27 Luglio 2024

Quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus a Wuhan, ci siamo sentiti in diritto di deridere la presunta inferiorità della cultura cinese in quanto a condizioni igienico-sanitarie, alimentari e soprattutto sociali. Col passare dei giorni invece la Cina ha mostrato il volto funzionale del proprio sistema politico a forte impronta autoritaria, ma anche collettivista: le misure emanate sono state rispettate pedissequamente, ospedali costruiti in una settimana (in barba ai diritti dei lavoratori, certamente) e isolamento totale dei luoghi colpiti dai focolai. Abbiamo guardato con un po’ di ironia alla situazione di Wuhan perché ci sentivamo migliori e più sicuri, inutile girarci tanto intorno. Poi col tempo ci siamo resi conto che grazie alle attitudini del popolo cinese, anche nelle città con milioni di abitanti, il contagio ha iniziato a rallentare.

In corrispondenza di questi fatti, noi che ci sentivamo così sicuri abbiamo iniziato “la caccia all’untore-straniero”, caccia che non è iniziata dal nulla, ma che ha delle buone fondamenta nelle vicende politiche italiane degli ultimi anni. Siamo dunque cascati dalle nuvole quando abbiamo scoperto che il virus non è arrivato da Prato o da Lampedusa, al contrario è arrivato da Codogno, nel lodigiano, e poi si è diffuso in maniera rapida in tutte quelle zone produttive del nord italia che spesso si sono prese gioco del sud italia o degli altri paesi meno sviluppati, ritenendosi superiori.


A quel punto l’Italia si è divisa in due, da una parte chi ha capito la gravità della situazione, dall’altra gli scettici: “è un’influenza un po’ più forte, dai… Se la prendiamo non ci succede niente“, quante volte abbiamo sentito questa frase? Adesso appare invece evidente che sia stata proprio questa mentalità a far proliferare il contagio.

Può darsi che individui sani che contraggono il Covid-19 possano avere sintomi abbastanza lievi, ma il problema non sono loro, il problema è quel circa 10% dei contagiati che statisticamente finisce in terapia intensiva negli ospedali privi di posti letto a sufficienza. Questa è la ratio alla base delle misure di contenimento emanate in queste settimane dal Governo: ridurre il più possibile il contagio per evitare il collasso del sistema sanitario nazionale, e al contempo per tutelare la salute dei più deboli.

Di fronte a questa situazione di allarme nazionale, rimanere indifferenti, e continuare a condurre una vita normale, è un atto di inciviltà verso gli altri, soprattutto verso gli anziani o verso quelle persone che per qualche ragione potrebbero essere più esposte ai sintomi di una sindrome respiratoria acuta grave.

Dunque è per i vostri cari più che per voi stessi, che dovete farvi e fargli un favore: state a casa, oppure uscite all’aria aperta in luoghi non affollati, magari approfittatene per andare a fare un’escursione nel bosco, una gita al mare, o in montagna, respirate aria buona se potete, ma evitate assolutamente gli assembramenti, specie se in luoghi chiusi.

Se invece siete tra quelli che abitavano in Lombardia o nelle provincie di Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Piemonte da cui a breve sarà impossibile entrare o uscire, e magari siete fuggiti in fretta verso sud per fare ritorno a casa, sappiate che è un vostro dovere auto-isolarvi, sempre allo stesso scopo di tutela dell’altro.

Pensiamoci bene: più sacrifici faremo nei prossimi giorni e più sarà probabile che la situazione torni normale nel minor tempo possibile, ma al contrario più rifiuteremo di adattarci alle misure varate dal Governo e più saremo irresponsabili più che la situazione peggiorerà, per  tutti.


Purtroppo adesso siamo nel mezzo dell’emergenza, e vista la serietà non c’è attività produttiva, non c’è lavoro e non c’è scusa che giustifichi la trasgressione delle norme: c’è di mezzo la sicurezza nazionale. Un domani, soltanto quando il peggio sarà passato, potremo fermarci a riflettere su molte cose, per esempio sul valore del tornare a pensare un po’ di più agli altri e un po’ meno a noi stessi. Sull’etica e la deontologia di certe professioni, tra cui il giornalista e, perché no il politico; sulla logica dei media; sull’importanza della scienza medica, soprattutto dei vaccini, sul ruolo sociale del medico e sulla sua autorevolezza, che troppo spesso viene ingiustamente messa in discussione. Ma anche sul riflettere che possiamo evitare di andare al pronto soccorso per  ogni ragione, e che forse, e dico forse, così tanto invincibili come ci credevamo in fin dei conti non lo siamo mai stati. C’è soltanto andata bene, almeno fino ad oggi.

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