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Emergenza Covid: e se fosse già finita?

Coronavirus

Mentre il belpaese si appresta a vivere un’estate rovente, in un clima di guerra civile fra pro-vax e no-vax, aleggia una domanda, che ancora nessuno osa fare, ma che prima o poi dovrà essere affrontata: quando sarà decretata la fine dell’emergenza? E con quali criteri?

Perché una cosa è certa: non arriveremo mai a 0 contagi e neanche a 0 morti o 0 ricoveri. Col vaccino non potremo raggiungere l’immunità di gregge, perché, se anche si vaccinassero tutti, il tasso di protezione dal contagio non sarebbe abbastanza alto. Nello scorso mese, chi si vaccinava era protetto all’88% dal contrarre l’infezione . Contro la variante Delta sembra che il vaccino funzioni peggio, ma c’è dibattito sull’entità della minor efficacia. Avremo maggiore chiarezza col prossimo rapporto dell’ISS. Ad ogni modo, i numeri sono ben al di sotto della soglia necessaria per la tanto agognata immunità di gregge.

In realtà, non è mai stato quello il vero obiettivo, bensì l’endemizzazione del Covid.

Cosa si intende per “endemizzazione”: si intende raggiungere un punto di equilibrio, di convivenza col virus. E in realtà stiamo entrambi, noi ed il virus, lavorando in questo senso. I vaccini hanno abbattuto il tasso di ospedalizzazioni e decessi. Allo stesso tempo, le mutazioni del virus tenderanno a renderlo sì più contagioso, ma anche meno letale ed aggressivo. E non sarà, con tutta probabilità, un non vaccinato a generare la mutazione resistente ai vaccini.

Alla fine, se moriamo noi muore pure lui, per questo anche il Covid tende alla “convivenza”

Ma allora che si fa?

Stato di emergenza per sempre?

Nel Regno Unito hanno deciso che l’emergenza è finita.

Il 19 luglio, proprio mentre la quarta ondata toccava il suo apice, è stato decretato il “Freedom day”: fine dell’emergenza, fine delle limitazioni. Negli ultimi 7 giorni, picco di decessi per la quarta ondata nel Regno Unito, si è riscontrata una media di 71 decessi, con circa 40.000 contagi al giorno. E lì non c’è più alcuna limitazione o obbligo, neanche della mascherina.

In Italia, adesso, abbiamo una media settimanale di 15 decessi e 4800 casi.

Tanto per avere un’idea, ogni giorno muoiono 638 persone per malattie del sistema circolatorio, 511 per tumore, 145 per altre malattie del sistema respiratorio e 66 persone per disturbi psichici e comportamentali.

Il picco di decessi per Covid in un solo giorno, in Italia, è stato raggiunto il 3 dicembre 2020, nel pieno della seconda ondata, quando si sono registrati ben 993 morti in un giorno. A quei tempi le terapie intensive erano piene di casi Covid e la macchina della sanità, in tutta la sua interezza, era messa sotto grossa pressione.

Perché non ci dobbiamo dimenticare com’è iniziato tutto, qual è il vero motivo per cui abbiamo vissuto 2 mesi di lockdown e 2 anni di restrizioni varie: evitare il collasso della sanità pubblica.

E ci siamo riusciti. Abbiamo rischiato molto durante la prima e la seconda ondata e ci sono persone che sono morte proprio perché le strutture sanitarie, prese in contropiede, non riuscivano ad arginare l’epidemia, a dare le cure adeguate, a rispondere a tutte le segnalazioni. Sono stati i giorni drammatici delle bare di Bergamo, che nessuno di noi dimenticherà.

Ma queste bare, questi morti, non possono essere usati come una clava da chi si è vaccinato contro chi non lo vuole fare.

Questa contrapposizione, alimentata dolosamente da governo, presidente Draghi e mass-media in testa, tende a generare un sentimento di urgenza. Bisogna convincere al più presto tutti a vaccinarsi. Con le buone, o, molto più efficacemente, con le cattive.

Eppure, le scorte dei vaccini scarseggiano, non è possibile aumentare la velocità delle inoculazioni. La campagna vaccinale va a gonfie vele e ci sono giovani che aspettano da mesi il vaccino ma potranno farlo solo ad agosto o a settembre, dopo l’entrata in vigore delle restrizioni legate al green-pass. Insomma, non è il momento di “convincere”, ma semmai di comprare più vaccini.

L’efficacia del vaccino è evidente, soprattutto nel prevenire forme gravi nei soggetti a rischio. E i segnali che arrivano, sempre dal Regno Unito, sono incoraggianti: il numero giornaliero di contagi è iniziato a scendere, segnando il picco della quarta ondata. Contestualmente, il tasso di decessi, ospedalizzazioni e rianimazioni è rimasto molto contenuto, neanche paragonabile rispetto alle precedenti ondate. Nelle immagini di seguito, si può notare con evidenza come, a fronte di un’ondata di contagi consistente e paragonabile a quella dello scorso inverno, si ha una curva dei decessi che resta pressoché piatta.

E c’è da sperare che anche la nostra quarta ondata “estiva”, segua questo percorso.

Eppure, anche ieri, sono morte 15 persone in Italia, per il Covid. Sono poche? Sono tante?

La morte è brutta, ma questo lo sapevamo già. Lo è sempre, per ogni malattia, perché un morto di Covid deve contare più di un morto di tumore? O di influenza? Ogni anno muoiono circa 20.000 persone per influenza. Un tasso di 100 morti al giorno, considerando che sono tutte d’inverno. Cento morti al giorno, eppure le nostre vite durante le epidemie influenza degli anni ’10 non sono cambiate. C’era, anche allora, il consiglio ad anziani e persone fragili di vaccinarsi. Ma non si dava la colpa di quei decessi ai non vaccinati. Non ce lo sognavamo neanche.

Relativizzare la morte è quel tabù che nessuno si permette di abbattere, perché rende automaticamente cinici e per qualche strano motivo anche egoisti. Eppure, è necessario, quando si parla di fenomeni collettivi. Quando si parla di gestire la vita, e la morte stessa, di 60 milioni di persone. Ed è stato proprio il presidente Draghi, ad evocare questa parola così emotivamente pesante e sconvolgente: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire: non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore”.

Un presidente del consiglio dovrebbe, forse, essere più responsabile ed usare parole meno semplicistiche e meno divisive. Soprattutto se vuole ambire a diventare Presidente della Repubblica. Infatti Mattarella, pur condividendo la sostanza, ha usato un registro verbale ben diverso.

Chiaramente, non sarà facile per chi ci governa o per un Pregliasco, un Ricciardi, un Galli, un Burioni, dirci, un giorno, che “20 morti al giorno sono accettabili”, dopo 2 anni di terrorismo psicologico.

Ma dovranno farlo, prima o poi.

E dovrebbe essere nostra premura, da cittadini, farci domande e pretendere di avere risposte. Non solo un cieco atteggiamento fideistico.

Scelgano loro il numero, i criteri, in base alle loro conoscenze e competenze e ce lo comunichino. Stanno aspettando di vedere se il trend si confermerà anche il prossimo autunno? O in inverno? Che parametri bisogna controllare per capire quando si potrà considerare finita l’emergenza? E queste temute varianti, che potrebbero mettere in difficoltà la capacità del vaccino di proteggere da forme gravi, quanto le dobbiamo aspettare?

Si parli di questo, anche nel dibattito pubblico, per stimolare le istituzioni a dare risposte.

Perché l’emergenza non può durare per sempre e la gente è sull’orlo di scannarsi, l’uno contro l’altro. Perché è della vita che si parla, sia da un lato che dall’altro. Perché gettare benzina sul fuoco al posto di rimettere, li sì, a fuoco, la nostra attenzione sul nocciolo del problema, sul senso dello stato di emergenza, porta alla violenza. Adesso sui social, a distanza, dal 6 agosto, quando entrerà in vigore l’obbligo di green pass, si passerà di colpo alla realtà.

E se continuiamo così, una cosa è certa.

Non andrà tutto bene.

 

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