«La cosa più importante è il coraggio, in particolare quello di cui non si parla mai, il coraggio di essere fedeli ai propri sogni e di combattere per essi fino alla morte».
Ironico, avventuroso e utopico è il Don Chisciotte interpretato da un intenso e convincente Alessio Boni insieme alla poliedrica e strepitosa Serra Yilmaz nei panni di Sancio Panza, portato in scena lo scorso 15 e 16 febbraio al Teatro Verdi di Pisa.
Il sapore tragicomico del romanzo Don Chisciotte della Mancia di Miguel De Cervantes Saavedra (1605 e 1615) è restituito pienamente dalla drammaturgia riscritta dallo stesso Boni insieme a Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e Francesco Niccolini.
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Don Chisciotte
Fin dall’inizio decisamente onirico, il protagonista Don Chisciotte, il perdente di successo, si fa portavoce di valori cavallereschi ormai perduti. Con una convincente modulazione della voce rauca e forzata, Boni calza molto bene i panni di un uomo visionario, che sfugge all’insensata apparenza del quotidiano, lanciandosi in eroiche ma catastrofiche avventure tenendo fede al suo amore per Dulcinea del Toboso.
Di altro spessore è il Sancho Panza di Serra Yilmaz, caratterizzato da un passo pacato e inerziale, che lo rendono naturalmente ironicamente comico. Il suo unico scopo è quello di guadagnare abbastanza soldi per mantenere la sua famiglia.
Ogni avventura che affrontano insieme aumenta la loro amicizia e complementarietà, pur nella lucida follia e nelle allucinazioni del protagonista, lottando contro i mulini a vento con determinazione.
Sancho rappresenta la parte razionale e coscienziosa del Don Chisciotte, colui che cercherà inizialmente di farlo desistere dalle sue imprese, per poi assecondarlo completamente fino a spronarlo a inseguire i propri sogni, nonostante i dettami della società.
Don Chisciotte pensa di stare in un mondo di regole, si veste a cinquant’anni della sua armatura e pensa di sistemare il mondo e renderlo migliore per i posteri, senza scendere a compromessi. Questa è la modernità del protagonista: scardina le regole della società, portando avanti ideali di virtù, onore e giustizia, ormai perduti, in nome dell’amore.
Bravi anche gli altri personaggi che interpretano la famiglia di Don Chisciotte e i malcapitati che fronteggiano l’impetuoso cavaliere errante, Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari e Elena Nico.
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– Guardi bene la signoria vostra, soggiunse Sancio, che quelli che colà si discoprono non sono altrimenti giganti, ma mulini da vento, e quelle che le paiono braccia sono le pale delle ruote, che percosse dal vento, fanno girare la macina del mulino.
— Ben si conosce, disse don Chisciotte, che non sei pratico di avventure; quelli sono giganti, e se ne temi, fatti in disparte e mettiti in orazione mentre io vado ad entrar con essi in fiera e disugual tenzone.
Bellissimo e ingegnoso anche il cavallo Ronzinante, fedele amico del protagonista, dalle fattezze tanto realistiche quanto espressive, mosso da Nicolò Diana. Di altra fattezza è l’asinello indossato da Sancho Panza: una ciambella con le fattezze dell’animale, con il quale ciondola per il palco.
Le scenografie e gli oggetti di scena in cartapesta valorizzano l’ambientazione fiabesca. I fondali in tessuto, le azioni che vengono suggerite da oggetti drammaturgici come la pala del mulino a vento che scende dall’alto o un albero accanto al quale siedono i due pastori, stimolano l’immaginazione dello spettatore, in linea con le avventure del cavaliere che compie le sue imprese nel dietro le quinte.
Un Don Chisciotte avvincente e ben riuscito che rappresenta il popolo: affronta la vita in continuazione, senza lasciarsi vivere. Un combattente che, nonostante le disavventure e vicessitudini si rialza e lotta. Un bellissimo esempio di grande umanità e coraggio da cui possiamo, ancora oggi, trarne spunto.
Sono don Chisciotte, e la mia professione è quella di cavaliere. Le mie leggi sono sciogliere i torti, elargire il bene ed evitare il male. Fuggo dal dono della vita, dall’ambizione e dall’ipocrisia, e cerco per la mia gloria il sentiero più angusto e difficile. È forse da sciocchi?