27 Luglio 2024

Si chiama Irene Carmassi è di di Livorno, precisamente di Torretta Vecchia, un paesino immerso nelle campagne livornesi , dove tutt’ora ha quella che lei chiama casa anche se a 22 anni si ritrova a vivere e studiare tra Milano e Livorno.
Da poco tempo è stata presa alla NABA , Accademia delle Belle Arti di Milano, dove si dedicherà al foto giornalismo, entrando in contatto con agenzie molto importanti.
Fino ad ora  nella sua vita l’unica cosa che ha mantenuto con costanza è stata la fotografia, tant’è che da essere la  sua più grande passione è diventata una vera e propria professione, la penna con la quale comunicare i suoi pensieri, ciò che vede in una scena , ciò che l’attrae e ciò che vuole fermare con un ” click” per tenerlo per sempre lontano ed inalterato dal tempo.
Quello che l’ha sempre affascinata della fotografia infatti è proprio il suo “metterla in contatto con ciò che ho intorno” e la possibilità, come in ogni altra arte, di poter interpretare in molti modi la fotografia, ritenendo proprio la pluralità dei punti di vista fondamentale in ogni rapporto umano.
La fotografia rappresenta per lei lo strumento con il quale percepisce il mondo.
La fotografia però rispecchia, per lei, anche la volontà di immortalare la verità.

Ha iniziato da poco un progetto “Sorridere è possibile” che parla di homeless, senza tetto, che nonostante la loro vita trascorsa per la strada continuano a sorriedere.


La fotografia parla per lei,  “Tutti abbiamo il bisogno inarrestabile di comunicare , in ogni modo, in ogni momento della nostra vita o più semplicemente abbiamo bisogno di comunicare ciò che vediamo, sentiamo  e proviamo. Io ho scelto la fotografia… O forse ci siamo scelte insieme”, ci dice Irene.

Un altro progetto su cui l’artista sta lavorando è “Diversi corpi diverse bellezze”, in cui la fotografa vuol  descrivere la realtà di ogni donna  e parlare di un tema a lei molto caro e sentito.

Ha voluto fotografare donne, diverse le une dalle altre, per far capire a tutti noi che la bellezza è in ogni donna, in modo diverso.

Ecco perchè il titolo : “Diversi corpi diverse bellezze”.
Un progetto che parla a tutte quelle ragazze che non si accettano cadendo in trappole infernali come: Anoressia o Bulimia.
La fotografia dunque rappresenta molto di più di una semplice passione per lei.

 “È come la penna di uno scrittore, il palco per un attore , il pennello per un pittore. È il mio mezzo per comunicare”, conclude Irene.

Passiamo alle domande:


image1-Quando hai iniziato a prendere in mano la macchina fotografica?

Non c’è un ‘età precisa in cui ho iniziato ad amare la fotografia: mi ricordo che , quando ero piccola, una volta tentai di costruire una macchina fotografica di topolino.
Ogni settimana usciva un giornalino di topolino  e insieme al libretto davano i pezzi per costruire una macchina fotografica! Dunque la passione per la fotografia ce l’ho da tantissimo!
Inizialmente prendevo la Nikon di mio padre che me la prestava ogni volta con questa frase: “Ire prendila, ma non la rompere!”.
Nel dicembre del 2005, sempre mio padre, mi regalò una piccola compatta della Sony, tenuta stretta fino al 2011, poi finite le superiori ( con un anno di ritardo) mio padre mi regalò una reflex     (sempre della Sony).
Ho aspettato così tanto perché sono sempre stata una persona che cambia idea molto facilmente, e mio padre aveva giustamente paura di fare un investimento così costoso con me, invece più che passava il tempo più che la mia macchina fotografica faceva parte di me, la portavo ovunque, in qualsiasi situazione c’era lei, era ed è il mio modo di vedere, il mio mezzo per esprimere i miei pensieri.
La frase che mi disse mio padre nel 2005 si rivelò veritiera “Ire, ti volevo regalare una reflex, ma per ora vai avanti con questa,(la compatta della Sony), se è una tua passione … VERA… si vedrà con il tempo”.

image22-Quali sono le sensazioni che provavi nel tenerla in mano? Sono cambiate durante questi anni?

Le sensazioni che provavo nello scattare e nel tenere in mano una macchina fotografica sono sempre state quelle della “voglia di scattare” voglia di scoprire, immortalare, cercare particolari, è quella di innamorarsi ogni volta di una determinata scena, di un particolare.. Ogni volta la sensazione è quella di tenere vicina a me la macchina fotografica perché quel che vedo non accadrà una seconda volta.
E se non accade più? Lo voglio tener vicino a me, per il resto della vita, rivedendolo un giorno con occhi diversi e magari condividerlo con altri e scoprire che quel che vedo io non è quello che vedono gli altri!
È una cosa meravigliosa!
Penso che le mie sensazioni siano rimaste sempre le stesse, forse vissute in modo diverso, però so che fotografare è il mio modo per esprimermi, è il  modo per far vedere come vedo una scena.
Una fattore che indubbiamente cambia con l’età ma che mi porta ad amare quel piccolo insieme di tasti, lenti, suoni,che porta, mi porta fuori quel che ho dentro.

 3- Hai definito nel tuo excursus vitae che la fotografia è “ciò che mi attrae e ciò che voglio fermare con un ” click” per tenerlo per sempre lontano ed inalterato dal tempo”, ma non è un artificio umano, quasi un cliché, il voler rendere inalterato ciò che ci circonda perché l’uomo non è in grado di accettare il cambiamento?

La domanda che mi poni è giusta, infatti ciò che intendevo non era “non accettare il cambiamento”, ma bensì tenere un qualcosa per sempre come è in un secondo. Ad esempio una determinata espressione di una persona non ricapiterà mai più, questo non significa che non sia altrettanto bello rifotografare la stessa persona dopo anni, ma solamente che lo scatto mi permette di mantenere quello che il tempo muta e cambia, rendendolo ugualmente interessante e particolare, ma mai uguale a prima. Ecco perché amo la fotografia: permette di rivedere dopo anni il cambiamento pur mantenendo in ogni caso le caratteristiche irripetibili di un soggetto o di una scena in un determinato momento.

Processed with VSCOcam with lv02 preset4-La fotografia a colori e quella in bianco e nero sono per te due modi di esprimerti. Quali emozioni suscitano in te? Vi sono delle differenze oltre quelle visive?

La fotografia “in bianco e nero” ovviamente è la mia preferita per il semplice fatto che mette in risalto alcuni aspetti, quelli che per me sono importanti, “il bianco e nero” permette due colori. Consente di concentrare l’attenzione su una scena. “Il bianco e nero” è un modo di vedere ciò che mi circonda, amo “il bianco e nero”, mi immagino, già prima di fotografare, una scena in bianco e nero, non è solamente un fattore visivo, ma è come io vivo una scena, una persona e le vivo in bianco e nero. Soprattutto con le persone, “il bianco e nero”, permette di tirar fuori aspetti, espressioni, lineamenti che i colori, a mio parere, non metterebbero in risalto. In certe situazioni, soprattutto se lavori in un giornale e segui la professione di photo reporter, ti viene chiesta la fotografia “a colori”, e come in ogni altro lavoro bisogna saper accettare ciò che ci viene richiesto.

I colori invece sono molto importanti quando non si tratta di un particolare, ma quando è la foto stessa protagonista, quando l’intera scena è importante. Nel mio progetto “Non farti mangiare dalla bellezza/ perfezione … Mangiala tu!” ci sono più scene in cui come protagonisti abbiamo: il tavolo, i piatti, il cibo ( in questo caso una barbie servita in modi diversi: dal panino con la barbie, alla barbie con insalata e così via) le persone e le loro espressioni, insomma tanti particolari che diventano i protagonisti. I colori permettono di portare la nostra attenzione su tali aspetti e già prima di scattare mi immaginavo queste foto con colori belli accesi, in cui tutta la scena fosse la protagonista di questo messaggio.  E più di ogni altra cosa che il messaggio fosse chiaro.

5-Qualora tu fotografassi uno stesso soggetto sia in bianco e nero che a colori le sensazioni che emergono da tali fotografie è contrastante? Possono essere le due tecniche complementari?

Come emerge dalla mia precedente risposta  non scatto prima a colori e poi cambio in bianco e nero.
Io scatto direttamente in uno dei due modi.
Se mi immagino una scena a colori la scatto a colori, altrimenti in bianco e nero.
Prima dello scatto fotografico “la foto ce l’ho dentro la mia testa, dentro ai miei occhi”.
Non ho mai provato a scattare una foto in bianco e nero e poi a colori, indubbiamente susciterebbe attenzioni ed emozioni diverse, però non fa parte del mio modo di scattare.

6-Cosa pensi delle macchine fotografiche analogiche e quelle digitali? Invece le foto eseguite tramite telefonini? Possono anche queste ultime essere un tramite dell’Io interno della persona con il mondo esterno o il cellulare è solo un mero strumento di mortificazione in confronto alla macchina fotografica e alla professione di fotografo stessa?

Secondo il mio punto di vista si può fare delle bellissime e toccanti foto anche con il cellulare, con una reflex, con una compatta o con una “usa e getta”.
Non vi è un mezzo più o meno idoneo che riesca a portare fuori un pensiero: prima di tutto bisogna averci “il pensiero”, poi oggi come oggi anche i cellulari fanno delle foto molto belle, personalmente mi diverto a scattare con il cellulare, in particolar modo i murales, e sono anche iscritta a Instragram.
Secondo me tutto questo è paragonabile ad uno scrittore che scrive con un tablet, importa il contenuto di una foto, proprio come in un libro, non importa lo strumento.
Cosa penso delle analogiche e delle digitali?
Non sono mai stata una persona che guarda con occhio scettico la digitale considerando la fotografia figlia solo ed esclusivamente della analogica.
Sono cresciuta con la digitale, ma comunque ho diverse analogiche!
Tutto ciò che scatta delle foto mi piace!
La foto la crei te in ogni caso che sia analogica o digitale; poi ovviamente la digitale ha degli effetti più immediati e se si vuole anche più di basso costo, l’analogica ha delle tempistiche più lunghe, ma in ogni caso ciò che esce è sempre la “tua” foto.
In un modo o in un altro.

7-Nella tua biografia affermi “La fotografia però rispecchia anche un ‘altra parte di me , quella di immortalare la verità”. Cosa intendi per verità? Esiste una verità inequivocabile?

Secondo me ognuno ha delle “proprie verità”.

Ognuno in ogni aspetto della sua vita quotidiana, ogni persona è ciò che ha visto,vissuto, sentito, fatto e quindi nella vita quotidiana le verità sono molteplici e non c’è niente di più bello. Poi esistono anche verità inequivocabili, lontane dai nostri “problemucci” quotidiani. A mio parere sono verità inequivocabili: il fatto che la guerra provochi morte, la distruzione che semina l’uomo sul pianeta, i disoccupati di 24 anni, il fatto che il razzismo e il fascismo non si dovrebbero mai più ripresentare. Il problema è che ci dimentichiamo cosa c’è stato prima di noi rendendo alcune “verità inequivocabili” dei punti di vista. Invece non è così.

SONY DSCLa gente non vuole guardare in faccia la realtà, non vuole stare male, ma purtroppo non si può vivere guardando solo al proprio piccolo. Ognuno con il proprio lavoro dovrebbe puntare ad aiutare gli altri, dovrebbe far vedere ciò che accade lontano o vicino che sia. La verità che la guerra semina odio e distruzione è inequivocabile, ma continua ad esistere. Dunque? Scattare, far vedere e raccontare ciò che accade è l’unico modo per non far diventare una di queste verità dei punti di vista. Ogni bambino deve studiare, giocare, crescere, vivere, diventare uomo o donna, rincorrere i suoi sogni non deve sicuramente diventare un bambino soldato, non deve cascare nella prostituzione, ma quando questo accade deve essere immortalato con una foto, con un servizio, con un articolo, intervenendo in qualche modo, per far sì che non accada mai più.

Ognuno ha il suo mezzo.

Io ho la foto.

8-Parlaci del tuo progetto “Sorridere è possibile”? In cosa consiste? Hai qualche esperienza particolare da raccontarci inerente a questo progetto?

“Sorridere è possibile” racconta di persone che non hanno niente.
Niente di tutto quello che abbiamo noi: non hanno una casa, non hanno una famiglia, non hanno affetti con un nome preciso, non hanno un letto ne un piatto caldo la sera.
Tutto ciò che abbiamo noi, loro non lo hanno.
Ma nel tam tam, soprattutto milanese mi sono resa conto che loro hanno una cosa che noi non abbiamo: un sorriso.
Parlando con queste persone senza tetto ti rendi conto che ti ringraziano di esserti fermata a parlare e ti sorridono, mentre noi al massimo ringraziamo solo quando ci viene fatto un favore o un regalo.
Le mie foto e la mia visione, che cerco di indirizzare verso un senso comunque positivo, parlano proprio di queste persone che nel niente hanno un sorriso carico di amore e di gioia che noi non abbiamo nemmeno la sera del 25 Dicembre, dopo tutti i regali scartati.
Non ho voluto fotografarli nella loro drammaticità perché purtroppo le foto drammatiche al massimo suscitano dispiacere, il mio obiettivo è cercare sempre di cogliere il bene nel male che l’uomo fa.
Quindi sì : “sorridere è possibile” e aggiungo “forse bisognerebbe imparare da loro”.
Le mie esperienze in questo campo sono di un certo spessore, difatti ho sempre osservato queste persone, un po’ incantata, anche perché nonostante i giudizi esterni sono sempre pronti a sorridere.
Un comportamento che noi giudichiamo ” strano” ma in realtà, forse, siamo più stani noi!

image79- Vorrei approfondire con te anche l’altro interessante progetto che porti avanti: “Diversi corpi diverse bellezze”. Oggi giorno assistiamo a un bombardamento di immagini di donne perfette, sempre alla moda, senza alcun segno di inestetismo, che seguono quelli che possono essere definiti i “canoni di bellezza”, che, volenti o nolenti, influenzano generazioni di giovani ragazze.
Il tuo strumento per combattere questo tipo di violenza è a sua volta costituito da altre immagini. Credi che sia possibile con la fotografia, quindi, far nascere un senso di consapevolezza nelle ragazze, nelle donne di oggi di essere diverse, ma pur sempre individui con una propria bellezza?
Combattere quei mali, quelle “trappole infernali” come tu le hai definite, quali sono la anoressia e la bulimia?

“Se ciò che ci condanna è un’immagine, sarà forse un’immagine, opposta nel suo significato, a salvarci?”
Questa domanda retorica che mi sono posta è stata il fondamento del mio percorso “Diversi corpi diverse bellezze”.
Credo che sia una “guerra di immagini”, da una parte vi sono immagini che annientano la quattordicenne che passa sotto il cartellone pubblicitario di “intimissimi”, dove una super modella con forme perfette mostra il suo corpo (il reggiseno è l’ultimo elemento che viene preso in considerazione), così quella ragazzina si sente inadeguata,inferiore.
Aggiungendo che non vi è solo il cartellone pubblicitario: la tv, la pubblicità che sponsorizza la marca della macchinetta del caffè.
Di quest’ultima ho avuto un’esperienza agghiacciante: l’ho vista a Livorno, dentro un distributore automatico di cibi e bevande, un’immagine che ritraeva una ragazza bionda con un super scollo della canottiera, senza per altro bere il caffè.
Tutte le pubblicità di un qualsiasi prodotto sono accompagnate da un corpo femminile, ma non da un semplice corpo, dal corpo visto come icona di bellezza femminile.
Ecco che sì: è una guerra di immagini, qui però ce ne sono anche altre vere, autentiche e belle! Ognuna difatti ha una propria bellezza.
Come è possibile dire che la bellezza vera è una sola? Chi mai l’ha detto?
Certo ogni mass media, ma in realtà è vero o falso? Falso.
Purtroppo questo strano concetto di “bellezza perfetta” porta a strani fenomeni visti e categorizzati come: malattie mentali, ovvero Anoressia e Bulimia.
Ragazzine che, come ricorda un famosissimo sito pro anoressia e pro bulimia “voglio un corpo da modella”, scelgono il digiuno per poter diventare come una modella o una velina.
Annullandosi e odiandosi ogni giorno perché non sono nate belle come loro.
Ci deve essere un modo per porre fine a questo:
Forse immagini che parlano di corpi veri?
Corpi reali? Immortalati in un movimento ?
Immortalati con le peculiarità di quella precisa donna o ragazza?
La soluzione potrebbe essere  proporre corpi veri, non perfetti, ma veri e belli .
Diversi corpi che emanano diverse bellezze.
Sono nata nel secolo dell’apparire come mezzo per essere.
Non è semplice vivere con i propri difetti quando il mondo intorno ti suggerisce con l’imposizione di essere perfetta e bella.
Dunque ecco che immagini diverse possono far capire a tante ragazze quanto siano belle senza doversi annullare per essere uguali ad un ‘immagine irreale.
Non credo di poter salvare il mondo, ma credo che alcune ragazze potranno trovare un verità inequivocabile nelle mie foto…. Ovvero: ” diversi corpi diverse bellezze”.

Ringraziamo Irene per il gentile tempo che ci ha concesso, per le risposte approfondite che ci ha dato!

Non resta che darle il nostro “bocca in lupo” per i suoi progetti e per le future mostre personali.

Matteo Taccola

matteo.taccola92@gmail.com

 

 

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Matteo Taccola

Sono uno studente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, curioso, estroverso, mi piace scrivere.
Ho voluto accettare la sfida postami da “Uni Info News”, mettermi alla prova e scrivere quello che penso con l’intenzione di potermi confrontare con tutti quelli che ci leggono.

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