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Intervista a Lorenzo Allegrucci sull’evoluzione della destra italiana, dall’Università alle sfide globali

Sono di fronte alla stanza nella quale ha sede la Direzione di Azione Universitaria, nella Facoltà di Scienze Politiche, dell’Università degli Studi di Firenze. Sono qui non per una conversione di fede, ma per intervistare Lorenzo Allegrucci, Consigliere di corso di Laurea di Scienze Politiche, co-fondatore di Gioventù Nazionale Valdarno e simpatizzante di Fratelli d’Italia. Vengo fatto accomodare dentro la stanza ed il mio sguardo cade subito su una piccola libreria colma di volumi impolverati su e di Oriana Fallaci, sul MSI e più in generale sulla storia della destra italiana. Di fronte alla libreria c’è una varia, ma per fortuna altrettanto impolverata, collezione di superalcolici. Le altre pareti sono coperte da manifesti e vele (in gergo) di Azione Universitaria, silenziosi testimoni di tempi migliori nei quali la partecipazione ed i finanziamenti erano più elevati che adesso. Oggi, al polo di Scienze Sociali, l’affluenza alle elezioni studentesche è di circa il 12%. Ma qui le idee continuano a circolare e nuovi volti della politica si affacciano sulla scena. Per questo intervisto Lorenzo, per conoscere la sua opinione su alcuni dei temi a lui più cari e per ascoltare un esempio, sempre più raro, di impegno e passione politica, dentro e fuori l’Università.

Le destre, in Italia come in Europa, stanno cambiando strutturalmente e non possono più continuare ad essere semplicemente le forze di reazione all’ideologia marxista che sono state per gran parte del xx sec. Le nuove sfide che stiamo attraversando impongono la costruzione di nuovi modelli di interpretazione della realtà. Per quale visione si batte oggi la destra in Italia, secondo te?

La destra italiana, così come la sinistra, si sta adeguando alla realtà e alla complessità del momento storico che stiamo vivendo. La vera sfida è riuscire ad adattarsi al mondo che cambia, pur mantenendo fermi alcuni pilastri di pensiero fondamentali, sinonimi di principi per i quali battersi. Alcuni di questi valori sono la tradizione, la conservazione delle identità, la meritocrazia e la legalità.

Non credi che la meritocrazia e la legalità siano valori largamente condivisi e non propri di una specifica parte politica? La destra, forse, se ne vuole solo appropriare. 

No, credo che questi principi siano maggiormente rappresentati dalla destra, dal punto di vista ideale. E’ vero però che ci sono state delle destre, penso al centrodestra berlusconiano, che non si sono particolarmente battute per questi valori. Ma ciò semplicemente perché era una destra diversa da quella nella quale credo io. Era un centrodestra più legato all’economia, che alla cultura e al rispetto di valori morali. Era un centro destra liberale, mentre la mia è un’idea di destra sociale. Una destra sociale moderna, però, che eredita una certa tradizione e certi ideali, riadattandoli al contesto politico attuale.

Potresti farci un esempio di questi ideali ricontestualizzati nel momento storico che stiamo vivendo?

L’idea di nazione ed il nazionalismo stesso. Questo, il nazionalismo, così come era inteso nel ‘900, era un nazionalismo sbagliato, impostato sull’idea che “la mia nazione sia migliore della tua”. La rielaborazione del nazionalismo sta nel patriottismo. L’idea di patria non implica che vi sia uno scontro tra nazioni. Ma, anzi, il fatto che esista la tua patria e la salvaguardia della tua patria, è fondamentale anche per la salvaguardia della mia.  Per dirlo altrimenti, i nazionalismi si facevano guerra tra loro. Le patrie invece combattono assieme affinché l’idea di patria permanga, poiché il pericolo più grande diventa l’assenza del pluralismo delle patrie e con ciò la perdita di un patrimonio, racchiuso da dei confini, con idee, tradizioni e storia che deve essere difeso.

Pensi che tutto ciò venga messo in pericolo dalla globalizzazione? Parli quasi come un fondamentalista islamico, che vede il pericolo nella contaminazione della propria cultura. E’ indubbio che il mondo si stia spingendo univocamente, tranne alcune marginali resistenze radicali, verso una sempre più vasta e progressiva globalizzazione. La destra, difendendo concetti antiquati, non rischia di apparire quasi come un residuo della storia? Un po’ come l’aristocrazia francese alle soglie della rivoluzione del 1789, non rischiate di essere bollati come un movimento reazionario?

Non scherziamo. Credo che certi valori, propri di ogni nazione, andrebbero persi con la globalizzazione e noi dobbiamo batterci perché ciò non avvenga. Sono convinto che la pluralità delle patrie, così per come l’ho esposta, sia la cosa più bella del mondo, perché è bello essere tutti diversi. Queste diversità devono essere protette.

In quale, tra partiti oggi presenti nello scenario politico, vedi realizzata la tua idea di destra?

Mi sono avvicinato, come simpatizzante, dato che non sono ancora tesserato, a Fratelli d’Italia perché lo ritengo l’unico partito di destra che rifugge dalla demagogia e l’unico partito di destra in grado di pensare al futuro, senza nostalgia del passato, garantendo alla destra il suo legittimo spazio nel circuito democratico, così come avviene per forze simili nel resto d’Europa. Ci avevano provato anche il Movimento Sociale Italiano, ma era troppo vicino con il vecchio regime e Alleanza Nazionale. Fini però, che ha ricoperto un ruolo di primo piano in molti governi Berlusconi, si è allontanato dalla destra sociale e si è fatto corrompere da un altro regime, quello berlusconiano. Fratelli d’Italia, in più rispetto ai suoi predecessori, è forte dell’esperienza acquisita in questi anni e proprio nell’esperienza risiedono le più grandi potenzialità del partito.

Se non ricordo male però, non solo Fini ha ricoperto incarichi di primo piano nei governi Berlusconi, ma la stessa Meloni ne ha fatto parte. Nel 2008 fu nominata addirittura Ministro della Gioventù.

Sì, è vero. Giorgia Meloni però non era ancora una leader, non decideva lei la strategia delle alleanze. Faceva parte di AN e seguì la linea dettata dal segretario, che, all’epoca, era Gianfranco Fini. Appena ha potuto smarcarsi dalla linea del partito e creare qualcosa di nuovo, l’ha fatto. A destra ormai è diventata un riferimento diverso da Forza Italia, tanto è vero che alle ultime regionali ed europee si è presentata da sola, senza far parte di coalizione guidate da FI.

Se è vero che con la destra liberale berlusconiana non ci sono più rapporti, è vero però che Fratelli d’Italia manifesta una certa simpatia per la Lega Nord. Si rivolgono ad un elettorato simile e conducono spesso le stesse battaglie. Che rapporto c’è tra queste due forze di opposizione e quali sono le differenze che ne caratterizzano le identità?

Ci sono grandi differenze. Salvini riesce a prendere così tanti voti perché parla come un elettore comune, come spesso parlerebbe un elettore disinformato al bar. Colpisce allo stomaco ed usa un linguaggio semplice che fa molta presa. La Meloni invece, e ciò si può constatare leggendo un qualsiasi post su Facebook, tenta di far ragionare e spiegare le varie questioni in modo più razionale, ma dibattendo con cognizione. Mentre la Lega è ancora un partito piuttosto anti-intellettuale e populista, FDI coltiva le idee e gli ideali. Marco Tarchi, professore di scienze politiche qui all’Università di Firenze e tra i più autorevoli politologi italiani, identifica, nel nostro paese, due movimenti populisti: la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle. Fratelli d’Italia, invece, si rivolge generalmente ad un elettorato più colto e proprio in questo si identifica. Potrei affermare che è un partito ancora prigioniero di piccole percentuali, proprio perché rappresenta una destra più intellettuale.

A proposito di Fratelli di Italia, a settembre c’è stato il consueto appuntamento con Atreju, la kermesse di Giorgia Meloni, arrivata al suo diciottesimo appuntamento. Hai partecipato all’evento? Cosa puoi raccontarci al riguardo?

Ti ringrazio della domanda, perché parlando di Atreju mi dai modo di raccontare la bella esperienza che ho vissuto in quei tre giorni a Roma. Per me Atreju si è rivelato qualcosa di fantastico, perché è stato un luogo in cui giovani amanti della politica, come me, hanno potuto dibattere tra loro e con alcuni dei maggiori rappresentati della politica italiana, sia di destra che di sinistra. C’erano, tra gli altri, la Ministra della Difesa Pinotti, Scotto di SEL, Orfini (presidente del PD) e poi Brunetta, Toti, Maroni, Berlusconi ed i più importanti esponenti di FDI, dalla Meloni a Rampelli, fino a Donzelli. Non c’era nessuno dei 5 Stelle perché si parlava molto di ideologia, un tema dal quale il MoVimento scappa sempre. Sono stati trattati molti temi, spesso trascurati dal confronto politico quotidiano, e sono stati presentati numerosi libri. Uno di questi, “La crisi della Grecia raccontata dai suoi cittadini”, tratta la complessità delle difficoltà sociali che stanno vivendo i cittadini greci, intervistati nelle periferie di Atene ed invitati a dire la loro sull’Europa, indagando così il malessere sociale. Da lì, ad esempio, si è sviluppato un ampio dibattito sulle diverse idee di Europa. Hanno partecipato numerosi intellettuali di destra, tra cui Amorese, Torriero, Veneziani e ci sono stati, ogni giorno, dei confronti tra esponenti di sinistra e di centro con rappresentati di destra ed altri dibattiti interni alla destra. Delle tematiche spesso affrontate malamente nei salotti tv, quali ad esempio l’immigrazione, si è parlato poco. Tutto l’evento era prevalentemente incentrato sulla cultura, l’evoluzione delle ideologie, il recupero del concetto di patria.

Forse si è parlato poco di immigrazione perché, dopo le dolorose immagini di questa estate, i coraggiosi provvedimenti tedeschi e l’incerta situazione mediorientale, il tema è diventato troppo scottante e divisivo? Osservo che, oggi, tutte le forze politiche sono meno propense ad esporsi. Forse non se parla perché è un argomento che non si vuole proprio trattare. Tu che cosa ne pensi, quale dovrebbe essere la risposta italiana a questo fenomeno?

La questione dell’immigrazione è, infatti, molto complessa. Proprio perché è un tema così complicato, è molto difficile trovare una risposta efficace. Non ho la pretesa o l’arroganza di dire che ho la soluzione in tasca, ma ho delle idee che vorrei vedere realizzate. Secondo me, i profughi, coloro che scappano dalle atroci guerre che infiammano i loro paesi, anche per le regole del Diritto Internazionale, vanno accolti. I siriani, quindi, vanno accolti almeno fino a che la guerra non sarà finita e non sarà ripristinata la pace e la sovranità nazionale. Tutt’altro discorso per gli immigrati economici e qui vorrei delle regole più severe. Davvero possiamo pensare che un intero un continente, l’Africa, possa lentamente spopolarsi per trasferirsi in massa in Europa? Dobbiamo capire, e far loro capire, che quelle piccole fortune che i migranti spendono per pagare i trafficanti di esseri umani per arrivare qui e farsi mantenere, con soldi pubblici, frutterebbero molto di più se spesi nei loro paesi di origine. Non possiamo accogliere tutti. Ciò che mi spaventa non è il fenomeno in sé, ma i numeri del fenomeno. La disoccupazione è già altissima in Italia, come pensano di poter lavorare tutti? Ciò crea delle frizioni, degli scontri tra poveri, che indeboliscono il tessuto sociale. Le risorse sono scarse e ciò può portare gli immigrati a delinquere.

Ci hai detto che, ad Atreju, si è parlato anche di Europa e di Grecia. Qual’è la tua idea al riguardo e cosa contesti all’ordine costituito dell’Unione Europea?

Ad Atreju è emerso un clima costruttivo nel quale non si criticava l’Europa, ma come questa Unione è stata costruita. Noi contestiamo questo tipo di Europa e voglio, sull’argomento, utilizzare una frase di Marine Le Pen, citata anche da Giorga Meloni: “Non esiste più lo scontro, a livello europeo, tra destra e sinistra, ma tra alto e basso”. Ecco perché c’è stata una aperta simpatia nei confronti di Alexis Tsipras, nonostante sia di estrema sinistra, ed una opposizione alla Merkel ed ai burocrati di Bruxelles. Questo perché il primo difende gli interessi del “basso”, del popolo greco, ed i secondi incarnano “l’alto”, che dall’alto, con regole e restrizioni, vogliono mantenere questa posizione di predominanza. Ad Atreju c’è stato uno scontro tra Forza Italia e Fratelli di Italia su questo tema. Tra chi sosteneva le ragioni della Merkel, autorevole rappresentate del PPE, partito del quale fa appunto parte anche FI, e chi sosteneva la sovranità nazionale greca, difesa da Tsipras. Ciò a testimonianza della diversità di visioni esistenti riguardo il tema dell’Europa, anche all’interno della destra. Credo che questa Europa, nella quale è stata anteposta l’unione economica a quella culturale e politica, sia un’Europa da rifare. Tsipras ha avuto la forza di opporsi allo strapotere della finanza europea, privilegiando, invece, il proprio popolo alle regole della Merkel. La destra ha riconosciuto questo grande merito e al di là della sua appartenenza politica, si sente vicina alla battaglia del premier greco. Purtroppo la battaglia non è stata vinta perché gli attori contro i quali Tsipras si è schierato erano troppo forti per poter essere battuti, ma se uniamo le forze, contro queste regole dettate dall’alto, possiamo cambiare le cose.

Lorenzo, torniamo a parlare di te e del tuo impegno politico. Ci hai anticipato, in esclusiva, la notizia della creazione di Gioventù Nazionale Valdarno. Di cosa si tratta?

Io ed altri ragazzi del Valdarno abbiamo creato questo gruppo con l’obiettivo di impegnarci a livello locale. Ci presenteremo ufficialmente, tramite una conferenza stampa, entro novembre. Con Gioventù Nazionale Valdarno creiamo un’alternativa ai gruppi giovanili già esistenti nella nostra zona, quali i Giovani Democratici e gruppi di estrema sinistra. Possiamo quindi affermare che contribuiamo ad aumentare il pluralismo democratico. Dai noi, in Valdarno, purtroppo è quasi obbligatorio schierarsi a sinistra per fare politica. Tanto che spesso, a ragazzi validi, viene chiesto di entrare nel PD con la prospettiva di fare carriera. Gioventù Nazionale è anche un modo per ribellarsi a questo sistema di potere, tipico della nostra zona e forse di tutta la Toscana. Così, per un giovane che vuol cominciare a fare politica a livello locale rappresentiamo l’unica alternativa ai gruppi di sinistra.

Ti ringrazio per averci informato di questa iniziativa. Gioventù Nazionale, però, non è il tuo unico banco di impegno. Sei stato eletto, alle ultime elezioni studentesche, alla carica di consigliere di corso di laurea di scienze politiche, per Azione Universitaria. Potresti raccontarci il tuo percorso di avvicinamento al mondo politico universitario?

Per me, che provengo da due anni di impegno e rappresentanza studentesca nel Valdarno (rappresentante di istituto in IV liceo e rappresentante, oltre che di istituto, della Consulta Provinciale degli Studenti e del Parlamento Regionale degli Studenti della Toscana in V), è stato un bel banco di prova arrivare a Firenze e candidarmi per una lista politica. Azione Universitaria è, difatti, una lista apartitica ma di chiara estrazione politica, che si rispecchia in valori di destra. Mi sono candidato con AU per diverse ragioni. Intanto perché rappresenta le idee in cui credo e poi perché volevo reagire, in qualche modo, a ciò che ho visto arrivando all’Università, ovvero il predominio incontrastato dei collettivi.

Quindi hai visto in Azione Universitaria una lista di reazione, più che di azione, nei confronti dei collettivi?

Sì, sicuramente questo ha avuto un ruolo importante. Il dire “basta” a tutto ciò. Ma non perché si identificano, almeno idealmente, con ideali di sinistra, ma perché fanno semplicemente qualcosa di sbagliato. Ne ho avuto conferma durante la campagna elettorale per le elezioni universitarie, durante la quale ho vissuto un clima di scontro e di intolleranza.

Quale battaglia sta combattendo adesso Azione Universitaria? 

Stiamo combattendo contro il sistema di parametri ISEE introdotti dal governo Renzi. Ci stiamo occupando di una battaglia di cui nessun altro si occupa, per favorire gli studenti di estrazione più bassa. Qualcuno ci dice che è una battaglia di sinistra, in realtà questo tipo di battaglie sociali sono sempre state portate avanti da Azione Universitaria e dalla destra. Ormai famosa e sbandierata spesso anche nei volantini che distribuiamo è infatti la nostra avversione contro i “baroni”. Come ti avevo già detto in precedenza, noi a differenza di altre liste universitarie ci battiamo per la meritocrazia e questo è uno di casi più evidenti. Questo nuovo metodo per il calcolo dell’ISEE taglia fuori migliaia di studenti, che rischieranno di non poter proseguire gli studi per motivi economici. Questa negazione delle risorse pubbliche per il diritto allo studio renderà l’istruzione accessibile soltanto a chi se lo può permettere. Invece noi crediamo fermamente in un concetto: studiare deve essere un diritto, non un privilegio!

Allora concludiamo con queste belle parole a effetto. Ti ringrazio per il (lungo) tempo che mi hai dedicato per la realizzazione di questa intervista e ti faccio i miei migliori auguri per tutti i tuoi progetti futuri.

Uni Info News è a disposizione per chiunque voglia esercitare il diritto di replica e di intervento sugli argomenti trattati nella presente intervista.

Lamberto Frontera

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