29 Aprile 2024

Il tema principale delle manifestazioni del 1° Maggio 2018 è stata sicuramente la “gig economy” o superficialmente chiamata “l’economia dei lavoretti” che vede protagonisti alcuni attori europei come Foodora, Deliveroo e Just Eat, i quali hanno importanti attività in Italia.

Le tre sopracitate, sono società che, generalmente, consentono a una qualsiasi persona di ordinare un piatto, una bevanda o pietanza direttamente nel locale più vicino a essa, utilizzando il proprio smartphone per finalizzare il processo d’acquisto e avendo la consegna in tempi rapidi, massimo 30 minuti.


Consegna che avviene grazie a dei “riders” o più comunemente “fattorini in bicicletta” armati di pettorina identificativa, i quali girano in lungo e largo le città per rispettare le richieste del cliente…e anche dell’App.

Si, l’App o meglio l’algoritmo..che nel caso di Deliveroo si chiama Frank, nel caso di Foodora e Just Eat il nome non è specificato. Algoritmo che è predittivo, ossia gestisce nel modo più efficiente l’assegnazione degli ordini in base alla posizione dei ristoranti, dei riders e dei clienti.

Foodora, principalmente, è stata protagonista delle manifestazioni, poiché a Torino, qualche giorno prima, è stato respinto il ricorso di sei riders che avevano intentato una causa civile contro la società tedesca, contestando l’interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni del 2016, organizzate per ottenere un giusto trattamento economico e normativo, pari almeno a quello dei colleghi degli altri Paesi in cui Foodora opera.

L’obiettivo dei riders era quello di vedersi riconosciuto dal giudice lo status di lavoratori dipendenti e, invece, il tribunale torinese ha ritenuto che i riders sono collaboratori autonomi, non legati da un rapporto di lavoro subordinato con Foodora.

 

In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, destinata comunque a fare letteratura, si può solo sottolineare come siano state accolte le tesi dei legali dell’azienda, secondo i quali «i riders accedono alla piattaforma dei turni e decidono quando e in che misura dare la loro disponibilità». Non c’è scritto da nessuna parte «che il rider debba offrire una disponibilità minima, in un mese si sono registrate addirittura settanta defezioni di ragazzi che semplicemente si sono dimenticati di aver preso l’impegno». Sul versante opposto, gli avvocati dei riders ricorrenti, Giulia Druetta e Sergio Bonetto sostenevano che i loro assistiti «fossero totalmente assoggettati al potere del datore di lavoro, ogni loro movimento era tracciato con un controllo totale degli orari che potevano essere modificati anche senza preavviso»” (cit. da Corriere della Sera 11.04.2018).

 

Aldilà del fatto in sé per sé, per il quale invito ognuno a farsi una propria idea, quello che mi preme sottolineare è che il Digitale, in questo contesto può e deve migliorare!


Come?

Anzitutto non calandolo dall’alto, ma presentando un piano d’investimento e quindi di lavoro a coloro che rappresentano, nelle sedi opportune, gli organismi principali della città e, discutendone poi, con le associazioni di categoria, per mettere in atto quel confronto e quel dialogo, che in casi simili, avviene sempre quando il dado è tratto.

Evitando poi la strumentalizzazione del fatto successo e quindi evitando le inevitabili polemiche che si creano..

Inoltre, (e qui mi piacerebbe rivolgermi a Deliveroo, Foodora, etc) evitando di dire frasi del tipo “è la tecnologia che ci guida” o “Frank, l’algoritmo sceglie..”, poiché si dà tantissima importanza a un mezzo o strumento, creato per migliorare le prestazioni(almeno nelle premesse iniziali), ma che in realtà finisce per voler gestire il lavoro delle persone umane, le quali hanno emozioni, sentimenti, pensieri, comportamenti, necessità, non identificabili da macchine come Frank.

Infine, il Digitale in casi come questo va migliorato, per trovare poi una quadra al mercato del lavoro a esso collegato, poiché se non si interviene preventivamente, si rischia che situazioni così diventino abitudinarie e non facilmente gestibili.

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