24 Aprile 2024

Tu pensi di avere più di dieci secondi? Soltanto perché misuri il tempo in ore, giorni e anni, credi che tutto duri di più di dieci secondi? Ne abbiamo meno, e li buttiamo al vento.

Il tempo è uno dei temi centrali del nuovo testo di Michele Santeramo, con la regia e lo spazio scenico di Roberto Bacci, andato in scena in prima nazionale dal 3 al 12 marzo 2017 e che apre la nuova stagione teatrale del Teatro Era di Pontedera. Il drammaturgo Santeramo è l’interprete del Nullafacente, un uomo cinico, che ha deciso nella sua vita di non fare niente, eliminando radicalmente il superfluo: “cosa bisogna non fare per stare bene?”. Un paradosso che invita noi spettatori a riflettere sulla nostra esistenza: in un tempo in cui ci viene richiesto di fare sempre più dalla società, non abbiamo tempo per noi stessi. Questo provare “a fare altro” è per il Nullafacente uno stile di vita, che per la società, capitalista e consumista, è un “far nulla”. Alla mancanza di tempo o al tempo mal impiegato sono connesse tutte le altre tematiche del lavoro, della malattia, dei soldi e per certi versi dell’amore.

Il Nullafacente

Il Nullafacente entra guardando gli spettatori con un fugace sorriso, mentre tiene in una mano un sacchetto di plastica colmo di frutta e verdura. La scena è povera: un tavolo spoglio, sopra il quale è posizionato un bonsai, poche sedie e una poltrona. La Moglie (Silvia Pasello) malata terminale, lo aspetta seduta al tavolo per convincerlo a comprarle le medicine. Una coppia che vive in equilibrio tra la paura di morire di lei e l’apparente freddezza del marito che, di fronte al delicato tema dell’incurabilità della malattia, cerca di convincerla a distendersi e preoccuparsi solo del tempo presente. Il dialogo tra i due è velato d’ironia e sarcasmo frutto di una grande complicità, che fa sorridere il pubblico anche là dove la comicità è quasi assente. Il punto di rottura di questo equilibrio è rappresentato dal malore improvviso della Moglie, che la porterà a lasciare la casa dopo aver assistito all’ennesimo “fare nulla” del marito. “Rinsavire” sembra dunque l’unica possibilità cha ha il Nullafacente per non perderla. Tornando a lavorare il Nullafacente dimostra l’amore a l’affetto che nutre per la Moglie, ma che lo rende visibilmente nervoso e irascibile. 


La luce ha una funzione drammaturgica attiva, delimita gli spazi della casa e della strada, luogo d’incontro dei coniugi con altri personaggi. Questi ultimi ruotano attorno ai due e rappresentano la realtà, quel mondo al di fuori delle dinamiche di coppia. Il Fratello di lei (Francesco Puleo)preoccupato per la salute della sorella, cerca un modo per convincerla a curarsi, il Medico (Tazio Torrini) che mostra un trasporto emotivo con la donna ed il Proprietario di casa (Michele Cipriani) un uomo insistente e molto attaccato ai soldi.

Dopo i festeggiamenti del suo compleanno finiti tra liti e malumori, la Moglie si rende conto che quella vita ha tolto tempo al rapporto con il marito, così lui torna ad essere Nullafacente, ma con una maggiore consapevolezza dell’amore provato per lei e del tempo che ormai sta per esaurirsi.

Tra parole dolci e una tenera carezza la donna, stremata e stanca dalla malattia, si sdraia sul tavolo e muore accompagnata dalle malinconiche note della canzone Io che amo solo te, di Sergio Endrigo. Un brano che rispecchia la loro storia d’amore, perché il Nullafacente, in fin dei conti, ha stravolto la sua vita per la Moglie.

Io ho avuto solo te e non ti perderò, non ti lascerò per cercare nuove avventure. C’è gente che ama mille cose e si perde per le strade del mondo[..] Io che amo solo te..


(Visto il 3 marzo)

CREDITS

Da giovedì 23 a sabato 25 novembre ore 21 e domenica 26 novembre ore 17.30.

Il Nullafacente di e con Michele Santeramoregia/spazio scenico Roberto Bacci
con Michele Cipriani/Vittorio Continelli, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrinimusiche Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti, Stefano Franzoni
assistente alla regia Silvia Tufano
allestimento Sergio Zagaglia, Stefano Franzoni 
assistente ai costumi Benedetta Orsoli
foto Guido Mencari
produzione Fondazione Teatro della Toscana

 

 

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Marta Sbranti

Marta Sbranti, classe 1989. Dopo il Diploma presso l'Istituto d'Arte Franco Russoli di Pisa mi sono laureata in Scienze dei Beni Culturali curricula storico-artistico. Ho conseguito la Laurea Magistrale in Storia delle Arti Visive, dello Spettacolo e dei Nuovi Media, presso l'Università di Pisa. La mia tesi di laurea "Musei e Danza" unisce le mie due grandi passioni la danza e l'arte, che coltivo fin da piccola.
"Toccare, commuovere, ispirare: è questo il vero dono della danza".
(Aubrey Lynch)

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