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Pokemon GO – come un brand cambierà il mondo

Non perderò tempo a parlare di Pokemon Go, dato che ultimamente non si sente parlare d’altro, con 30milioni di download nelle prime due settimane dal lancio questo gioco ha battuto tutti i record e ha sicuramente fatto parlare molto di se -forse anche troppo- ma per quale motivo?

Grandi e piccini, chiunque in un modo o nell’altro ha avuto a che fare con Pokemon GO.
Gli individui affetti da questa “poke-patologia” possono essere riconosciuto da varie caratteristiche: testa china sullo schermo dello smartphone, passo felpato contornato da brevi interruzioni in cui il soggetto è affetto da spasmi concentrati nel dito indice. In rari casi questi individui interagiscono tra loro, scambiandosi strane parole in codice come “Pikachu, Magikarp, Weedle” e gesticolando verso luoghi ignoti; Si aggirano da soli o in piccoli gruppi formati da due a quattro elementi, i soggetti in cui la malattia ha raggiunto lo stadio più avanzato sono caratterizzati da un cavo collegato al loro telefono e alla loro batteria portatile che conservano con estrema cura nel loro zainetto, nella tasca dei pantaloni e certe volte perfino in mano, per sfoggiare l’attrezzatura più all’avanguardia.
Scherzi a parte, questa orda di zombie non è passata di certo inosservata e oltre a portare nelle casse dei produttori del gioco -la Niantic e la Nintendo Company– ben 250miliardi di dollari, ha attirato anche le attenzioni delle grandi distribuzioni, bramose di mettere le mani e usufruire del grande successo che il gioco del momento sta portando. Una di queste è stata proprio la “McDonald’s Japan” che il 20 Luglio, non appena il gioco è stato lanciato ufficialmente nel Sol Levante, ha annunciato che: gli oltre 3.000 ristoranti della catena di panini più famosa al mondo verranno riconosciuti all’interno di Pokemon Go.

Mi spiego meglio, senza dilungarmi troppo, una delle grandi caratteristiche del gioco del momento (ereditata dal precedente gioco sempre in realtà aumentata della Niantic “Ingress”) è che moltissimi luoghi di interesse storico e culturale come statue, monumenti, chiese, parchi, fontane eccetera eccetera, sono riconosciuti e utilizzabili dai giocatori, alcuni vengono chiamati “Pokè-Stop” e danno la possibilità ad ogni giocatore di ottenere, ogni 10 minuti, strumenti fondamentali per catturare e curare i Pokèmon, che, serviranno per la seconda delle altre funzionalità a cui vengono attribuiti questi luoghi di interesse comune, le “Palestre” dove i giocatori possono mettere alla prova i proprio mostriciattoli l’uno contro l’altro.

Chiusa questa breve parentesi tecnica, i fast-food giapponesi in questione saranno considerati dal gioco o come Pokè-stop o come Palestre in modo tale da aumentare le presenze all’interno dei locali, e non vuoi che tra un Pikachu e l’altro non venga voglia di un spuntino?

Queste è la prima -e non sarà di certo l’ultima- manovra commerciale con una grande azienda, con ogni probabilità nelle settimane a venire altri colossi della ristorazione (e non solo) firmeranno accordi del genere per dare una svolta al proprio business.
I vertici di McDonald’s si sono detti molto soddisfatti della partnership siglata con Nintendo, la quale porterà incredibili benefici al gruppo.
[fonte gizmodo.com]

Accordi di questo tipo potranno beneficiare anche altri locali che pagheranno una quota al gioco per avere Pokè-stop sulla propria attività o altre iniziative proprio legate ai Pokèmon, si tratta di un business che è solo agli inizi. Nonostante i tanti bug, problemi ai server, importanti limitazioni di gioco e le novità che ancora devono essere implementate, Pokemon GO non solo è il fenomeno del momento, ma è anche una realtà redditizia alle quale molti vogliono partecipare.
Non solo incassi da capogiro per Nintendo e Niantic, ma anche potenziali guadagni per chi sfrutterà gli appassionati del gioco invitandoli in locali e location, organizzando tornei e iniziative, per non parlare della ormai diffusa e molto redditizia vendita di account con livelli alti, questo vale per praticamente tutti giochi che prevedano qualche forma di progresso e collezionismo. In America sono apparsi anche annunci di “Pokè-sitter”, ovvero di persone che vengono pagate per camminare e catturare Pokèmon al posto vostro!

Perfino la chiesa non è rimasta in silenzio difronte alla “Pokèmania” infatti, alcuni cattolici non negherebbero il progetto di usufruire dei mostriciattoli per invogliare le nuove generazioni ad avvicinarsi alla chiesa, e dire che per tutti questi anni proprio questi ultimi hanno considerato “Pikachu e co” una vera e propria raffigurazione del diavolo, adescatore di fanciulli, per non parlare del brand stesso considerato un prodotto diseducativo e di manipolazione (esaltazione) al fascismo e alla sottomissione del diverso, guarda caso ora sono proprio le note creature tascabili a trascinare in chiesa gli appassionati della serie.

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