La parola d’ordine del PD di Renzi è “vincere”: non importa come, non importa chi e come ha votato e non importa se le regole e il meccanismo delle primarie sono poco chiari, sono poco rispettati o sono da modificare in toto. Vincere è l’unica cosa che conta.
Il caos primarie a Napoli, dove un video pubblicato sul sito Fanpage.it mostra alcuni esponenti locali del PD distribuire monete da un euro ai cittadini che passavano davanti ai circoli, indicando poi il candidato da votare (Valeria Valente, renziana e vincitrice delle primarie) e il caso delle primarie a Roma, dove si parla di schede bianche “gonfiate” per aumentare i numeri della partecipazione, nascondendo così il flop, non sembrano aver minimamente scalfito il Renzi-pensiero: “i numeri sono alti, hanno vinto i candidati vicini a Renzi e le nostre primarie sono migliori di quelle online del M5S”.
Per quanto riguarda i numeri alti c’è da dire che ai gazebi di Roma si sono presentate 50mila persone, cioè la metà di quelle che si presentarono alle primarie del 2013 da cui uscì vincitore Ignazio Marino. Sul fronte della vittoria dei candidati renziani bisogna dire che a Roma l’avversario più temuto da Giachetti era l’orso di peluche del candidato Gianfranco Mascia, mentre a Napoli la candidata renziana, Valeria Valente, ha vinto con 452 voti di scarto contro lo sfidante Bassolino, con metodi di voto, come detto prima, decisamente sospetti. Infine, per quel che concerne il confronto con il M5S, merita una menzione speciale il presidente del PD Matteo Orfini, il quale, in ogni dichiarazione che rilascia, sottolinea e ribadisce che le primarie del PD sono migliori del voto online degli attivisti del MoVimento, come se le primarie interne ai singoli partiti fossero una competizione extrapartitica, e come se le primarie del PD, perché migliori, secondo Orfini, valessero di più di quelle del M5S. A quanto pare la spasmodica ricerca di competizione fa gasare e gongolare la segreteria Dem, e poco importa se all’interno del PD i malumori sono al massimo storico. Come presidente del PD, cioè della maggiore forza politica italiana, Orfini farebbe bene a lavare i panni sporchi in casa propria e dovrebbe smetterla ogni volta di controllare se il suo bucato è più bello o pulito di quello del M5S. Già, perché a proposito di malumori interni al PD fanno discutere le dichiarazioni di Massimo D’Alema, il quale dichiara che Renzi, ed i suoi fedelissimi, vogliono sbarazzarsi della sinistra per dare vita al Partito della Nazione. D’Alema ha inoltre dichiarato che questi malumori potrebbero portare alla fondazione di nuovo partito di sinistra. Orfini, abile mediatore famoso per la sua diplomazia, ha risposto che D’Alema ha nostalgia del partito coinvolto in Mafia Capitale.
Quel che è certo è che il PD è attualmente in mano a persone a cui non interessa il dibattito interno. I vertici del PD non vogliono il confronto, vogliono il pensiero unico. Le correnti interne sono controproducenti, fastidiose e inopportune. Ogniqualvolta un esponente Dem critica le scelte di Renzi, o della segreteria di partito o del governo, viene attaccato con una violenza verbale inaudita, oppure viene silenziato o, nel “migliore” dei casi, viene immediatamente bollato come un gufo pessimista che vuole un’Italia fallita, in crisi e che non riparte. L’attuale segreteria del PD è, parafrasando D’Alema, incredibilmente arrogante e presuntuosa, non ascolta, non dialoga e va avanti per la sua strada. Per l’attuale PD, citando Giampiero Boniperti, “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. A volte però, sarebbe meglio ascoltare i bisogni delle correnti interne e dialogare con la minoranza Dem, sarebbe meglio dare nuove regole a queste primarie e sarebbe opportuno non attaccare verbalmente i colleghi di partito. A volte l’importante non è vincere, ma è partecipare e far partecipare.
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