30 Aprile 2024

Il Teatro Goldoni di Livorno si è fatto travolgere dall’atmosfera romantica della Bohème, andata in scena il 19 e il 20 gennaio scorsi, che ha saputo incantare gli spettatori catapultandoli nella Parigi degli artisti della Belle Époque. Dopo quasi centoventitre anni l’opera pucciniana, considerata dai critici il suo massimo capolavoro, torna a stupirci e commuoverci grazie alle forti e brillanti voci di un cast giovane e per la prima volta coevo ai personaggi creati dal compositore. Terzo appuntamento della stagione lirica 2018/19, questa Bohème è frutto di una ponderata coproduzione fra il Teatro Goldoni di Livorno, il Teatro Verdi di Pisa e il Teatro del Giglio di Lucca che ha voluto mettere alla prova i promettenti cantanti del corso di formazione LTL Opera Studio, a nostro avviso con grande successo. L’opera pucciniana, tratta dal romanzo d’appendice “Scènes de la vie de bohème” di Henri Murger, si snoda in quattro atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa e narra le disavventure di un piccolo gruppo di artisti che tentano di vivere – perlopiù di espedienti – della loro più grande passione: l’arte, esaltati dalla frizzante atmosfera parigina di quegli anni. Meravigliose le scenografie riprese dall’allestimento del Maggio Fiorentino 2017 creato da Bruno Ravella, riadattato dal regista portoghese Joao Carvalho Aboim, così come i costumi, per i quali faccio i miei complimenti a Tiziano Santi e Angela Giulia Toso.

La stessa scenografia dell’intera opera è stata parte integrante del coinvolgimento della rappresentazione della Bohème. In tre distinti spazi (i cd. “quadri”) anche gli spettatori più disattenti sono riusciti a farsi coinvolgere dagli accadimenti dell’opera. Se quella del terzo atto – rappresentante solo una sbarra – è stato minimalista, quello del secondo è stato qualcosa di straordinario. Luci, tende, e perfino un’altalena dalla quale Musetta ha cantato un’aria, ma soprattutto arredi sontuosi ed in piena Art Nouveau che hanno trasformato il palco nell’interno del Cafè Momus, dipingendolo come un vero e proprio “affresco” sfavillante, davvero indimenticabile. In particolare, si segnala la scena finale del secondo atto, dove Musetta, per attirare l’attenzione di Marcello simula un dolore al piede causatole dalla scarpa troppo stretta, e per dare mostra di sé sale su un tavolino dove viene illuminata splendidamente dalle luci gialli che ne esaltano l’intera figura. Non di meno è stata pure la copiosa presenza di comparse e interpreti secondari, la cui performance non è stata trascurata, ma valorizzata da dei costumi decisamente all’altezza. Anche la scelta di svolgere il saluto al pubblico degli interpreti secondari prima della pausa è considerabile una forma di rispetto verso tutto il cast della rappresentazione.


La Bohème di Puccini è stata quindi colta nel suo spirito e gli spettatori, chiudendo gli occhi per un secondo e subito riaprendoli hanno potuto immedesimarsi e vivere la tragedia ed il dolore della travagliata storia d’amore tra Mimì e Rodolfo. Si cita, per questo, anche l’espressione e l’interpretazione davvero eccezionale di Rodolfo al momento della malattia e del dolore di Mimì nell’ultimo atto. In pochi minuti i toni bohemien, apparentemente positivi e giocosi grazie alla loro narrazione, si sono rivelati drammatici e pervasi di disperazione, chiudendo lo spettacolo in maniera unica.

Ci teniamo a ringraziare l’Orchestra che è l’OGI (Orchestra Giovanile Italiana) diretta magistralmente da Gianna Fratta e i giovanissimi ragazzi del Coro Voci Bianche del Goldoni preparato da Laura Brioli. Inoltre, i nostri complimenti vanno agli artisti principali, per i quali speriamo che questo esordio con la Bohème possa condurli a una brillante carriera: Maria Bagalà e Martina Gresia (nel ruolo di Mimì che si sono alternate nelle due date proposte), Blerta Zhegu e Antonella Biondo ( le due Musetta), i tenori Francesco Fortes e Vittorio Grigolo (Rodolfo), due interpreti diversi anche per Marcello il pittore, Jaime Eduardo Pialli e Francesco Solinas, Schaunard l’altro compagno di bohème, interpretato dai baritoni Matteo Loi e Tommaso Caramia, il filosofo Colline interpretato dai bassi Michele Giaquinto e Alessandro Yague, infine il basso Alessandro Ceccarini in tutte e due le recite nei ruoli di Benoit il padrone di casa e Alcindoro l’accompagnatore di Musetta.

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La Bohème
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Chiara Sabbatini

Nata a Livorno il 25/09/1995 e laureata in Scienze dei Beni Culturali all'Università di Pisa. Coltivo da sempre una passione per l'arte e la letteratura, amo il cinema e il teatro e scrivo poesie nel tempo libero. Viaggiare mi affascina e non perdo occasione di ampliare i miei orizzonti. Fare del mio diletto, la giornalista, una professione, sarebbe un sogno che si avvera. Spero di appassionarvi con i miei articoli legati al campo dell'Arte e della Cultura.

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