19 Aprile 2024

In questi giorni di festa, tra una fetta di pandoro e un torrone c’è una cosa di cui tutti stanno parlando e no, non si tratta di cosa faremo a Capodanno ma della serie The Witcher che Netflix ci ha fatto trovare sotto l’albero. Sì perché il 20 Dicembre Netflix ha finalmente caricato sulla propria piattaforma online l’attesissima serie The Witcher.

The Witcher è una serie fantasy tratta dai libri di Andrzej Sapkowski, una saga divenuta ormai celebre non solo per la bravura dell’autore polacco ma perché da essi sono stati tratti una serie di videogiochi di successo che hanno alimentato esponenzialmente anche la fama della stessa opera letteraria.


La prima stagione di The Witcher conta 8 episodi di circa 50 minuti l’uno ed è stata girata tra Ungheria e Isole Canarie. Luoghi e scenografie che forniscono a questa storia una cornice meravigliosa e davvero azzeccata.

Ma la serie targata Netflix non ha avuto fin da subito vita facile. Nei mesi che ne hanno preceduto l’uscita ci sono state tante critiche perlopiù legate al casting e ai dubbi riguardo la fedeltà che la serie tv avrebbe tenuto coi libri.

E durante la fase di promozione della serie una delle tappe più importanti è avvenuta proprio in Italia. Precisamente al Lucca Comics dove la showrunner Lauren Schimdt Hissrich insieme a Sapkowski e alle attrici Anya Chalotra (Yennefer) e Freya Allan (Cirilla) sono saliti sul palco del Cinema Moderno per mostrare in anteprima assoluta il trailer e annunciare la data di uscita.

Un evento davvero esclusivo al quale ho avuto la fortuna di partecipare ma che mi aveva lasciato sensazioni contrastanti. Perché se da un lato le due attrici mi avevano convinto, dall’altro l’autore si era rivelato criptico e la stessa creatrice mi aveva lasciato qualche timore. Timori che per il momento sono stati ampiamente fugati.

In particolare se c’erano perplessità anche sulla scelta di Henry Cavill l’attore ha dimostrato di vestire in maniera magistrale i panni dello Strigo. Io per primo avevo dei dubbi sulla sua scelta ma devo ammettere che Netflix ci ha visto giusto. Come raccontato in alcune interviste, Cavill è un grande fan della saga e nella sua interpretazione traspare tutta la sua passione per il personaggio. Una passione e un lavoro che si manifesta in maniera ancor più evidente se si guarda la serie in lingua originale, dove i fan potranno facilmente riconoscere nella voce dell’attore britannico lo stesso timbro vocale del personaggio della serie videoludica.

Ma non solo, perché se i combattimenti magistralmente orchestrati e le scene di azione sono tra gli elementi più positivi di questa serie ci tengo a sottolineare come Henry Cavill, per immedesimarsi ancor di più col personaggio di Geralt, non abbia usato alcuna controfigura.


Chiaramente quando Cavill calca la scena dimostra un magnetismo che gli altri personaggi fanno fatica a contenere ma anche Anya Chalotra (Yennefer) nonostante le tante perplessità ha svolto degnamente il suo compito. Freya Allan (Ciri) non è stata da meno ma è nelle prossime stagioni che il suo personaggio sboccerà definitivamente ed è lì che potrà dare ancor più prova di sé.

Anche la regina Calanthe rispecchia la controparte cartacea così come Ranuncolo, simpatica spalla comica del protagonista.

Ma alla serie Netflix The Witcher va riconosciuto un grande merito, il fatto di aver cercato di riportare sul piccolo schermo in maniera fedele i racconti dei primi due libri. Certo, alcuni racconti sono stati saltati, in alcune puntate i racconti di Sapkowski sono stati un po’ riadattati ma non si può che essere soddisfatti. In particolare il terzo episodio è quello che personalmente ho apprezzato di più. Un episodio ricco di azione e mistero nel quale emerge anche quella componente horror tipica del gioco e che vorrei senz’altro ritrovare nelle prossime stagioni.

Tendenzialmente la serie ha raccolto molti pareri positivi ma tra le critiche negative più ricorrenti c’è quella relativa ad una presunta lentezza dello show. Ma questa della “lentezza” è un tema che merita di essere approfondito. Chi conosce la saga letteraria sa che i primi due libri sono proprio strutturati in questo modo. Di fatto “Il guardiano degli innocenti” e “La spada della verità” sono una raccolta di racconti, dunque se le puntate sembrano “slegate” tra di loro è semplicemente questo il motivo.

Gli stessi libri presentano la medesima struttura e questo, dal mio punto di vista, non può che essere un punto a favore per una serie che si propone di realizzare un progetto così ambizioso. Ricordiamoci che trasporre l’intera opera di Sapkowski sullo schermo non è un scherzo,  si tratta di una saga composta da ben 8 libri ed è un’impresa assolutamente mastodontica.

Ma volendo proprio trovare l’ago nel pagliaio, direi che a parte alcune scelte di casting di alcuni personaggi secondari che non definirei proprio felicissime, il punto più dolente è quello dei flashback e della CGI.

Per chi non ha letto i libri o giocato al videogame non sarà stato facile orientarsi tra gli eventi degli episodi poiché essi sono narrati su due piani temporali differenti che tenderanno a ricongiungersi solo nell’ultima puntata. E’ sicuramente un elemento che potrà aver creato confusione ma qui è stata evidente la volontà di Netflix di voler inserire fin da subito il personaggio di Cirilla. Personaggio che, seguendo i racconti dei primi due libri, fino al termine del secondo libro non sarebbe stato altrimenti possibile inserire.

Sicuramente anche la CGI era quello che era ma il poco budget a disposizione per gli effetti speciali è stato senz’altro bilanciato da un ottimo lavoro di make up nella creazione dei mostri. Forse l’unica cosa sulle quale avrei da ridire è l’ultima puntata che invece di rappresentare lo zenith di questa stagione non l’ho trovata coinvolgente come le puntate che l’avevano preceduta. Sicuramente nelle intenzioni di Netflix c’era quella di regalare agli spettatori una grande battaglia ma forse è proprio qui dove il poco budget si è fatto più sentire perché anche a livello di regia risulta caotica e poco chiara.

Netflix con The Witcher ha saputo cogliere la palla balzo, si è fatta trovare al posto giusto, nel momento giusto col prodotto giusto.

Il colosso dello streaming ha saputo interpretare la volontà popolare e, approfittando della fine indecorosa e piena di strascichi di Game of Thrones, ha tirato fuori dal cappello The Witcher. Una serie che in qualche modo si propone di andare a colmare quel grande vuoto lasciato da GOT. La serie giusta al momento giusto.

Certo, una precisazione è d’obbligo. The Witcher non è Game of Thrones, si tratta di due fantasy completamente diversi e questo deve essere assolutamente chiaro prima che venga azzardato un qualche genere di paragone. The Witcher non presenta la stessa profondità che la penna di Martin ha saputo regalare alla propria saga né gli intrighi politici sapientemente orchestrati ma presenta altri fattori che l’hanno resa una delle prime opere nel panorama fantasy contemporaneo.

In The Witcher ci sono il destino e l’uomo con le sue scelte al centro della scena. C’è chi lo teme, chi tenta di piegarlo alla propria volontà e chi se ne fa beffe ma il destino prima o poi torna sempre a chiedere il conto. Ma c’è un’altra e più preziosa lezione che emerge nelle pagine di Sapkowski. Perché anche se ci troviamo in un mondo popolato da mostri, quello che in realtà si dimostra essere il più pericoloso e malvagio di tutti è proprio l’uomo.

“La spada del destino ha due lame. Una sei tu.”

Tirando le somme il mio giudizio è più che positivo ed il fatto che Netflix abbia già rinnovato la serie per un’altra stagione fa capire quanto sia stata accolta con favore. E di questo non possiamo che esserne felici anche perché questa prima stagione è servita solo a presentare i personaggi, sarà con la seconda stagione che si entrerà finalmente nel vivo della storia.

E sinceramente non vedo l’ora.

 

Alessio Nicolosi

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