27 Luglio 2024

Venerdì 10 maggio, ho avuto il piacere di presentare l’ultimo libro di David Allegranti, “Come si diventa leghisti”, assieme all’autore, ad Alessio Ciampini e Simone Lenzi, ospiti della libreria Ubik di Livorno. In quell’occasione ho potuto contribuire con un intervento, che riporto in questo articolo, al fine di commentare il reportage che David ha realizzato per comprendere come, in una delle terre più rosse d’Italia, la Toscana, adesso, in alcuni Comuni, governi la Lega di Matteo Salvini.

Il libro è, sostanzialmente, il racconto di un viaggio. Un reportage alla ricerca delle motivazioni del come si diventa leghisti, in un paese che si credeva rosso e si è svegliato verde, come recita il sottotitolo del libro. Una ricerca sul campo di risposte alle domande che, in molti, si sono posti di fronte ai clamorosi risultati elettorali che hanno cambiato il volto di numerose Amministrazioni locali toscane ed ai successi della Lega, più che inattesi, addirittura impensabili solo un paio di anni fa nella nostra regione (come in altre di quelle che un tempo erano definite le regioni “rosse” del centro Italia).

Lo scopo ed il progetto di questo viaggio riecheggiano nelle pagine finali, che scrive Allegranti, si ispirano al “celebre saggio di William Sheridan Allen, “Come si diventa nazisti”, l’acuto e appassionante lavoro di ricerca di uno storico che, nel dopoguerra, è andato in una piccola cittadina della Germania, Thalburg (nome fittizio per la reale Nordheim) per capire il momento di passaggio dalla dissoluzione della Repubblica di Weimar all’ascesa del Terzo Reich: ha consultato verbali di assemblee e cronache locali, intervistato gli ex gerarchi e le persone comuni, i molti che avevano aderito al nazismo e i pochi che vi si erano opposti. La cosa straordinaria e utile per chi vuole scrivere un reportage con un metodo simile, è l’approccio di Allen. Il suo studio partiva tutto da una domanda: com’è possibile che il sostrato ideologico di un paese possa cambiare così velocemente? E’ la stessa domanda che muove il mio viaggio”.

E di questo viaggio siamo grati ad Allegranti, per il suo profondo sguardo che sintetizza temi politici e sociali, in un orizzonte culturale e persino antropologico, vivente, suggestivo, razionale, diffidente rispetto ad affrettate semplificazioni e godibile, perché partecipe ed anche ironico.

E’ la Toscana – una regione che Allegranti conosce molto bene – al centro di questo viaggio, fatto di incontri, confronti, luoghi e storie quotidiane, delusioni, riflessioni e speranze. Non si tratta quindi di un saggio socio-politico, anche se il libro è dettagliatissimo nei dati e nelle analisi, quanto piuttosto la narrazione di un paese reale, dove si manifesta un ampio ventaglio di opinioni e sentimenti.

La città prescelta come “esemplare” è Pisa, per le sue caratteristiche e anche perché meglio di altre rispecchia gli aspetti più generali che Allegranti vuole capire, come egli stesso spiega nell’introduzione. Non mancano, tuttavia, ampi riferimenti a Cascina, Massa, Siena, Firenze e Livorno.

Allegranti costruisce un vivace percorso di incontri. Non interviste, ma conversazioni, con molti preziosi interlocutori: amministratori ed ex-amministratori pubblici, intellettuali, politici, sindacalisti, operatori del volontariato, sacerdoti, gente comune.

Conversazioni tutte da leggere: Allegranti è un giornalista ed uno scrittore molto brillante nella descrizione dei personaggi, dei luoghi, delle atmosfere e nell’attenzione ai dettagli.

Ne emerge una sorta di ritratto vivente di una città (e di una regione) alle prese con problemi inediti, ed un paese reale che denuncia sentimenti di impotenza e di delusione, un’ansia generalizzata di cambiamento.

Emergono i temi della sicurezza, della gestione dell’immigrazione, del degrado urbano, della mancanza di ascolto e di attenzione ai problemi della gente, con particolare riferimento ai quartieri popolari, del logoramento della sinistra, divisa al suo interno e nel programma di governo.

Le parole dell’ex-sindaco di centrosinistra Cortopassi, che Allegranti incontra al CEP (quartiere di edilizia popolare alla periferia nord-ovest di Pisa), sono eloquenti ed in parte ironiche: “Io glielo avevo detto: montate sulla linea Cinque e capirete. Ma non ci sono montati” e ci parlano della caduta della capacità e della volontà di ascolto delle classi dirigenti della sinistra.

Se in questo contesto la Lega si è accreditata come “sindacato del territorio”, secondo le parole della sindaca (o come preferisce, del “signor Sindaco”) Susanna Ceccardi di Cascina, comincia a delinearsi come il malcontento che era presente da tempo abbia trovato un facile interlocutore.

Ma non è questo l’unico gruppo di motivi, importanti ma già presenti nel dibattito politico, che Allegranti individua. L’autore ricorda, per esempio, il radicamento storico della destra in Toscana ed il succedersi anche di maggioranze diverse alla guida di molte città. Non dimentichiamoci che la stessa Pisa ha visto, nel dopoguerra, Amministrazioni di segno diverso alla guida del Comune.  

Ma ci sono anche altre strade per capire, verso cui ci guida Allegranti. Ne cito molto brevemente quattro, importanti per la loro specifica rilevanza:

  1. I profondi cambiamenti avvenuti gradualmente, nei decenni trascorsi, della struttura sociale, tra i quali spicca la quasi scomparsa della classe operaia;
  2. Quella che viene descritta come “l’autoctona insofferenza per lo straniero”, un retaggio culturale significativo per Pisa come per altre realtà toscane;
  3. La debolezza intrinseca della “sinistra di default, come la definisce Gipi, autore pisano di fumetti, cortometraggi e testi teatrali, ovvero una sinistra data per scontata, per abitudine più che per convinzione;
  4. Il lento accumularsi della sub-cultura e della narrazione dell’antipolitica, per anni al centro dell’attenzione giornalistica.

Della mia personale lettura voglio segnalare anche un dettaglio che mi ha particolarmente colpito e che ritengo interessante per i miei coetanei: il ruolo di “Filippeschi comunica cose”, una pagina Facebook di stampo satirico che durante la campagna elettorale ha preso di mira il sindaco PD uscente, con toni dispregiativi e sferzanti, sarcastici e beffardi, a dimostrazione dell’importanza ormai determinante della comunicazione, in un periodo in cui le ideologie sono scomparse e le culture sono deboli e ibride. Un fenomeno pop, viene definito nel libro, capace di dettare l’agenda del dibattito politico, forte dei suoi diecimila followers. 

Le conclusioni di Allegranti non sono, nonostante tutto, troppo pessimistiche per chi non voglia rassegnarsi al diventare leghista come ad un destino. Il malcontento che ha portato a votare Lega non sembra infatti essersi consolidato in una nuova stabile identità politica, almeno fino ad ora.

Il radicamento leghista, in termini politici e di rapporto col territorio, risulta inoltre meno robusto di quanto si pensi. Tre dei sindaci eletti in Toscana sono indipendenti e non leghisti organici, particolare significativo.  

Infine c’è da tenere presente che è di circa il 40% la percentuale media dei non votanti nelle elezioni in cui ha vinto la Lega: segno di un ampio serbatoio di astensione, il cui scongelamento potrebbe, anche in tempi brevi, cambiare gli scenari attuali.

Un’ultima considerazione, legandomi alle conclusioni dell’autore anche in questo caso, è relativa alla interessante figura del giovanissimo ed importante deputato della lega Edoardo Ziello, classe 1992, in precedenza assessore della giunta Ceccardi a Cascina.

Ziello, nella conversazione con Allegranti, si mostra insofferente verso la cultura delle grandi opere innovative ad ogni costo e verso l’abbandono della manutenzione delle opere più piccole, ma indispensabili per la vita della gente comune, le strade, gli alloggi popolari, le scuole, i servizi di trasporto pubblico e per la salute.

Ed io sono portato a pensare che per un giovane sia invece abbastanza naturale rivolgere lo sguardo al futuro, immaginare grandi trasformazioni, piuttosto che concentrarsi sulla manutenzione del presente e che quindi la visione di Ziello abbia il fiato corto.

Ma ne siamo così sicuri? E’ proprio impossibile pensare ad una visione ampia e innovativa del futuro, senza che per questo si debba abbandonare la qualità della vita quotidiana, la dignità della difesa dei livelli di civiltà e di benessere presenti, frutto peraltro di dure conquiste? La chiave per assorbire la sbandata leghista, non potrebbe risiedere, per la sinistra, proprio nella capacità di superare la contraddizione tra prospettiva del futuro e attenzione ai bisogni del presente?

Un invito, quindi, ad acquistare e leggere il libro di David Allegranti.


Lamberto Frontera

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Lamberto Frontera

Classe 1995, laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli Studi di Firenze, appassionato di storia, politica ed economia, oltre che di informatica, cinema ed arte, scrive per Uni Info News dal 2015

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