a Littoral Cell System (Northern Tuscany, Italy) (2020)

[2]: D. Bertoni; G. Sarti; E. Grottoli; P. Ciavola; A. Pozzebon; G. Domokos; T. Novák-Szabó – Impressive abrasion rates of marked pebbles on a coarse-clastic beach within a 13-month timespan (2016)

 

Lorenzo Mori

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