Dati definiti con copertura del 100% dei seggi
Affluenza: oltre l’87% (più di 48 milioni di persone)
AKP 49.5% seggi 317
CHP 25.3% seggi 134
MHP 11.9% seggi 40
HDP 10.7% seggi 59
Altri 2.6%
L’AKP, partito islamico conservatore di Erdogan, pur non avendo ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, grazie ad un sistema elettorale sostanzialmente maggioritario ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, e potrà quindi formare un governo monocolore.
Essendosi fermato a 317 seggi, non potrà però modificare la costituzione da solo (ne servono 367 o 330 con successivo passaggio referendario).
Il CHP, partito kemalista di centrosinistra, ha superato il 25% dei voti, ottenendo uno dei migliori risultati degli ultimi anni.
In particolare il CHP si è rivelato molto forte nella parte europea della Turchia, in Tracia ed in particolare ad Edirne (l’antica Adrianopoli), dove ha ottenuto il 56,3% dei voti. Inoltre si è rivelato primo partito nella zona costiera del Mar Egeo, ed in particolare ad Izmir (Smirne), con oltre il 45% dei voti.
L’MHP, partito nazionalista, ha perso quasi 5 punti percentuali dalle scorse elezioni di Giugno, evidentemente a tutto vantaggio dell’AKP. Terzo partito per numero di voti, è però quarto per numero di seggi perché non si è aggiudicato, come primo partito, nemmeno una provincia. Infatti a fronte di un crollo di circa un terzo dei propri consensi, la perdita di seggi è stata addirittura della metà (da 80 a 40).
Inoltre durante la serata elettorale, visto il pessimo risultato registrato, varie testate avevano diffuso rumors riguardo le imminenti dimissioni di Devlet Bahçeli, leader del partito, ma lo stesso Bahçeli e l’MHP hanno poi ufficialmente smentito tali voci.
L’HDP, partito della sinistra turca e pro-kurdistan, ha perso 2 punti percentuali (e un quarto dei seggi, da 80 a 59) dalle scorse elezioni di Giugno, rimanendo quarto partito, dietro all’MHP, ma riuscendo comunque a superare la soglia di sbarramento del 10% a livello nazionale.
Essendoci riuscito, il partito dei curdi, si è rivelato nuovamente la principale spina nel fianco di Erdogan.
Infatti, in caso di mancato ingresso dell’HDP in parlamento, l’AKP avrebbe ottenuto i seggi necessari per modificare la costituzione da solo e la vittoria del “Sultano” sarebbe stata totale.
Nonostante rimanga quarto in termini di voti l’HDP è adesso terzo in parlamento per numero di seggi, avendo giovato della particolare regionalizzazione del proprio consenso.
L’HDP si è aggiudicato quasi tutte le province del Kurdistan turco come primo partito, in alcuni casi con percentuali bulgare (anche sopra l’80%, per es. a Şırnak 84.3%).
Valutando i risultati nel loro complesso, è innegabile che la strategia del voto utile e la strategia del terrore messe in campo dall’AKP di Erdogan abbiano portato i loro frutti.
IL VOTO UTILE DEI CONSERVATORI
In campagna elettorale Erdogan ha più volte chiamato l’elettorato conservatore, evidendentemente rivolgendosi agli elettori dell’MHP, ad un voto di responsabilità per evitare il perdurare della crisi istituzionale creatasi dopo le elezioni di Giugno, che avevano appunto disegnato una compagine parlamentare incapace di formare un governo.
Quasi certamente, il 5% dei voti perso dall’MHP si è interamente spostato verso l’AKP, quindi l’appello del presidente ha efficacemente raggiunto i suoi destinatari.
LA STRATEGIA DEL TERRORE
Ma il crollo dei nazionalisti non può, da solo, spiegare la crescita di consensi dell’AKP, che è stata ben superiore al 5% dei voti. Secondo alcuni membri del CHP e dell’HDP sarebbe stata decisiva la strategia del terrore messa in campo dal governo, in particolare nei confronti dell’elettorato curdo.
L’HDP, ha registrato un calo del 2/3% a livello nazionale, e ha perso seggi anche nelle sue roccaforti, in particolare nelle province occidentali e settentrionali del Kurdistan turco.
Salvi pochi casi in cui i seggi gli sono stati strappati dal CHP (come a Tunceli dove uno dei due seggi dell’HDP è appunto andato al CHP), a beneficiarne è stato l’AKP, che, anche se nelle zone settentrionali con percentuali modeste (attorno al 36%), si è aggiudicato come primo partito tali province.
Come si spiega?
Secondo Aykan Erdemir, parlamentare del CHP, l’elettorato curdo più religioso avrebbe dirottato il proprio voto verso l’AKP, non ritrovandosi nelle posizioni progressiste dell’HDP in materia di famiglia e di questioni di genere.
5 months of violence in #Turkey seems to have helped AKP win the votes of nationalist #Turks from the MHP & religious #Kurds from the HDP.
— Aykan Erdemir (@aykan_erdemir) 1 Novembre 2015
Inoltre la militarizzazione dei seggi nelle città curde e delle sedi dell’HDP (segnalata dal The Guardian) ha probabilmente intimidito l’elettorato, già esasperato per la situazione di terrore creata dai vari attentati terroristici contro il proprio partito, e lo ha quindi spinto al voto per l’AKP per scongiurare ulteriori episodi di violenza contro i curdi. Gli attentati terroristici dell’ISIS contro l’HDP si sono rivelati, in definitiva, un’assist fondamentale al partito di Erdogan. Ai più cinici potrebbe sorgere il dubbio che il califfato, secondo la strategia de “il nemico del mio nemico è mio amico”, abbia “aiutato” il governo turco che è in prima linea nel combattere uno dei suoi principali avversari: i peshmerga curdi in Siria.
L’AFFLUENZA IN CONTROTENDENZA
Un’altra spiegazione di questo aumento di consenso dell’AKP, o più che altro del calo dell’HDP, può risiedere nel dato dell’affluenza.
Infatti in diverse province curde il dato dell’affluenza si è mostrato in controtendenza rispetto al dato nazionale.
L’affluenza è tendenzialmente aumentata nelle zone occidentali e centrali della Turchia (a Edirne, a Istanbul, ad Ankara, a Smirne, ecc…) anche di più punti percentuali in alcune province.
In diverse province curde l’affluenza si è invece ridotta, in alcuni casi anche di vari punti percentuali.
Certamente questo dato comprova il particolare clima di terrore vissuto in Kurdistan negli ultimi mesi che evidentemente ha convinto diversi elettori curdi, che pure a Giugno si erano recati a votare, a disertare le urne.
Ulteriori conferme arrivano sempre più numerose, con la segnalazione di arresti di giornalisti, della chiusura di testate antigovernative, oltre che di vere e proprie esclusioni dal voto (ad alcuni cittadini sarebbe stato materialmente impedito di votare).
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