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Il concorso, bandito a livello nazionale, ha visto la partecipazione di 84 artisti ed 81 progetti, tra i quali una giuria d’eccezione con nomi come Gianni Pozzi (docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze) e Paolo Ciriello (fotografo di importanti set cinematografici), ha scelto il murale che più di tutti rappresentava una Livorno messa “a Fuoco”. I due artisti vincitori hanno “inquadrato” la città attraverso personaggi storici importanti del secolo scorso focalizzandosi, proprio come nel mirino della macchina fotografica, sugli aspetti più topici, caratteristici e sociali: il risultato è un’opera colorata ed immediata, che trova il suo merito più grande nello stimolare l’attenzione del passante e riprendere il vero scopo della street art, la provocazione.
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Un concetto di arte che affonda le sue radici nel muralismo messicano ma che si veste, soprattutto nell’ultimo ventennio, di un nuovo stile che non punta alla protesta o all’estetica, ma alla rivalutazione dei luoghi del vivere cittadino, che, in quanto parte della comunità, hanno diritto ad essere vissuti. Dal nord a sud il nostro paese è unificato da questa nuova spinta che parte dal basso, da artisti sconosciuti ma con un talento straordinario: dal caso Mattoni di Varese a quello di Manu Invisible di Cagliari, l’arte viene ri-proiettata sull’esterno, su uno spazio gratuito, visibile e vivibile da tutti. Questa è la base della forza espressiva di questa forma d’arte: in quest’ottica si colloca la volontà di creare un nuovo spazio di vita artistica a Livorno, che porti ad una rivalutazione dei luoghi e un memento dei suoi personaggi.
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Il muro prescelto a Livorno è in Viale Nazario Sauro 32: uno spazio di passaggio, aperto, visibile, perfetto per esporre un messaggio forte e chiaro, che fa dei colori il suo impatto e dei personaggi la sua forza. Sono raffigurati sei importanti personaggi livornesi, impegnati su più fronti molto diversi fra loro: da Modigliani a Ciampi, da Fattori a Mascagni, vi trovano posto anche Armando Picchi e David Fedi (alias Zeb), che completano la rosa di un momento storico non così lontano come si crede. Ogni personaggio è stato scelto non solo per i grandi meriti ma, soprattutto, per la sua appartenenza alla città.
UninfoNews ha incontrato per voi Andrea Montagnani, che ci ha raccontato ciò che si nasconde dietro quest’opera..
Come vi è venuta questa idea progettuale?
L’obiettivo che ci siamo posti è quello di far scaturire una domanda soprattutto nelle nuove generazioni e nei bambini su chi stanno guardando e perché! La tecnica scelta infatti serve proprio a questo: la “posterizzazione” fa sì che il personaggio venga riconosciuto in maniera indiretta e, salvo casi molto riprodotti come Modigliani o Ciampi, chi viene ritratto con questa tecnica non è riconosciuto subito, quindi obbliga lo spettatore a soffermarsi e a porsi una domanda per capire. Inoltre ci ha permesso di mantenere i personaggi riconoscibili e realistici, oltre ad essere un po’ la sintesi delle professionalità mie e di Cosimo perché è una via di mezzo tra fotografia, graffito e pittura.
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Questo scopo “sociale” dei personaggi è nato dalle loro storie di vita?
Noi nel nostro lavoro abbiamo sempre cercato di mantenere un livello di oggettività molto alto: abbiamo conosciuto i personaggi non come concittadini ma come esterni, ed il nostro obiettivo sociale come writers e Crew è la riqualificazione di muri, soprattutto di quelli fatiscenti, perché crediamo che siano un ottimo strumento di sensibilizzazione e stimolo del senso di appartenenza della comunità verso la propria città e la propria storia. La scelta dei personaggi è stata una presa di posizione verso le personalità più importanti e vicine al nostro tempo: per esempio avevamo scelto di mettere Lucarelli senza conoscere i suoi rapporti con la città e le vicissitudini, ed è stato molto interessante il dibattito che ne è scaturito perché ci ha permesso di instaurare un rapporto di tipo dialettico con la comunità che è intervenuta sul nostro lavoro attraverso un feedback netto, che ci ha stimolato a cercare nuove vie progettuali per la modifica del progetto stesso. Da questo inoltre è scaturita una conoscenza diretta dell’opera da parte dei cittadini, cosa affatto scontata: quando abbiamo iniziato le persone sapevano del progetto iniziale e delle modifiche in corso d’opera, e tutti si fermavano a chiederci perché avevamo cambiato il progetto. Questo rapporto tra i cittadini e l’opera riteniamo sia fondamentale per l’appartenenza di un progetto ad un luogo, e siamo sicuri che sarà alla base del rispetto e del suo mantenimento, perché i cittadini vivranno il murale in prima persona.
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Com’è nata la scelta di inserire anche Zeb?
La scelta di Zeb è un altro caso interessante, perché è il simbolo di una ricerca ampia e variegata da parte nostra: non solo i campi più conosciuti come l’arte, la politica o il calcio fanno la storia di un luogo, ma anche e soprattutto quella di personaggi come David. La sua figura, il suo lavoro da “graffitaro” (paradossale trovarlo ritratto su un muro!), il mito che si è scaturito su di lui per noi è stata una bellissima scoperta perché nella realtà livornese è ancora molto vissuto e conosciuto, quindi abbiamo ritenuto importante ed opportuno metterlo. E per ora il feedback è stato molto positivo!
Come avete scelto il titolo dell’opera?
Il titolo “Trionfo” è riflesso di una ricerca di semplicità da parte nostra: non è necessaria la pomposità quando in realtà stai raffigurando un elogio, un memento, a queste personalità storiche. Quindi la parola “trionfo”, che è già di per sé semplice e significativa, ci è sembrava adatta. Inoltre, al pari del trionfo che hanno vissuto e riflesso queste personalità, c’è un trionfo più celato, ma non meno importante, dell’amministrazione comunale e degli organizzatori del progetto, perché la street art che concepiamo e produciamo come crew si muove in questo senso: valorizzare e recuperare tramite l’arte e il legame con il luogo, per far conoscere e sviluppare nuove realtà.
Questo è il nuovo trionfo delle città: riprendere il contatto con il loro territorio, attraverso opere pubbliche che non siano solo funzionali ma anche artistiche, perché senza l’arte, quella vera, non c’è vita, neanche per un muro.
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