19 Aprile 2024

L’articolo è stato scritto a quattro mani da Michele Parisi e Natalia Novi

***


Sabato scorso, alle 21 e qualche minuto, il teatro Goldoni ha accolto sul palco, tra applausi e curiosità, il celebre balletto La sagra della primavera, nella reinterpretazione di Virgilio Sieni. Considerando che la sala è, come ovvio, composta non solo da un pubblico musicalmente preparato, ciò su cui questo adattamento de Le sacre si focalizza è il coinvolgimento emotivo: vogliamo dire che guardare un balletto con occhi profani porta inevitabilmente a indirizzare lo sguardo su particolari magari insignificanti, comunque marginali, e a far passare per le ampie maglie della propria ignoranza ciò che di più fondamentale i corpi vogliono comunicare. Tutto ciò, bisogna riconoscerlo, non capita quando si assiste alle coreografie messe in scena da Sieni. Anche una vaga idea di quanto è primitivo basta, perché poi il resto è rimesso al coinvolgimento personale dello spettatore. E infatti, iniziato lo spettacolo, sono subito molti gli occhi affascinati dalla platea, mentre i corpi sul palco si muovono con una facilità disarmante: corpi nudi che si intrecciano, si toccano e si guardano; corpi che parlano semplicemente ballando; corpi che fanno calare in un mondo primordiale costruito sulla musica. Proprio nel rapporto con la musica i corpi riescono a plasmare e scolpire se stessi, in un modo discontinuo, spezzato, aritmico. E non nel senso di senza ritmo, ma nel senso di tipico dell’aritmia. Indizio di assoluto primitivismo, in cui la musica parte dal rumore degli organi. Il primitivo è del resto ciò che vuole comunicare Le sacre di Stravinskij, descrizione in musica di una Russia arcaica e pagana, in cui il sacrificio umano, perpetrato mediante sfinimento fisico, è propiziatore della bella stagione. Con questa interpretazione, Sieni fa emergere con assoluto vigore quanto il corpo, specie il corpo della donna, sia un mondo flessibile ma al contempo infinito, selvaggio e difficile da scoprire.

La prima parte dello spettacolo è un Preludio su partitura di Daniele Roccato. Una musica a tratti anche dolce e rilassante che viene anteposta alla potenza di Stravinskij. In questo spazio – ed è il caso di usare la parola spazio anche e soprattutto per la musica – si muove un unico corpo formato da sole donne, che nascono primordialmente in un angolo del palcoscenico per poi guadagnarsi progressivamente porzioni di spazio – qui propriamente – talora in un modo forsennato e contrastante con ciò che ci si aspetterebbe nel tradurre il suono in atto del corpo. Tutto però torna spesso raccolto, raramente si dilata, e, quando lo fa, raggiunge ogni angolo del pavimento e dell’aria con movimenti ampi, direzionando ogni arto, tutte le membra.

Si apre poi la seconda parte, il balletto di Stravinskij, che vede nuove aggregazioni di copri, divenuti undici tra uomini e donne. Inutile soffermarsi sulla genialità della musica: ciò che preme sottolineare è che le coreografie non lasciano sfuggire nemmeno un dettaglio della storia che Sieni ci sta raccontando, nel vertiginoso susseguirsi in scena di figure: uomo, donna, donna, uomo fino ad arrivare all’eletta, con la sua fragile ma potente persona, che cattura gli occhi senza dare spazio a ipotesi, suggerendo quasi inconsciamente la sua centralità. Un corpo mosso dai corpi come un burattino, come figura priva di sensi, inanimata; che poi muove esso stesso passi a tratti concitati, poi più distesi, poi frenetici, con quella leggerezza e quell’esplosione di vita che solo la primavera è in grado di portare nell’anima di tutti.

Non è un balletto classico, con ballerine in tutù. Sono corpi che si muovono con straordinaria semplicità, costruendo nello spazio un’architettura di corpi, prima disposti in semplici traiettorie, poi tesi a comporre piramidi, per posarsi a volte in modo statuario o volteggiare come ne La danza di Matisse.

È solo questione di comunicare col corpo, dunque. Pur volendosi allontanare dalle classiche impostazioni del tribale che hanno caratterizzato le rappresentazioni de La sagra della primavera, Sieni in realtà restituisce con enorme potenza il primitivo. È uno spettacolo bello, intenso; uno spettacolo che fa bene al corpo.

Michele Parisi


Natalia Novi

Show Full Content
Previous All you Need is Cinema: I Film da Vedere nella Vita! (#16-20)
Next All you Need is Cinema: I Film da Vedere nella Vita! (#331-335)

Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Close

NEXT STORY

Close

Il fallimento nel mondo dei social: primo incontro del ciclo “F.A.I.L.” con Valentina Savi

2 Febbraio 2023
Close