27 Luglio 2024

In occasione del 24° anniversario del circolo “Angelo Azzurro” di Castelfiorentino (FI), il direttore artistico Jaurès Baldeschi e l’amministrazione comunale hanno deciso di premiare con il “Giglio d’Oro” (Premio istituito nel 2001 che si ripete a cadenza biennale) due grandi registi, che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della cinematografia d’autore, vincitori di ben 3 Golden Globe, 5 Nastri d’Argento, un Leone d’Oro alla Carriera e molti altri premi e riconoscimenti:
I fratelli toscani (San Miniato) Paolo(1931) e Vittorio(1929) Taviani.

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A destra il direttore artistico Jaurès Baldeschi, a sinistra il regista Paolo Taviani con il Giglio d’Oro

L’intero evento si è concluso Sabato 24 Ottobre con la trasmissione penultimo film uscito:
Cesare deve morire”(2012) -vincitore dell’Orso d’Oro- e la sola presenza di Paolo Taviani, che si definisce un “mezzo regista”, per via di un recente ricovero del fratello maggiore Vittorio a causa di un incidente d’auto avvenuto in Capitale.


<<“Cesare deve morire” -commenta Tullio Masoni- è unico nel suo genere, per vari motivi:
prima di tutto è una splendida interpretazione dell’opera Shakespeariana, ma anche questa, come tutte le opere dei Taviani, riesce in qualche modo a fermare il tempo, è affascinante vedere il modo in cui si muovono le vicende, il tempo stesso diventa un’immagine, prende forma, lo percepiamo, ma la particolarità di questo film, oltre essere stato realizzato in bianco e nero e che ha come cast, solo ed esclusivamente carcerati ergastolani che a discapito delle aspettative hanno compiuto un egregio lavoro per un egregio film.>>

Dopo gli applausi del pubblico nel Teatro comunale Gat di Castelnuovo d’Elsa (FI), la parola passa al regista, che prima di raccontare la nascita del film, ringrazia il sindaco di Castelfiorentino Alessio Falorni e lo splendido lavoro realizzato dal direttore artistico Jaruès ì: <<Sono impressionato -dichiara Paolo- dalla cura e dal dettaglio adoperati per questo tributo alla nostra carriera. In questa sala vedo molti manifesti dei nostri film, addirittura alcuni che non avevo mai visto.>>

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Set di “Cesare Deve Morire”

<<Tutto iniziò quando ricevemmo un chiamata dall’ufficio stampa di Rebibbia il quale ci segnalava un progetto teatrale realizzato nel carcere di massima sicurezza, io e mio fratello presi dalla curiosità assistemmo ad uno di questi spettacoli… -dopo una breve pausa- lo ricordo come fosse ieri, siamo rimasti letteralmente fulminati da quello che avevamo davanti:
Un carcerato, che recitava Dante, nel canto di Paolo e Francesca, si espresse al pubblico dicendo “Voi credete che cosa sia l’amore e di conoscere il dolore della sua perdita, ma nessuno dei qui presenti, e dico nessuno! lo può capire veramente… Noi non possiamo avere il calore di una donna mentre ci addormentiamo, alcuni di noi si sono disperati per la sua compagna, hanno chiuso apposta ogni legame per non far soffrire la persona che più amavano, voi non potete capire, voi non avete idea di cosa significhi, solo noi possiamo capire veramente il dramma di Paolo e Francesca, al quale viene impedita la possibilità di amarsi…”>>
Le parole di Paolo Taviani pietrificano l’ambiente circostante, la concentrazione del pubblico è tale da dare l’idea di essere da soli davanti al regista.
<<Alla fine, ammetto che, mi voltai verso mio fratello e gli dissi “Ma che fai Vittorio? Piangi?”, e lui girandosi mi rispose “Propio te parli? Ma guarda che lacrime ti stanno scendendo!” -Dopo il caloroso tavianiapplauso dal pubblico- Quando uscimmo dalla sala non ci rendevamo ancora conto della forte emozione che avevamo provato, arrivammo alla conclusione che il nostro lavoro ci obbligava a rappresentare in una cinepresa tutto ciò. Vi rivelo un ultimo aneddoto e poi vi lascio al film:
Quando la pellicola andò a Berlino (nonostante noi fossimo contrari) non ci crederete mai ma, il presidente del festival, esordì in teatro con “Giulio Cesare”. Io e Vittorio sapevamo per certi che non avrebbe mai accettato la nostra trasposizione, ma invece, ci disse che secondo lui era la migliore interpretazione di Shakespeare che aveva visto al cinema>>

Com’è cambiato il vostro modo di lavorare, sempre in coppia, dal 1962 ad oggi?
<<Non so dire se è cambiato -afferma Paolo- sono cambiati i film, quelli si, ma il rapporto di lavoro tra me e Vittorio è sempre stato lo stesso, nonostante le divergenze e tutto, ma siamo fratelli è normale, alla fine siamo due “impiegati del cinema” che lavorano con certe regole e un certo ritmo (che in questi ultimi tempi si è un po rallentato per via dell’età), cambiano i film, noi non siamo cambiati.>>

Cos’è che vi lega
così tanto alla vostra terra natia? Cosa spinge due registi del vostro calibro a scegliere così spesso questa regione?

<<Noi non siamo stranieri, noi siamo nati e cresciuti in Toscana, da unaTavianIRitratto001 famiglia Toscana. E’ qui’ che abbiamo coltivato la nostra passione più grande: “Fare il cinema”. Ma poi siamo indubbiamente influenzati dalla cultura e dalle tradizioni toscane, non possiamo non esserlo, tutto nasce dalla verità della nostra vita e dai “quadri” che questa regione ci ha dipinto nei nostri ricordi.>>

Cosa ha spinto due giovani fratelli toscani, più di 50 anni fa, ad intraprendere la strada del cinema? Qual’è stato lo stimolo? La scintilla che ha dato vita al celebre “Duo Taviani”?


<<Facevamo il liceo, e nel tempo libero andavamo al “Cinema Italia” di Pisa, che purtroppo non c’è più, ci fu un film che si intitolava “Paisà” di Roberto Rossellini.
Parlava della guerra, la stessa guerra he avevamo vissuto anche noi, da ragazzi 3 anni prima, e vedere al cinema la realtà che avevamo vissuto ci commosse, credevamo di sapere tutto ciò che riguardasse quel momento storico, ma non era così: Il cinema ci rivelò una realtà di fondo che da soli non eravamo riusciti a comprendere, alla fine del film io e mio fratello di siamo detti:
Se il cinema ha questa forza, di rivelare a noi stessi, una nostra stessa verità, noi faremo il cinema.
Da quel giorno seguimmo questo sogno con grande determinazione, svolgendo non molto bene il percorso scolastico, non ci siamo laureati, io detti 12 esami, Vittorio invece arrivò alla tesi di laurea, arrivò all’ultimo esame e il professore gli disse: “So che lei vuole fare il regista, quindi prenda questo 18 e non si presenti più.”>>

Cosa ne pensate dei film di oggi?
<<Ho incontrato l’altra sera West Anderson e Robert Cohen, ci siamo incontrati e abbiamo parlato: dalla nostra conversazione uscì fuori che negli Stati Uniti il cinema è molto sentito, il pubblico va a vedere i film, in Italia invece, no.
In Italia purtroppo, si fanno pochissimi film, ci sono pochissimi soldi, e il pubblico è soprattutto formato da giovani che amano il cinema americano, e come biasimarli? Il cinema italiano non avendo soldi non ha la possibilità di fare dei film anche diversi, particolari, di rischiare ecc.
Qui in Italia un regista ha paura di rischiare, e ci sono dei talenti come Sorrentino, come Garrone, ce ne sono molti di registi bravi ma, altrettanti che non riescono a fare il loro film e restano nascosti al pubblico>>.

 

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Cosimo Franchini

Salve a tutti, sono uno studente di classe '95, presso la facoltà di Scienze Politiche (con specializzazione in "Studi in Comunicazione) di Firenze.
Scrivere è la mia passione più grande, spero di intrattenervi al meglio con i miei articoli, magari, strappandovi anche qualche sorriso ;)
Buona lettura.

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