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Semi-Presidenzialismo di fatto

I cambiamenti concreti il più delle volte vengono ignorati, neppure presi in considerazione, a volte per inconsapevolezza, a volte per ignoranza, a volte perchè non si hanno neppure i mezzi per comprenderli.

Ciò che è accaduto Sabato 20 Aprile  e Lunedì 22 Aprile 2013 ridisegna l’architettura costituzionale del nostro ordinamento,  modificato sotto la tempesta economica e il naufragio dei Partiti, all’insegna di un Semi-Presidenzialismo non di diritto ma di fatto.

L’incapacità dei parlamentari del Partito Democratico di votare compatti su un nome condiviso da loro stessi, l’intolleranza totalitaria del Movimento Cinque Stelle nel cambiare il loro candidato e la strategia attendista del Popolo delle Libertà alla fine hanno gettato le basi per un vero e proprio “Unicum” all’interno della storia Repubblicana, la rielezione del precedente Presidente della Repubblica.

Napolitano, a dire il vero, non ha subito accettato la proposta dei Partiti, ci ha riflettuto diverse ore e ha dato il suo benestare solo a precise condizioni così riassumibili:

Dopo il benestare di Bersani e Berlusconi, nonché dell’ormai ininfluente Monti, Napolitano ha sciolto la riserva ed è stato investito del secondo mandato, ribadendo esplicitamente gli stessi punti nel suo discorso di insediamento davanti alle Camere Riunite.

Come cambia l’architettura Costituzionale a questo punto?
Non entrando in particolari, tanto tecnici quando superflui, balza subito all’occhio come il concetto di “Fiducia del Governo” ora dipenda da due istituzioni:

  1. Il Parlamento, che come è ben noto accorda la Fiducia al Governo in coerenza col dettato Costituzionale
  2. Il Presidente della Repubblica che, in base alla intesa raggiunta e al discorso pronunciato alle Camere, in caso di disaccordo potrà dimettersi o addirittura sciogliere le Camere

Ma non è finita qui.

Il Presidente della Repubblica ora entra anche nel merito dell’azione dell’esecutivo, stabilendo come quest’ultimo dovrà attenersi necessariamente ai punti dei Saggi(Riduzione numero Parlamentari, Riduzione Finanziamento Pubblico, Cambiamento della Legge Elettorale), senza bizantinismi o politicismi interni agli stessi Partiti.

Napolitano peraltro accenna con contorni sfumati, per evitare polemiche, il tema della elezione diretta del Capo dello Stato, il quale molto probabilmente già dalla prossima volta sarà eletto a suffragio universale dagli stessi cittadini, un concetto del tutto contrastato in Sede Costituente dove la “Paura del Tiranno” mise d’accordo Comunisti, Socialisti, Democristiani e Liberali nell’eleggere il Presidente tramite il Parlamento stesso e non attraverso una forma di partecipazione popolare diretta.

Ma ora soffermiamoci un attimo sulle conclusioni e sul bilancio di questo cambiamento.

Era davvero necessario?
Sarà positivo per il nostro Stato, paralizzato dalle Potere Partitocratico?
A mio avviso sì, sotto ogni punto di vista.

Lo Stato Italiano, o meglio i Partiti Italiani, hanno raccolto quell’enorme potere proprio del Partito Fascista e lo hanno poi utilizzato per entrare in ogni “Sfera di Potere” della vita pubblica.

In molte regioni se non sei legato ad un Partito non farai mai carriera, in molte banche se non sei un politico non finirai mai dentro un Consiglio di Amministrazione e se non hai conoscenze in “alto” non potrai mai aprire una attività di impresa davvero vincente.
Tutto ciò oggi è inaccettabile.

Al potere diviso e clientelare dei Partiti si contrappone sì “Il Potere del Tiranno”  unico ma questo sarà sempre soggetto alla Costituzione,  alla Corte Costituzionale e alla Unione Europea e le possibilità di un suo colpo di mano saranno non solo remote ma anche controproducenti per lo stesso, esposto a molteplici organi sanzionatori.

I Partiti, responsabili della Crisi al pari degli Speculatori, devono ridurre la loro sfera di influenza e  e la storia ci insegna che nessuno abbandona il potere volontariamente.

Confidando in Napolitano, possiamo solo apprezzare questo cambiamento semi-presidenziale rispetto ad una lenta agonia e con genuino spirito di ottimismo direi di concludere con le stesse parole utilizzate da “Re Giorgio”:

 “Viva il Parlamento!,

Viva la Repubblica!,

Viva l’Italia!”

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