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Opinioni sul comò: Erdoğan, Trump e il politically (un)correct

 

 

Forte del successo al referendum dello scorso 16 aprile e della legittimazione, più o meno sincera, da parte del suo popolo, Erdoğan strizza l’occhio al lusinghiero traguardo del 2034, nonostante  da Bruxelles giungano tiepidi brontolii. Rimproveri che ricordano, però, quelli che normalmente si rivolgerebbero a un ragazzino un po’troppo irruento piuttosto che una condanna per presunti brogli. E l’Europa non è mai stata così lontana. La Turchia, come ha ricordato lo stesso Erdoğan in un’intervista a Reuters, non ha nessuna intenzione di bussare eternamente alle  porte del Vecchio continente. E intanto il controverso legame  tra il Sultano e il Tycoon d’oltreoceano sembra consolidarsi giorno dopo giorno. Con tanto di scambi di galanterie. 

Per non ferire i sentimenti del presidente turco, infatti, Trump si è visto bene dall’utilizzare il termine “genocidio” in occasione della giornata commemorativa del massacro degli armeni, tenutasi lo scorso 24 aprile. Il Tycoon ha optato per un meno scomodo “Medz Yeghern “, che in armeno significa “grande crimine”, certo di incontrare il gusto del Sultano. Ma Erdoğan rappresenta un’amicizia scomoda perfino per un gradasso come Trump. E il rischio è quello di una Turchia isolata e autoreferenziale. Un lusso che i turchi non si possono permettere.

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