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Recensione di Shrek (2001)

Recensione di Shrek 

Uscito nell’ormai lontano 2001, rivelandosi esser poi un campione di incassi al botteghino, primissimo film a vincere l’oscar per “il miglior lungometraggio di animazione” (categoria introdotta ufficialmente nel 2002), nonché capitolo capostipite di una serie che avrebbe segnato la storia del cinema recente, scadendo poi nelle più canoniche maledizioni che si riscontrano nella produzione dei lungometraggi successivi al primo o al secondo episodio, Shrek (2001) ancora nel 2015 riesce ad innescare nello spettatore quel sentimento di repellente stupore e sinistra sorpresa che pochi altri concorrenti son riusciti a manifestare.

Che la vicenda dell’Orco, ormai per eccellenza, inizi con la lettura, e successiva stroncatura, di una fiaba, come tante, nel suo gabinetto personale è il perfetto esempio dei toni e delle atmosfere che la pellicola prenderà a cuore, rivelandosi dotata di una natura tanto buona, quanto estremamente scorretta. Prima che Ted e Griffin prendessero il sopravvento e si immolassero quali perfette icone del politically scorrect, i bambini avevano di che vantarsi annoverando tra i loro eroi il simpatico e burbero personaggio abitante di una palude infestata da insetti, acquitrini e solo Dio sa che altro.

In fondo la storia di Shrek è una fiaba come tante, che si avvale di un espediente narrativo non tanto originale, ma funzionante in ogni momento, sorretto da tutta una serie di personaggi intriganti ed interessanti, a loro volta simboli dell’ironia graffiante di cui è intriso il progetto, che riusciranno costantemente a strappare qualche risata a noi tutti con delle battute al limite del possibile, quelle che, se le dicessimo o ci affiorassero nella mente nelle situazioni reali, scatenerebbero in noi un moto di vergogna o pudore, facendoci dubitare di noi stessi, ma sopratutto domandare quanto, in cuor nostro, siamo ignoranti o, per l’occasione, verrebbe da dire “orchi”.

Una principessa rinchiusa in un antico castello, posto all’interno di un vulcano e circondato da un mare bollente di lava, un principe lord arrogante, nonché totalitario, che aspira a diventare re, dal petto villoso e dall’altezza considerevolmente bassa, sono gli elementi che fanno da cardine all’intera vicenda, poiché Shrek, assieme al fido amico Ciuchino  (un asino parlante, e non ragliante), dopo aver visto casa propria esser presa d’assalto dagli abitanti delle fiabe (pinocchio, i sette nani, cappuccetto rosso, biancaneve etc…), a loro volta costretti a fuggire via dalle proprie dimore per ordine del principe Lord Farquaard, sarà chiamato in causa in un’eroica impresa, che verterà, essenzialmente, nel pericoloso salvataggio della principessa Fiona, la quale è costretta a passare le sue notti ed i suoi giorni rinchiusa nella torre più alta del castello, sorvegliato, è bene sempre specificare, da un(a) temibile drago(nessa) sputa fuoco.

Niente va come previsto, come era logico immaginare, ma sopratutto bisogna notare come ogni cosa, seppur lontana dai valori ed archetipi classici delle fiabe, assuma sempre più una concretezza ed una coerenza che portano alla fine a valutare Shrek come una storia, dentro al mondo dei racconti più noti, dalle mille sorprese e dotata di una forte ossatura, tanto ben architettata e viva da non sfigurare attorno alle altre ed i fattori inediti, o quanto meno originali, riscontrabili in e con una certa ironia e vena sarcastica, che fanno assumere al film connotati da soft commedia nera per bambini, non portano ad altro se non che ad un miglioramento tale da sfiorare, in alcuni frangenti, l’esilarante eccellenza.

Perché anche gli Orchi hanno un cuore, non sono tutti maldestri, cattivi, orribili (almeno interiormente) o assassini, e Shrek ci vuole insegnare, al di là di tutto, che bisogna sempre andare oltre all’apparenze, che il rispetto deve essere reciproco e privo di un qualunque pregiudizio.

Ottime, inoltre, la melodie e la colonna sonora quando questa si avvale di brani pop e rock di oggi (ops, tanto vale dire di ieri) e del passato, che aumentano ancora di più la assurda demenzialità insita in determinati momenti.

Un fiore all’occhiello, non c’è che dire, questo grande film di animazione Dreamworks, primo vincitore dell’ambito Oscar, paragonabile, per bellezza, struttura e concretezza, solo al recente Dragon Trainer. Incapace di sentire il peso dell’età, ancora colmo di quella frizzante originalità tutt’altro che sorpassata, Shrek è un classico (atipico) immortale, capace di regalare divertimento ai più piccoli, ma capace di appagare anche un pubblico adulto, grazie a tutto un repertorio di gaffe e battute affilate come una mannaia, doppi sensi e ribaltamenti che solo un occhio maturo potrà cogliere e godersi appieno. Ottimi motivi per rimanere in contatto  con questa storia, e non abbandonarla, anche quando si è diventati grandi.

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Shrek
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5
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