27 Luglio 2024
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Ci vuole veramente poco per fare un film, a volte basta una cinepresa, un po’ di fantasia, una storia ben scritta e ben recitata, con un finale avvincente e il gioco è fatto. Negli ultimi anni abbiamo visto uno dei più bei film ambientati su un isola, Cast Away, con un grandissimo Tom Hanks a dare prova di quanto è vero detto poco prima; oggi ci prova il regista de La tigre e il Dragone, con una avventura che vede protagonisti un ragazzo indiano ed una tigre, sperduti, dopo una terribile tempesta, nell’oceano Pacifico.
Il tutto con l’utilizzo del 3D e grandissimi effetti speciali, tanto spettacolari che vien da domandarsi se ciò che vediamo sia davvero realizzato al computer, oppure sia reale. Le prerogative per aver girato un film di qualità ci sono tutte, non rimane che prendere in analisi nel dettaglio Life of Pi.
La vicenda inizia ai giorni nostri, dove Pi Patel, ormai adulto, racconta ad uno scrittore la sua storia, la sua grande avventura avvenuta anni prima, quando era solo un ragazzo, nell’oceano Pacifico. Lo scrittore, preso da tremende difficoltà nel buttar giù un racconto, decide di ascoltare quanto ha da dire il suo interlocutore e più Pi andrà avanti con la storia straordinaria della sua vita, più ne rimarrà affascinato. Pi, un comune ragazzo indiano è costretto ad abbandonare l’India a causa delle difficoltà economiche del padre, il quale gestisce uno zoo, e sarà protagonista di una convivenza alquanto strana e bizzarra; dopo il naufragio della nave con la quale, lui e la sua famiglia erano diretti in Canada, rimasto l’unico sopravvissuto, dovrà vedersela con Richard Parker, una tigre del Bengala, l’animale più bello e fiero di tutto il suo zoo. I due, sebbene inizialmente siano dominati da una parte dalla paura e dall’altra dalla aggressività, cercheranno col tempo a rispettarsi e riusciranno, in un modo o nell’altro a sopravvivere nella vastità dell’oceano.
Ang Lee sa il fatto suo e come regista non gli si può di certo insegnare nulla, la sua telecamera è in continuo movimento, ondeggia come la scialuppa in cui vivono Pi e Richard, sempre pronta a dare la sensazione di essere lasciati in un grandissimo oceano, il quale viene mostrato in tutta la sua bellezza e la sua crudeltà in ogni momento, complice anche un grande reparto artistico e una egregia fotografia diretta dal Claudio Miranda. Si riprende dunque una serie di canoni e stereotipi del cinema degli ultimi anni, quali il naufragio di una nave, come in Titanic e la conseguente perdita di quanto si aveva di più caro (in questo caso la propria famiglia). Si guarda anche alla dura vita da naufrago, alla difficile convivenza con un animale con il quale, è bene sottolinearlo, non si può stringere alcun tipo di legame, ma da esso si può pretendere solo il rispetto. La storia di Pi è dunque piena di metafore, un racconto ricco di significato, non a caso reso molto chiaro nell’ultima parte della pellicola, quando Pi, ormai salvo, inventa la storia della sua vita nella scialuppa, cambiando gli animali con cui aveva iniziato il suo viaggio con le persone ed il tutto per dare una sorta di spiegazione logica e verosimile dell’accaduto a quegli agenti che non vogliono credere alla dura convivenza tra il ragazzo ed una tigre, un orango, una iena ed una zebra. Dunque da una parte abbiamo l’uomo che viene messo alla prova, la persona che si trova in una situazione quasi irreale, che nella più completa solitudine giunge a conoscere se stesso e chi è davvero nella sua essenza e dall’altra abbiamo l’uomo che cerca sempre di razionalizzare quanto accade nella nostra vita. Una sorta di divario che c’è tra scienza e fede, nonché uno dei dubbi più importanti nella vita del giovane indiano, dedito alla ricerca della fede, di Dio e della religione.
La parte più spettacolare l’abbiamo, ovviamente, in presenza degli elementi legati al mondo animale ed al mondo onirico, quello delle sensazioni e dei sogni, che viene mostrato durante una delle tante notti passate nell’oceano da Pi assieme alla sua tigre. Qui si mescola la realtà,  la vita e la finzione, il desiderio di ciò che si vuole, il dolore per ciò che si è perso e tutto questo avviene solamente guardando nell’oceano, metafora di un grandissimo specchio, in ultima analisi, dove troviamo infine noi stessi e ciò che siamo e quel che vogliamo.
Richard Parker, tigre del bengala, rimane una presenza fissa ed importante e le riprese, fatte con molto criterio, sono in perfetta armonia con la natura dell’animale, realizzato e curato in ogni singolo dettaglio, tanto da essere più vero delle tigri stesse. Non c’è una sbavatura nel lavoro fatto nel realizzare questo personaggio ed il 3D, usato sempre in modo intelligente, aumenta ancora di più la sua grandezza e maestosità.
Tutto oro quel che luccica? Ovviamente no! Vita di Pi, per quanto sia un film profondo e ricco di una sua morale rimane, tuttavia, vittima dell’arte stessa di cui è composto. Tanta bellezza, tanta cura e spettacolarità porta lo spettatore a concentrarsi più su un fattore estetico, a volte, che morale e c’è il rischio di rimanere stupiti più dagli effetti speciali, dal 3D che dalla storia e gli insegnamenti della storia in se. Certo, sarebbe stato molto difficile, al cinema, realizzare entrambe le cose senza delle conseguenze, ma è un difetto che si fa notare e che bisogna prendere in considerazione; sia chiaro, il lavoro fatto dal regista premio oscar e vincitore di due leoni d’oro rimane sempre di grande qualità, ma come per ogni romanzo trasportato sul grande schermo, soffre di quella perdita che si ha quando si trasferisce la materia dalle pagine cartacee al cinema.
Vita di Pi è un film profondo, artisticamente straordinario e realizzato molto bene tecnicamente; con una regia da manuale (seppur non innovativa alla fin fine, ma che riesce a rendere sempre più coerente il racconto e si fa un tutt’uno con la storia), una trama avvincente che guarda a tutti e con una morale profonda, riesce questa ultima fatica di Lee a ritagliarsi uno spazio tutto suo nell’annata 2012 e risultare un ottimo prodotto. Delicato e curato allo stesso tempo, con un 3D usato intelligentemente, il film soffre ogni tanto della maestosità di cui è composto, ma rimane, proprio come Richard Parker e Pi sempre a galla e sopravvive alle difficoltà dell’arte cinematografica. Certo, tutti noi alla fine, vorremo avere o almeno sentircela raccontare, un’esperienza tale, sopratutto se si è alla ricerca di noi stessi e di Dio.
Oggi possiamo assistere, con tutta tranquillità, alla storia di un giovane ragazzo ed una tigre del Bengala, soli nell’oceano, destinati a conoscere se stessi e condividere una grande avventura.
Claudio Fedele
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Claudio Fedele

Nato il 6 Febbraio 1993, residente a Livorno. Appassionato di Libri, Videogiochi, Arte e Film. Sostenitore del progetto Uninfonews e gran seguace della corrente dedita al Bunburysmo. Amante della buona musica e finto conoscitore di dipinti Pre-Raffaelliti.
Grande fan di: Stephen King, J.R.R. Tolkien, Wu Ming, J.K. Rowling, Charles Dickens e Peter Jackson.

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