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Recensione di The Aviator

Recensione di The Aviator

Martin Scorsese aveva inaugurato il nuovo decennio nel 2002 con lo storico Gangs of New York, pellicola che vide la prima collaborazione tra il regista figliol prodigo di New York ed il giovane Leonardo DiCaprio; pochi avrebbero pensato che quest’ultimo, dopo aver raggiunto la fama in tutto il mondo grazie al maestoso film diretto da Cameron, Titanic, avrebbe stretto una profonda intesa con il padre di quel capolavoro universale chiamato Taxi Driver. Eppure, ancor oggi, la coppia DiCaprio/Scorsese fa parlare di se, in campo cinematografico si intende, e ben 5 sono in film che in un modo o nell’altro li vedono protagonisti! The Aviator, esattamente come il suo predecessore, possiamo benissimo identificarlo come un vero e proprio colossal, con un cast composto da grandi nomi, ed un reparto tecnico di prima classe. Eppure, sebbene alla regia ci sia un maestro come Martin Scorsese i dubbi, la paura e le aspettative verso questa pellicola sono molte e allo stesso tempo giustificate. Il regista sarà riuscito, questa volta, dopo Gangs of New York, film che aveva diviso la critica americana e internazionale, a girare un lungometraggio degno del suo nome come ci aveva abituati anni addietro? Se volete sapere cosa Uninfonews.it pensa della biografia di Hughes non vi rimane che continuare la lettura della recensione! Buon proseguimento!

La pellicola, in ben 160 minuti, copre all’incirca vent’anni della vita del famoso Howard Hughes, una delle figure più leggendarie della mitologia di Hollywood, in una storia che mai nessuno ha avuto il coraggio di raccontare. Leonardo DiCaprio si cala nelle vesti del noto aviatore americano: miliardario, playboy, pilota d’aerei ed eccentrico quanto sregolato prototipo del produttore Hollywoodiano degli anni ’30!

Facciamo una piccola premessa: ogni film di Martin Scorsese merita, per un motivo o per un altro, di essere visto almeno una volta da parte di ognuno di noi. Detto questo, è bene sottolineare fin da subito che The Aviator non sia una pellicola del tutto riuscita, ed al suo interno è possibile riscontrare dei difetti che portano ad identificare il prodotto come uno dei lungometraggi minori rispetto agli altri realizzati nel passato dal leggendario cineasta. Perché? Il motivo è semplice e lo si può capire sempre di più con l’avanzare della storia, identificandolo nella durata della stessa e nel ritmo. Le vicende sia pubbliche che private di Howard Hughes, senza ombra di dubbio, si adattano al cinema di Scorsese per innumerevoli ragioni, ma realizzare una biografia non è mai facile ed il regista ha deciso di seguire gli standar classici dei bio-picture hollywoodiani mettendo in mostra i tanti successi del giovane americano, ma non dimenticandosi di mostrare anche i numerosi fallimenti. La vita di quest’uomo, dunque, appare sempre più come una altalena piena di ascese e cadute, di crisi e vittorie da cui fuoriesce sempre più la psicologia, la “follia” e la paura del protagonista fino alle profonde crisi mentali. Se a tutto questo si aggiunge l’avidità, l’ambizione, la solitudine e l’egoismo (accompagnato da un forte egocentrismo) appare sempre più evidente come Howard Hughes sia quasi la reale ed estrema rappresentazione della maggior parte dei protagonisti presenti nelle altre opere del film-maker. Eppure, tra una lungaggine e un’altra, nel mettere troppa carne al fuoco anche The Aviator, proprio come il suo protagonista, soffre di alti e bassi a livello di sceneggiatura, in particolar modo nella seconda parte, molto più statica e fin troppo tirata per le lunghe, che traghetta il film fino alle 2 ore e 45 minuti abbondanti. La regia, ad ogni modo, è eccellente e non si può assolutamente contestare lo stile di Scorsese capace non solo di rappresentare al meglio, con l’utilizzo della camera da presa, la mente e la personalità di Howard, ma riuscendo a girare sequenze aree davvero strabilianti che danno la concreta sensazione di stare tra le nuvole immersi nella vastità dei cieli; tuttavia, ci scuseranno i fan sfegatati del regista, la sequenza più emozionante rimane, per noi, quella della prima del film “Gli Angeli dell’Inferno” dove si cerca di riprodurre il fastidio che i numerosi flash delle macchine fotografiche, dei tanti giornalisti, danno al protagonista. Una scena da antologia, che deve assolutamente essere ricordata, negli anni a venire, sia per come è stata girata che per come è stata montata in post-produzione.

Il punto forte dell’intera lavorazione del film rimangono le scenografie, curate dal premio Oscar Dante Ferretti, che supera se stesso nel ricreare alla perfezione gli ambienti della New York del 1930 fino a riprodurre i costumi dell’America degli anni ’40, senza mai farle apparire troppo barocche o artificiose; la fotografia è superba, davvero coerente con quanto realizzato e giustamente fu premiata con l’Oscar: i colori, le luci sono sempre in mutamento e seguono alla perfezione l’avanzare degli anni e delle sequenze che vengono portate sullo schermo. Altro aspetto convincente è quello legato al sonoro e agli effetti speciali, davvero considerevoli e convincenti nella riproduzione degli aerei. La colonna sonora, curata da Howard Shore è buona, ma non indimenticabile, questo probabilmente è dovuto al fatto che la casa di produzione cinematografica chiese numerosi tagli in fase di montaggio e tanti arrangiamenti furono, così, fortemente penalizzati. Un vero peccato, considerato il fatto che Shore aveva appena vinto il suo terzo Academy Award solo un anno prima dimostrando di essere un autore di gran talento.

Il cast, come detto in precedenza, parla da solo e non ha bisogno di presentazioni. DiCaprio dimostra, ormai definitivamente, di essere un attore (quasi) completo, capace di reggere alla perfezione tutta la pellicola, senza mai mostrare alcun calo e lasciata la nomea di sex symbol che gli era stata data grazie a partecipazioni a pellicole come Titanic, recita qui in modo sorprendente, catturando l’attenzione del pubblico e lasciando a bocca aperta in più punti. Considerando la giovane età non è possibile non apprezzare quanto questo giovane talento abbia fatto per questa pellicola, ancor più di quanto avesse fatto in Gangs of New York, dove veniva messo un po’ in ombra dal magistrale Daniel Day-Lewis; Cate Blanchett è magnifica nelle vesti di Katharine Hepburn e la sua performance è più che convincente. Questa attrice dimostra per l’ennesima volta la sua maestria nella recitazione, immedesimandosi in un ruolo assai complesso, ovvero nei panni di una delle più famose dive di Hollywood del passato. Meno convincente è Kate Beckinsale, qui chiamata per interpretare Ava Gardner; il resto del casting funziona egregiamente e tra gli attori che vi hanno preso parte citiamo: Alec Baldwin, John C. Reilly, Alan Alda (qui nominato all’oscar come miglior attore non protagonista). Per questa pellicola molti altri interpreti hanno deciso di recitare anche piccoli ruoli e fare, dunque, dei veri e propri camei, come ad esempio Williem Dafoe, Jude Law o Ian Holm (Il signore degli anelli; La vera storia di Jack lo Squartatore)

The Aviator non segna, per la seconda volta consecutiva, il ritorno del miglior Scorsese, ma nel complesso la pellicola, con tutte le sue lungaggini e le sue lacune, può sorprendere e ammaliare in alcuni suoi aspetti. Non è possibile non sottolineare la cura che è stata riposta nelle scenografie, nella fotografia, negli effetti speciali o nel sonoro; eppure, in tutto questo ben di Dio, questo film soffre un po’ troppo in alcuni frangenti. La regia è comunque ottima, alcune sequenze sono da manuale e così ben fatte che solo pochi artisti, come Martin Scorsese, potevano solo osare realizzare, ma il film non convince appieno e giunti ai titoli di coda si ha come l’impressione che il famoso regista abbia voluto, in un modo o nell’altro, proprio come Hughes, andare troppo oltre. Il cast, funziona molto bene, anche se le più belle interpretazioni le fanno Blanchett e DiCaprio, mentre altri attori sono un po’ sottotono o troppo poco sfruttati.In definitiva The Aviator è un film che si consiglia, perché è impossibile non consigliare una pellicola di questo genere e diretta/interpretata/curata da un team come questo, ma alla fin fine non riesce a sorprendere o convincere del tutto per i motivi sopra elencati. Volete sapere, però, quali sono i vantaggi di chiamarsi Martin Scorsese? Che persino quando non si è al proprio meglio si sfornano sempre validi lungometraggi. 

Claudio Fedele

 

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Martin Scorsese, Leonardo DiCaprio, Cate Blanchett,
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3
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