27 Luglio 2024

I Siberia sono un gruppo musicale livornese composto da:

Eugenio Sournia: Chitarra e voce
Luca Mele: Batteria
Piero Laganà: Basso
Matteo D’angelo: Chitarra
Il gruppo prende il nome dal romanzo di Nicolai Lilin “Educazione Siberiana”.


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Sono le 19.30 di Mercoledì 18 Giugno 2014 e mi basta fare pochi passi per intervistare i Siberia.
Dopo una ventina di minuti di chiacchiere, su cosa abbiamo fatto in questi giorni e cosa non abbiamo fatto decidiamo di iniziare seriamente l’intervista.
Ad ascoltare le mie domande (ed a rispondermi, fortunatamente) ci sono Eugenio, Piero e Luca, manca all’appello Matteo per cause di forza maggiore.

Quando e come sono nati i Siberia?

Eugenio: In verità il nome Siberia è stato preceduto da altri nomi che però non citeremo…

Piero: Per evitare di perdere la faccia

Eugenio: Comunque il nucleo iniziale si è formato nel 2010 ed era composto da me, Piero, Federico (Meini) ed un altro ragazzo che suonava la batteria. Poi il batterista nell’estate del 2011 ha lasciato il gruppo ed è subentrato Luca.
Con questa formazione abbiamo registrato una prima demo ed i primi concerti li abbiamo fatti ad autunno/inverno del 2011.
Abbiamo partecipato ad Emergenza Rock Festival nella primavera/estate 2012 arrivando finalisti nazionali all’Alcatraz, superando le tre fasi a Livorno e la fase a Firenze. In questa fase sono nati i pezzi storici del gruppo.
Dopo aver fatto Emergenza Rock Festival per via di miei dubbi io ho abbandonato il gruppo. Luca Piero e Federico hanno cercato di continuare però non era lo stesso e quindi hanno cercato di convincermi a tornare, in parte riuscendoci. L’attività del gruppo era, però, episodica, senza prove regolari e senza un vero progetto.
Dall’estate del 2012 mi sono riavvicinato molto alla mia fede e consideravo questo incompatibile con la vita all’interno di un gruppo rock, non tanto perché consideri la musica rock anticristiana. Penso che il mezzo in sé sia neutro ed avendo comunque la fortuna di scrivere i testi, più o meno, ho il potere di indirizzare il messaggio dei Siberia. All’epoca però ero convinto che suonare fosse per me solo un modo di stare al centro dell’attenzione, di essere protagonista. Ritenevo che quel maledettismo, quel “live fast, die young” che mi affascinavano e in parte mi affascinano tutt’ora fossero il motivo determinante che mi spingeva a suonare: per questo decisi di lasciare il gruppo.
Dopo che sono stato diversi mesi senza salire su un palco ho capito che in realtà la musica era un’esigenza molto molto più profonda e che non dovevo per forza scegliere questo o quello ma che potevo cercare di coniugare quella che ritenevo essere la mia nuova interiorità con i Siberia. In un primo tempo ho pensato anche a fare qualcosa da solo anche perché credevo che sarei andato all’università a Roma. Dieci giorni prima di partire, però, ho deciso di rimanere qui, nello stesso momento Luca aveva un gruppo col quale poi ha smesso di suonare. Visti questi due eventi ,Luca mi ha proposto di tornare a suonare insieme ed io ho accettato.
Abbiamo cominciato a registrare i nostri pezzi da soli ma ci siamo resi conto che in due non si riusciva a lavorare come avremmo voluto e abbiamo pensato di usare dei turnisti.
Alla fine però abbiamo richiamato Piero per il basso.

Luca: In verità io avevo spinto da subito per ricreare i Siberia, questa era stata la mia intenzione fin dall’inizio.
Comunque, per sintetizzare, era nata la voglia di ritornare ad un gruppo con componenti fissi quindi c’è stato il ritorno di Piero. Su Federico invece la questione è stata più complicata e quindi a Federico è subentrato Matteo, che ha un background musicale analogo al nostro ma anche diverso quindi ci arricchisce.


Eugenio: E’ diverso ma non incompatibile, ecco. Suoniamo con questa formazione da circa 5 mesi.

Piero: E’ importante dire che a Marzo abbiamo registrato tre pezzi che sono l’avvio per un disco.

Eugenio: Sì, a Marzo abbiamo registrato presso lo studio “Big Wave” di Livorno, in modo autoprodotto, e poi masterizzato tutto al “Creative Mastering studio” di Forlì.
Abbiamo registrato “Marzo”, “Cara Francesca” e “Confessioni di una maschera” che, appunto, andranno a comporre, con l’aggiunta di una traccia bonus che è “irripetibile”, il nostro prossimo EP: “Voglio regalarti una fotografia”.
L’EP dovrebbe uscire tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno 2014 sia in formato digitale che fisico, ovviamente supportato poi da concerti.
Attualmente siamo dediti alla rifinitura del materiale per essere pronti a suonare live e inoltre stiamo continuando a lavorare su pezzi vecchi e nuovi per comporre un album di circa 10-11 pezzi che possa essere un raccolto delle cose migliori che abbiamo fatto in questi anni.
Questo futuro disco io lo vedo come un album di potenziali singoli. Anche quando siamo nella fase di arrangiamento cerchiamo di fare un pezzo che sia bello in sé per sé.
Allo stesso tempo lo vedo come un “greatest hits” di questi anni perché alla fine per ogni pezzo che viene arrangiato e finito ce ne sono altri che vanno nel dimenticatoio.
C’è, anche, comunque una coerenza di fondo visto che le canzoni verranno disposte in ordine cronologico quindi l’ascoltatore si potrà rendere conto dell’evoluzione interiore di ognuno di noi.
Un’evoluzione dal maledettismo, dall’incertezza degli esordi per poi arrivare a una fase centrale di mutamento e una fase finale di maggiore speranza e di maggiore proiezione verso il futuro.


-Quali sono i gruppi a cui vi sentite più vicini?

Luca: Ne metterei tre sul piatto: Joy Division, Interpol e Baustelle

Eugenio: Come autore dico che quando non ho idee su come arrangiare un pezzo mi vengono sempre in mente i Joy Division e gli Interpol perché a livello di suono…

Piero: Si avvicinano di più alle nostre caratteristiche.

Eugenio: Esatto, però se poi si va a sentire siamo molto diversi secondo me. A livello di scrittura io mi ispiro molto alla canzone italiana degli anni ’60 e ’70 e forse è questo che ci rende simili ai Baustelle. Raramente mi ispiro direttamente ai testi di Bianconi, però avendo gli stessi riferimenti musicali è inevitabile che li richiamiamo (è accaduto più o meno lo stesso con i Diaframma).
Per rispondere alla tua domanda se dovessi dire due personalità che gli altri non citerebbero direi Luigi Tenco e Sergio Endrigo, anche se non sono cantautori che conosco poi così a fondo.
Le canzoni le scrivo con la voce, prima ancora di pensare una frase accompagnata da uno strumento, la canto.
A me piace l’italianità, alcuni se ne vergognano di questo mentre io cerco di sfruttare al massimo la musicalità della lingua italiana.


-Non è perché non sapete scrivere in Inglese quindi eh…

Eugenio: Non riuscirei a scrivere in Inglese…

Piero: Abbiamo però Matteo che eventualmente ci potrebbe aiutare (n.b. Matteo ha la madre inglese)

Luca: Ma in verità Eugenio potrebbe benissimo scrivere in Inglese, solo che non ce ne frega niente di farlo.
L’interesse è anche quello di far giungere la musica al pubblico ed il mezzo migliore è sfruttare l’Italiano per i testi.
E’ una lingua che spesso è sottovalutata, quasi sempre se affermi di fare rock italiano ti paragonano a Vasco Rossi con tono schifato mentre invece è una lingua bellissima.

Piero: E’ molto più articolato e complesso di altre lingue

Eugenio: Non saprei utilizzare l’Inglese alla stessa maniera dell’Italiano. Ho un buon inglese scolastico ma non potrei scrivere dei testi veramente significativi.

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-Quanto tempo trascorre dal momento in cui viene scritta una canzone al momento in cui è
pronta?

Piero: Quello è totalmente variabile. Abbiamo dei pezzi come “Stella” che abbiamo composto in tre giorni massimo e pezzi come “Il mare” per cui abbiamo impiegato un mese, “Irripetibile” tre mesi, “L’odio” ci abbiamo messo 7 mesi, probabilmente perché eravamo all’inizio e cercavamo di sviluppare le canzoni il più possibile.
Dipende anche dal tipo di canzone che vuoi creare e dal tipo di suono che vuoi dare, dalla complessità del pezzo e da quanto riusciamo a sentirlo nostro sul momento.

Eugenio: Arrangiare è un conto, scrivere è un altro. I pezzi buoni ti vengono in cinque minuti, lo dicono in tanti e per me è vero. Credo fermamente nell’ispirazione, se ci metti più di mezz’ora non è un buon pezzo.
Quando si suona in quattro è bello vedere gli altri che cambiano il pezzo e ci mettono del loro. Per esempio in “Cara Francesca” io avevo in testa un arrangiamento e Luca mi ci ha messo un tempo di batteria a cui non avrei mai pensato ma dopo due o tre volte mi è piaciuto tantissimo.

-Perché avete fatto uscire proprio Marzo come singolo tra le tre canzoni?

Luca: Perché è una canzone che si presta come singolo.

-Cara Francesca no?

Luca: Cara Francesca è più sofisticata a livello affettivo, ha un significato che ci sta più a cuore. Marzo è facile d’ascolto.

Eugenio: Dovendoti rispondere in un modo un po’ diverso ti dico che innanzitutto è una canzone veloce. Per esperienza so che se ascolti un pezzo di un gruppo e non parte subito a metà canzone ti sei scocciato. Anche io quando ascolto un nuovo gruppo e la canzone è lenta mi scoccia.
E’ un pezzo poi abbastanza estivo, come ritmo.
A livello di significato Marzo è un manifesto. La scrissi tre anni fa, al tempo mi ispiravo molto ai Baustelle soprattutto perché utilizzavano le frasi totemiche, esattamente come “Voglio regalarti una fotografia/ che simboleggi la mia affezione/ almeno un segno avrò lasciato/ almeno un giorno per gioire”.
Mi piace pensare che la musica sia un modo di parlare di noi stessi. Musica come modo per convogliare tutti gli aspetti positivi, ma anche negativi, in cui crediamo e…voglio regalarti una fotografia!

Piero: E questa è la nostra fotografia.

Eugenio: Anche l’EP si chiamerà voglio regalarti una fotografia perché la musica è la fotografia di noi stessi, di quello in cui crediamo, dei nostri valori e vorremmo che lasciasse un segno.

Piero: Sarà un po’ il frutto delle nostre fatiche.

Eugenio: Non solo musicali, ma anche nostre, a livello umano. Alla fine l’arte è un modo per lasciare il nostro segno nel mondo.

Luca
: Già che siamo in argomento Marzo vorrei che Eugenio spiegasse il significato della canzone e del video.

Eugenio: Quando ero più piccolo, e quindi quando ho scritto Marzo, scrivevo in maniera più istintiva (forse era un pregio), crescendo ho cominciato a scrivere dei testi più mirati.
Marzo è un collage.
E’ una canzone che scrissi quando avevo 19 anni, al primo anno di università. Da una parte sentivo un grande rimpianto per l’adolescenza che è un’età più pura rispetto a quella universitaria, nella quale mi sembrava che le persone continuassero ad avere gli stessi vizi tipici degli adolescenti però senza la stessa purezza e gli stessi sogni.
Questa canzone vuole esprimere dei sentimenti contrapposti: da una parte il rimpianto per un tempo che non c’è più, dall’altra il sentirmi in qualche modo anziano: mi sentivo già pronto a vivere l’età adulta.

– La vedevi un po’ come una fase di passaggio in cui ti rimangono quei vizi dell’adolescenza ma non lo stesso approccio

Eugenio: Esatto, io mi sentivo pronto a passare all’età adulta e per questo mi sentivo vecchio (“I giorni trascorrono/ gravato di anni e abbandonato/ grigio, immobile”).
Allo stesso tempo c’è un desiderio di assunzione di queste responsabilità, come per dire “Voi fuggite, io invece resto” (“Così bello è per altro restare quando tutti gli altri fuggono”).
E’ un pensiero che mi è venuto in mente anche perché vedevo molti dei miei amici andare all’estero e scegliere vie alternative . A me sembrava di rimanere quello che ero sempre stato e questo mi faceva soffrire.
C’è sempre il rimpianto di un tempo ormai passato (“le foglie sembravano crescere per schernirci del tempo che passa”).
Nel video noi abbiamo deciso di simboleggiare tutto questo non con un’apologia dell’adolescenza ma retrocedendo questo sentimento all’infanzia, che è l’età della purezza per eccellenza.

Luca: Nel video si nota il contrasto anche tra la serietà della “divisa” (giacca e camicia) e il gesto di rimanere legati a un mondo bambinesco che però viene vissuto in maniera melodrammatica.

-Quanti pezzi avete composto in tutto?

Luca: Circa 12. Un album!

Eugenio: Anche più di un album. Ovviamente ce ne sono alcuni che avevamo cominciato ma poi non abbiamo portato avanti.

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-Certo, capita spesso anche nella danza (lo so per esperienza).
Dagli inizi immagino ci sia stata un’evoluzione nella qualità della musica e dei testi. Mi chiedevo quali fossero i principali miglioramenti o peggioramenti che avete notato.

Eugenio: A livello di stile i nostri parametri sono un po’ cambiati. Articolerei la nostra esperienza in tre fasi:
La fase iniziale in cui c’era il casino. La prima cosa che un gruppo cerca è l’energia.
Una fase poi in cui l’energia è stata sottratta per focalizzarsi sul contenuto.
Infine una terza fase in cui stiamo reinserendo l’energia ma cercando di controllarla maggiormente.
Per quanto riguarda i testi precedentemente erano molto più come un collage, un insieme di sensazioni e di pensieri che avevano magari un minimo comune denominatore. Come ti dicevo prima ricercavo anche molto la frase totemica.
Con il tempo mi è venuto più il gusto di raccontare delle storie.
Il mio riferimento principale a livello letterario è Giuseppe Ungaretti, per me è stato il più grande poeta italiano di tutti i tempi. Magari la perfezione stilistica appartiene di più a D’annunzio e Leopardi, ma la cosa che mi ha sempre catturato delle parole che usa Ungaretti è soprattutto la sensibilità, specialmente nelle poesie che ha scritto nel periodo successivo alla guerra, meno conosciute.
Nel testo di irripetibile c’è un verso: “reciso il volto” , proprio come “non recidere, forbice, quel volto” che è un verso di una delle più celebri poesie di Montale.
Ungaretti e Montale sono i miei principali riferimenti a livello lessicale.
Sicuramente tutti i gruppi e i cantautori che prima ti ho citato mi servono ma a livello musicale, sarebbe falso dire che mi ispiro a loro.
Comunque una delle frasi più citate di Ungaretti e in cui credo fermamente è “Io non credo che sia possibile migliorare come poeta se non si migliora come uomo”. Penso che sia vero, non è possibile cambiare stile di scrittura se non si cambia dentro. Penso di essere cambiato in questi anni, di essere cresciuto, forse per certi versi sono meno immediato come stile di scrittura (che può essere un difetto) però cerco di lanciare un messaggio chiaro.

Luca: La cosa che mi viene spontaneamente da rispondere è che io ho notato un’evoluzione improvvisa da quando abbiamo finito di registrare l’EP ad ora, con i pezzi nuovi (“Stella” e “Il mare”).
Sento una linea di demarcazione bella grossa e penso che sia dovuta ad un’energia e ad un entusiasmo che sono stati raccolti. Penso che si senta tanto la differenza tra i pezzi che comporranno l’EP e questi nuovi.

Eugenio: Questo EP ci è servito per maturare un nostro stile personale. Le canzoni dell’EP mi piacciono ancora però sento che sono canzoni che appartengono a un momento ormai superato.

-I pezzi nuovi li sento meno piatti degli altri, come se il tempo avesse più picchi e più sospensioni.

Eugenio: Sicuramente sono più maturi.

Luca: Sono stati composti subito dopo aver finito di registrare l’EP… ci siamo detti “Cavolo, ci fossero venuti prima!”.

Eugenio: Comunque sono d’accordo con te. Una delle cose che ci è stata fatta notare di più è che tutte le nostre canzoni cominciavano in un modo e finivano nello stesso modo.

Luca: A me piace anche questo di un gruppo che dura da tanto tempo: notare la differenza tra il passato e il futuro. Tutti i gruppi hanno evoluzioni a livello di suono e di testi, ma è positivo!

Eugenio: Una cosa che mi ha sempre dato tanta soddisfazione è vedere ai live la gente che sa le parole. E’ una cosa che mi emoziona molto perché a livello amatoriale, o comunque medio/basso come siamo noi, è raro che le persone sappiano le parole.
Penso che di fronte alla nostra musica sia difficile restare neutrali: le persone tendono a dare un giudizio netto, questo per me è molto positivo.

-Programmi per il futuro?

Luca: L’unico punto fermo è che vogliamo fare qualcosa che resti.
Cerchiamo poi di trovare una casa discografica che ci produca per fare un disco che abbia una buona visibilità.
Nessuno di noi sa cosa farà nella vita, il fatto di fare il musicista di professione è una cosa che aleggia nell’aria, ma non si sa.
L’obiettivo concreto è fare qualcosa che resti.
Per esempio “A sangue freddo” del Teatro Degli Orrori è un album che simboleggia gli anni zero. E’ un album che anche se lo ascolti sei anni dopo pensi “E’ un capolavoro”.
Loro fanno un suono anche più aggressivo e testi che appaiono da subito più impegnati, mentre noi agganciandoci alla musica cantautorale italiana coinvolgiamo un pubblico molto più vasto, anche a livello di età.

Eugenio: Io non suono per me stesso, io suono perché devo. Può sembrare una frase pretenziosa che molti dicono, forse intendendo qualcosa di diverso da me.
Da una parte la mia interiorità è sempre stata piuttosto espansiva, da quando ero piccolo con le poesie ho sempre voluto comunicare me stesso agli altri e poi con il tempo e con la mia conversione ho capito che comunicare me stesso non era abbastanza. Non penso di essere così interessante, però cerco di far sì che possa emergere un valore positivo dalla musica che scrivo.
Noto che l’arte di oggi tende ad esplorare gli aspetti più meschini dell’animo umano. Se nel passato si ricercava il bello, dall’età contemporanea in poi si è cercato, per converso, di negare gli aspetti migliori dell’animo umano.
Ora si cerca di andare ad esplorare tutto ciò che è nascosto, deteriore e brutto nell’uomo. Secondo me è l’ora di dare un taglio a ciò, convinto certo dalla mia fede, ma anche dalla mia ragione e dalla mia “pancia”. Mi sembra che il nostro paese aver smarrito completamente la bussola sia da un punto di vista morale che artistico. Non penso certamente di essere un profeta ma penso che ci sia invece ancora molto di buono in me e, in generale, nella nostra generazione.
Mi piacerebbe far vedere che questo “buono” è possibile coltivarlo e cantarlo in maniera non puerile

-Non buonista anche

Eugenio: Ecco, non buonista.

Allego in fondo alla pagina i due link dei video ufficiali (“Irripetibile” e “Marzo”) del gruppo.
Ringrazio i Siberia per la loro disponibilità e faccio loro un enorme in bocca al lupo per tutto.

https://www.youtube.com/watch?v=iniMqRvuAKg
https://www.youtube.com/watch?annotation_id=annotation_2444683937&feature=iv&src_vid=iniMqRvuAKg&v=sep2SQH9VZM

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Rosa Caramassi

Sono nata a Piombino nel 1996 e vivo a Livorno. Solamente tre anni dopo la mia nascita comincio a fare danza, con il passare degli anni arrivo a fare danza contemporanea.
Ho una grande passione per le correnti avanguardiste del novecento, letteralmente, artisticamente e musicalmente.
Da quando sono piccola ho una grande passione per la Francia e Parigi (anche in quanto "ombelico" dei più grandi artisti e scrittori del novecento).
Mi piace viaggiare e vedere nuovi posti, odio restare tutto l'anno nella mia città con cui ho un rapporto quasi di odio amore (come più o meno tutti i Livornesi).
Frequento il liceo classico ISIS Niccolini Palli, ma a dirla tutta studio solo ciò che piace a me, motivo per cui non vedo l'ora di iscrivermi in un' università francese.
Ho un grande interesse verso la politica italiana, soprattutto del 1900 e più di tutti approfondisco sul Partito Comunista Italiano e sui personaggi che lo hannno popolato.

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