5 Maggio 2024

Il 29 Ottobre alle ore 21 si è aperto il sipario del teatro Goldoni di Livorno e la stagione 2019/2020 di prosa è ufficialmente cominciata con una pièce tanto rinomata quanto affascinante: “Un tram che si chiama desiderio”.

Nonostante il maltempo il teatro era gremito, tutti pronti ad assistere alla rappresentazione diretta dal grandissimo Pier Luigi Pizzi, ed interpretata da due mostri del teatro come Mariangela D’Abbraccio nei panni di Blanche DuBoise e Daniele Pecci in quelli di Kowalsky.


Il dramma racconta la storia di una donna di nome Blanche DuBoise che si trasferisce dalla sorella Stella, che vive a New Orleans con il marito Stanley Kowalsky.
In un primo momento Blanche sembra solo di passaggio, ma col tempo vengono fuori i problemi economici che Blanche stava affrontando nella città natale, nonché quelli legati al sesso e all’alcol.
La relazione tra Stella Stanley viene deteriorata dall’arrivo di Blanche facendo fuori uscire tutti i problemi quotidianamente celati dai due.

Per chi conosce il dramma scritto da Tennesee Williams nel 1947, o che comunque ha visto il film diretto da Elia Kazan del 1951 sa già cosa aspettarsi. Il ritmo sempre più incalzante, la follia di chi non ha più niente in tasca e nel cuore, il dolore limitato ed acuito dall’alcol e la vita che passa mentre si attende il miracolo, il finale tanto agognato, il realizzarsi del sogno tanto promesso dalla società americana.
Senza contare gli importanti riferimenti alla omosessualità, alla violenza sulle donne e al maschilismo, delineando dunque il dolore a 360° senza giri di parole.

Tutto ciò è stato prontamente riportato sul palco del Goldoni, con una prestazione magistrale dei due protagonisti e con una buona prestazione della compagnia composta da Angela Ciaburri, Stefano Scandaletti, Gabriele Anagni, Erika Puddu, Massimo Odierna.

Tecnicamente parlando è da sottolineare, la scelta delle luci, sempre ben calibrate,la quale è risultata egregia, portando lo spettatore nella piccola dimora dove Stella e Stanley Kowalsky vivono, facendolo sentire come spettatore del dramma in prima persona.

In definitiva la rappresentazione è riuscita molto bene. Il dolore dei personaggi, ognuno portatore di una propria croce, è entrato come una freccia nell’animo dello spettatore, facendo sorgere la classica domanda: se effettivamente si è cattivi o se semplicemente lo si diventa in base alle nostre esperienze pregresse, siano esse aver partecipato alla guerra, aver subito un grave lutto o non vivere la vita da sempre sognata.
Questi dolori danzano tra di loro in un lugubre girotondo, fino a chiudersi intorno alla protagonista (eroina, carnefice o capro espiatorio) che ormai stanca di tutto, accetta il suo destino con rassegnazione.

Comincia dunque col botto la stagione di Prosa del 2019/2020 del Teatro Goldoni di Livorno, portando un classico della drammaturgia sul palco della città labronica; un buon inizio, comportante alte aspettative per il futuro.


 

 

Francesco Gadducci

 

 

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