27 Luglio 2024

L’Ulisse (allegro) andato in scena al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo

Head_Odysseus_MAR_Sperlonga

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,


fa voti che ti sia lunga la via,

e colma di vicende e conoscenze.

Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi

o Posidone incollerito: mai

troverai tali mostri sulla via,

se resta il tuo pensiero alto, e squisita


è l’emozione che ti tocca il cuore

e il corpo. Né Lestrigoni o Ciclopi

né Posidone asprigno incontrerai,

se non li rechi dentro, nel tuo cuore,

se non li drizza il cuore innanzi a te.

Itaca – Konstantinos  Kavafis

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Ci vuole una bella dose di coraggio per portare in scena un’opera immortale come l’Odissea di Omero. La mole e la grandezza dell’avventure di Odisseo non hanno tuttavia spaventato Emanuele Gamba, il quale ha deciso di realizzare una rappresentazione teatrale con l’ausilio di numerose docenti. Il risultato, presentato ieri sera al Museo di IMG_4773Storia Naturale del Mediterraneo, è stato quello di una pièce efficace, seppur leggera, ma pur sempre affascinante sotto diversi punti di vista, portata avanti con la piena coscienza delle risorse e del luogo a disposizione.

La sala blu del Museo ha fatto così da sfondo al lento ritorno a casa dell’eroe Omerico. Ad accompagnare lo sventurato dal multiforme ingegno vi erano scheletri di balene e d’altri pesci preistorici che ancor di più mettevano in risalto il legame con la triste vicenda e l’acqua. Un binomio, quello tra Ulisse e il mare, tutt’altro che banale, dato che molti sono gli episodi che lo vedono coinvolto con mostri marini o creature mitologiche, basti pensare alle Sirene che cercano di stregarlo, delle quali egli vuole sentire il canto, o Scilla e Cariddi.

Circe *oil on canvas *148 x 92 cm *1891

Insomma, se sotto il profilo tecnico e scenografico lo spettacolo ha rivelato punti deboli e lacune, va dato comunque atto a questa produzione di aver saputo mantenere un certo tono ed una professionalità efficace che in ultimi analisi beneficia ogni elemento del lavoro svolto da ogni singolo partecipante.

Laddove alcuni passaggi dell’Odissea hanno, purtroppo e come era logico immaginarsi, subito una forte diminuzione del loro vero potenziale, lasciando all’azione il posto ad una narrazione effettuata per bocca di Ulisse stesso, come per quel che concerne il frammento che vede coinvolto Polifemo, impossibile da replicare a causa della sua statura; dall’altra parte non sono mancate scene evocative e visivamente potenti che ricordano l’attualità e l’imponenza del materiale d’origine.

La verità è che non ci si stanca mai di assistere al nostos più famoso della letteratura, quello più sofferto, ambito e desiderato, quel “come back to home” di cui si vorrebbe sapere la fine, ma di cui restiamo sempre più colpiti dalle insidie ed i pericoli in cui Odisseo si imbatte a riprova della volontà degli Dei e della debolezza, o ubris, degli uomini.

Ad ammaliare sono sempre loro, però, i personaggi: Circe, maga che trasforma in animali i compagni dell’eroe di cui si canta; Calipso ninfa che tiene il re di Itaca “prigioniero” nella sua isola; Nausicaa, figlia di Alcinoo Re dei Feaci, che soccorrerà Ulisse IMG_4759e lo porterà dai genitori, i quali, curiosi, chiederanno al naufrago di raccontare la storia che l’ha portato fino alla loro terra.

Scene di uno spessore tangibile e mai capace di invecchiare, l’Odissea anche se recitata in uno sgabuzzino trangugiando crostate avrebbe una forza primordiale e quasi trascendentale. Ella non è che una di quelle opere necessarie per comprenderci e comprendere quello che siamo, stiamo stati e forse saremo, e la sua grandezza sta soprattutto nelle molte rappresentazione a cui si presta, anche quando una di esse propone un’interpretazione più frivola che riesce ad ogni modo a conservarne intatto lo spirito e il messaggio. Nel cercare di avvicinare Odisseo ai costumi ed alle mode di ora Emanuele Gamba costruisce attorno ad esso un contesto particolare, moderno, sorretto da una personalità cucita addosso a quest’ultimo molto meno seria e scanzonata, quasi istrionica, ma mai volgare.

John_William_Waterhouse_-_Sketch_of_Circe,_1911-1914

Pur non avanzando pretese, se non quelle di voler richiamare in causa un poema immortale, la produzione coinvolta nella realizzazione dello spettacolo può vantare un paio di sequenze dal forte impatto visivo, John_William_Waterhouse_-_Mermaidcaratterizzate da una messa in scena d’effetto e particolarmente suggestiva. Si parla, nello specifico, del frammento in cui Ulisse giunge negli Inferi, ove si presenta al cospetto dell’indovino cieco Tiresia e incontra dopo anni sua madre. La sequenza finale, inoltre, è stata realizzata in modo eccellente, poiché capace di regalare il giusto pathos e trasmettere tutte quelle sensazioni drammatiche che si respirano una volta che Odisseo torna a casa.

L’Ulisse di Emanuele Gamba è stata un’esperienza che ci ha colpito, in positivo, e di cui sentivamo il bisogno, non tanto per la grandezza o la maestosità tecnica, ma per la cura e la volontà di voler prendere con semplicità ed umiltà uno dei testi più alti della civiltà occidentale e di saperlo proporre al pubblico in una chiave tutt’altro che pretenziosa, ma diretta e precisa, ove ad essere premiata è la storia e la voglia di raccontare un’avventura che ancor oggi resta la più bella e straordinaria anche e solo se vista sotto il suo aspetto più superficiale, ma che, come ci ha insegnato lo spettacolo di ieri, nasconde significati profondi ed ancora tremendamente attuali al suo interno.

A cura di Claudio Fedele 

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IMG_4788Quello che è andato in scena martedì sera al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo a Livorno è un Odissea in chiave femminile e moderna, conclusione di un percorso didattico che ha visto come protagoniste delle docenti coordinate dal maestro Emanuele Gamba.

Nell’atmosfera della Sala del mare Museo è andata quindi in scena una rivisitazione leggera e fresca di un capolavoro classico che ha ormai migliaia di anni. Immersi tra i resti dei grandi mammiferi marini ci siamo seduti, in una cornice blu, che richiama l’elemento costante nel poema omerico: il mare. Le giovani attrici si sono impegnate con passione, qualche errore c’è stato va detto per onore di cronaca, ma piccolezze che lo spettatore ha facilmente saputo perdonare.

La scenografia essenziale ha contribuito a dare una fruizione immediata anche per coloro che non conoscevano il poema trovando anche soluzioni davvero interessanti ed emotivamente coinvolgenti, mi riferisco allo scambio di battute tra Ulisse e lo spirito della propria madre, una scena potente, in cui le luci IMG_4799rosse e i suoni hanno saputo esaltare. Le parole infatti dei due protagonisti sono intense così come i loro sguardi, mentre attorno gli altri spiriti sbattono dei rami creando un’atmosfera surreale. Scena centrale di questa rappresentazione più serie e forte di un allestimento invece a tratti apertamente umoristica.

Infatti ciò che contraddistingue questo lavoro è stato l’umorismo, mai spicciolo, ma ben rappresentato dal protagonista. In generale l’opera a cui ho assistito rappresenta in modo piacevole tutti i tratti e i “nodi” cruciali, o comunque più conosciuti, del viaggio di Ulisse: Penelope, Nausicaa, Calipso, Circe , Polifemo. A tratti davvero divertente, raggiunge il massimo del pathos con la scena sopra ricordata nella discesa agli inferi, per poi toccare di nuovo le corde dello spirito dello spettatore quando finalmente Ulisse raggiunge Itaca, dopo anni di peregrinaggio, dopo essere stato umiliato dai Proci che lo offendono, in quanto Odisseo ha le sembianze di  un vagabondo, vinta la sfida con l’arco, ripreso il proprio aspetto, vendica la moglie, il figlio e la casa uccidendo gli usurpatori.

Infine toccante lo scambio finale tra Odisseo e Penelope, quest’ultima ancora incredula lo mette alla prova, parlando del talamo nuziale, un indugio per sapere se quello che ha davanti è realmente suo marito o un impostore, un attimo di attesa che viene subito superato dalle parole rassicuranti del marito. Solo suo marito infatti conosce il segreto.

A cura di Matteo Taccola 

«Donna, è assai doloroso quello che hai detto./Chi mise altrove il mio letto? sarebbe difficile/ anche a chi è accorto, se non viene e lo sposta,/volendolo, un dio in un luogo diverso, senza difficoltà./Nessun uomo, vivo, mortale, neppure giovane e forte,/lo smuoverebbe con facilità: perché v’è un grande segreto/nel letto lavorato con arte; lo costruii io stesso, non altri./Nel recinto cresceva un ulivo dalle foglie sottili,/rigoglioso, fiorente: come una colonna era grosso./Intorno ad esso feci il mio talamo, finché lo finii/con pietre connesse, e coprii d’un buon tetto la stanza,/vi apposi una porta ben salda, fittamente connessa./Dopo, recisi la chioma all’ulivo dalle foglie sottili:/sgrossai dalla base il suo tronco, lo piallai con il bronzo, bene e con arte, e lo feci diritto col filo,/e ottenuto un piede di letto traforai tutto col trapano./Iniziando da questo piallai la lettiera, finché la finii,/ rabescandola d’oro e d’argento e d’avorio./All’interno tesi le cinghie di bue, splendenti di porpora./Ti rivelo, così, questo segno. Donna,/non so se il mio letto è fisso tuttora o se un uomo,/tagliato il tronco d’ulivo alla base, altrove lo mise».

Mosaïque_d'Ulysse_et_les_sirènes

Articolo a cura di Claudio Fedele & Matteo Taccola

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Matteo Taccola

Sono uno studente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, curioso, estroverso, mi piace scrivere.
Ho voluto accettare la sfida postami da “Uni Info News”, mettermi alla prova e scrivere quello che penso con l’intenzione di potermi confrontare con tutti quelli che ci leggono.

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