3 Dicembre 2024

Renzi ha dichiarato che la legislatura finirà nel 2018, come previsto, a prescindere dal risultato del referendum costituzionale. Questa presa di posizione ha scatenato il fronte schierato a favore del “No” contro il nostro Presidente del Consiglio. Affermando ciò, infatti, Renzi ha negato che si dimetterà se vincerà il “No”, come aveva invece precedentemente sostenuto. Questa contraddizione è stata fortemente percepita da buona parte dell’elettorato che aveva pensato di andare a votare contro il referendum per far cadere questo governo e quindi questa parte ha reagito in massa.

La reazione di questi, in effetti, è pienamente comprensibile, da questo punto di vista. Renzi ha commesso fin dall’inizio un errore notevole nel voler legare questo referendum a doppio filo con il proprio mandato. Così facendo infatti ha implicitamente chiesto all’elettorato italiano di porre una fiducia sul proprio operato. Com’è logico che sia, ciò ha totalmente annullato la discussione nel merito del quesito referendario e l’ha appiattita in una dialettica pro/contro governo Renzi.


L’argomento centrale di questo articolo però non riguarda una valutazione della strategia politica di Renzi sul referendum. In realtà, non riguarda neanche il quesito stesso nel merito. Ciò che ritengo più utile approfondire al momento è il livello di confusione dell’opinione pubblica. Si badi però che la confusione di cui parlo non è quella di buona parte dell’elettorato nel merito del contenuto della riforma costituzionale. Quella è pienamente comprensibile, da un certo punto di vista, essendo una riforma recente e molto complessa.

La confusione di cui parlo io è meno riconoscibile e più profonda. Questa riguarda i principi costituzionali del nostro ordinamento ed è meno “perdonabile”, dal punto di vista di chi scrive. La Costituzione Italiana infatti è sì complessa, ma molto più longeva; troppo per non essere abbastanza conosciuta. Probabilmente la maggior parte di chi leggerà queste parole si chiederà cosa c’entra ciò con le polemiche su Renzi e, per questo, vi allego le dichiarazioni incriminate.

Renzi

 

Nel primo trafiletto, vediamo riportata questa frase: “Se perdo il referendum vado a casa, è questione di serietà”. Questa frase, se correttamente interpretata, può voler dire solo una cosa: se Renzi perderà il referendum, rimetterà il suo mandato al Presidente della Repubblica. Come dovrebbe ben sapere l’elettore medio, questa eventualità non implica che si debba tornare alle urne. L’elettore medio dovrebbe infatti sapere che l’Italia è una repubblica parlamentare. Come tale, è il capo di Stato che eventualmente convoca elezioni anticipate dopo le dimissioni del capo di Governo.

Se ipoteticamente Mattarella riuscisse a trovare un nuovo capo di Governo che potesse ottenere la fiducia, sarebbe pienamente legittimato a nominarlo. Infatti, il Presidente del Consiglio, in Italia, viene nominato, non eletto. Anche questo, l’elettorato, a volte, sembra scordarlo. La seconda dichiarazione di Renzi quindi non è assolutamente in contrasto con la prima. Lui può dimettersi senza mettere a repentaglio il naturale decorso del termine della legislatura.

Se proprio volessimo essere puntigliosi, potremmo sostenere che, nella seconda dichiarazione, Renzi è stato forse superbo. In effetti, come può lui sapere che decisioni prenderebbe Mattarella, se lui si dimettesse? Ovviamente lui non lo sa per certo, ma, in effetti, è lo scenario più probabile. Se Renzi si dimettesse infatti,  probabilmente la maggioranza proporrebbe un sostituto che otterrebbe la fiducia come l’ha ottenuta Renzi finora.

In conclusione, temo che buona parte dell’elettorato, prima di ergersi ad inquisitore morale della politica, necessiti di un’ottima infarinatura di diritto costituzionale.


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Davide Motta

Ho 19 anni, sono di Livorno e studio economia a Roma. Sono appassionato di politica, e filosofia. La mia "dichiarazione di poetica" si può riassumere in una frase di Feuerbach: "Non è Dio ad aver creato l'uomo, ma l'uomo ad aver creato Dio".

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