19 Aprile 2024

Lo scorso 9 Febbraio si sono tenute le primarie del New Hampshire.
Grandi sconfitti sono stati gli establishment di entrambi i due principali partiti americani, infatti a prevalere sono stati gli outsider Bernie Sanders, in campo democratico, e Donald Trump, in campo repubblicano.

PRIMARIE DEL NEW HAMPSHIRE: I VINCITORI…

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Il vincitore delle primarie democratiche del New Hampshire Bernie Sanders.

Per quanto riguarda Bernie si può parlare letteralmente di un trionfo, che lo ha visto vincere in tutte le contee dello stato, con maggioranze molto elevate (in alcune addirittura con il 70%).


A livello statale il Senatore del Vermont ha raccolto il 60,4% delle preferenze (151.584 voti), a più di 22 punti percentuali (e più di 55.000 voti) di distacco dalla Clinton, che si è fermata al 37,95% (95.252 voti).
Come in Iowa tra i più giovani il suo consenso ha superato ampiamente l’80% (secondo gli exit polls della CNN), ma questa volta ha avuto un ampio consenso anche tra i trentenni (72%) e tra i quarantenni (60%), ed è stato preferito anche tra gli over 50 (51%).
Inoltre ha ottenuto la maggioranza sia tra i laureati (56%) che tra i non laureati (68%), sia tra i meno abbienti (71% degli elettori con reddito inferiore a 30.000 dollari) che tra i benestanti (oltre il 60% degli elettori con reddito tra i 30.000 e i 100.000 dollari). Consenso particolarmente ampio ha ottenuto tra gli elettori indipendenti (72%) e tra quelli che votavano per la prima volta (78%).

Effettivamente anche i sondaggi facevano presagire una vittoria di Sanders, ma non di simili dimensioni, infatti negli ultimi giorni si era registrato un calo dei suoi consensi e una rimonta sostenuta dell’ex Segretario di Stato, che avrebbe dovuto attestarsi sul 40%.

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Il vincitore delle primarie repubblicane del New Hampshire Donald Ttrump.

Anche Trump è andato aldilà delle aspettative superando addirittura il 35% (mentre i sondaggi lo davano ancora sopra il 30% ma in calo), ottenendo la maggioranza relativa in tutte le contee del New Hampshire e risultando, secondo gli exit polls della CNN, il candidato preferito di tutte le categorie di elettori, a prescindere dall’età, dal genere, dall’appartenenza etnica, dal reddito o dal titolo di studio.
Comunque la vera sorpresa è stata la resurrezione” dei moderati, con John Kasich, che non si è limitato a superare Cruz (cosa che comunque in molti avevamo pronosticato), ma è addirittura arrivato secondo con il 15,8% staccando il “gruppo” di quasi 5 punti percentuali.
Anche Jeb Bush ha conseguito un risultato eccezionale superando ampiamente il 10% e posizionandosi a nemmeno 2000 voti da Cruz. Infatti entrambi hanno superato l’11% (Cruz 11,68% e Bush 11,02%) collocandosi in quella che potremmo definire una terza posizione ex aequo.
Ted Cruz è andato un po’ al disotto delle aspettative, infatti i sondaggi lo collocavano al 12,5%, ma comunque può dirsi soddisfatto di essere rimasto tra i primi tre.

…E GLI SCONFITTI

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L’ex Segretario di Stato Hillary Clinton.

Si è trattato di una grave sonfitta invece per Hillary Clinton, che non è riuscita a vincere in nemmeno una contea e che è risultata preferita soltanto tra gli elettori over 65 (55%) e tra quelli con reddito superiore ai 200.000 dollari (53%). Anche tra le donne questa volta il preferito è stato Bernie Sanders (55%) e tra le minoranze etniche, che in Iowa avevano favorito la Clinton, i due candidati hanno ottenuto praticamente pari sostegno. Per fortuna dell’ex Segretario di Stato 6 super delegati su 8 sono orientati per sostenerla, quindi a conti fatti ha ottenuto lo stesso numero di delegati del suo avversario. Infatti Bernie si è aggiudicato 15 dei 24 delegati assegnabili, mentre Hillary ne ha ottenuti 9, ma con i super delegati arriva anche lei a 15.

I grandi sconfitti in campo repubblicano sono Marco Rubio, Chris Christie e Carly Fiorina.
Rubio ha superato il 10% dei consensi ed ha ottenuto lo stesso numero di delegati di Cruz e Bush, ma le sue aspettative erano decisamente più elevate, visto che i sondaggi precedenti il dibattito di abc News del 6 Febbraio lo davano in forte rimonta al secondo posto dietro Trump, ed invece non è arrivato nemmeno quarto. Probabilmente le accuse di aver imparato a memoria delle risposte prefabbricate, rivoltegli durante il dibattito da Chris Christie, hanno convinto gli elettori a voltargli le spalle.

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Dopo il risultato deludente in New Hampshire Chris Christie ha ritirato la propria candidatura.

Purtroppo per Christie però questo calo di consenso per Rubio non si è tradotto in un aumento dei propri voti (probabilmente ne sono stati invece avvantaggiati Kasich e Bush). Infatti il Governatore del New Jersey, pur avendo ottenuto un risultato migliore (7,42%) di quello conseguito in Iowa, non ha superato il 10% e non ha ottenuto nemmeno un delegato.
A seguito di questo risultato Christie ha deciso di ritirare la propria candidatura.
Carly Fiorina, anche tenendo conto che a differenza di altri candidati era stata esclusa dall’ultimo dibattito, ha ottenuto un risultato decente e migliore delle aspettative (4,12%), ma anche lei, essendo rimasta sotto il 10% e non avendo ottenuto alcun delegato, ha deciso di ritirare la propria candidatura.

Pessimo risultato anche per Ben Carson, ma era già previsto dai sondaggi e, a differenza degli altri candidati, il neurochirurgo può sempre vantare un buon posizionamento nei sondaggi nazionali, quindi non ha -per ora- alcun motivo di ritirarsi.


Va rilevata infine l’incredibile determinazione -a tratti comica- di Jim Gilmore, che aveva deciso di continuare la sua corsa nonostante i pessimi risultati elettorali (in Iowa aveva ottenuto 12 voti e lo 0,01%, in New Hampshire ha ottenuto 133 voti e lo 0,05%).
Gilmore ha poi però comunicato il proprio ritiro il 12 Febbraio, ad un giorno dal dibattito Repubblicano.

In definitiva i candidati repubblicani rimasti in campo, e che hanno partecipato al dibattito del 13 Febbraio, sono sei: Donald Trump, John Kasich, Ted Cruz, Jeb Bush, Marco Rubio e Ben Carson.

IL DIBATTITO DEMOCRATICO: IL CONSENSO DEGLI AFROAMERICANI

Bernie Sanders e Hillary Clinton al dibattito organizzato dalla PBS presso l’Università del Winsconsin-Milwaukee.

I democratici hanno tenuto il proprio dibattito l’11 febbraio.
E’ stato organizzato dalla PBS in collaborazione con la CNN, Facebook e l’Università del Winsconsin-Milwaukee che ha ospitato l’evento.

Si è parlato di tutti i temi caldi della campagna elettorale: accessibilità della formazione universitaria, assistenza sanitaria, questione razziale, regolamentazione del mercato finanziario di Wall Street, sistema di finanziamento dei partiti, politica estera, guerra in Siria, immigrazione, ecc…
I due candidati hanno ribadito le proprie posizioni sui vari temi, ma questa volta lo hanno fatto con toni decisamente più accesi rispetto ai precedenti dibattiti. Entrambi hanno dimostrato di aver studiato a fondo la storia” del proprio avversario tirandone in ballo, nei momenti più opportuni, vecchie prese di posizione.
In particolare si è notato come sia Hillary che Bernie cercassero con tutte le loro forze il consenso delle minoranze etniche ed in particolare degli elettori di colore.
Infatti entrambi hanno cercato di affermare la propria continuità politica rispetto all’operato di Obama, presidente che gode di un enorme consenso all’interno della comunità afroamericana.
La cosa non stupisce, visto che i prossimi stati al voto, Nevada (20 Febbraio) e, in particolare, South Carolina (27 Febbraio) hanno grosse comunità ispaniche e afroamericane, che probabilmente saranno decisive.
Attualmente, da questo punto di vista, la Clinton dovrebbe essere in vantaggio, infatti sia i sondaggi che i risultati del caucus dell’Iowa la mostrano come candidato preferito tra i neri.
Comunque per quanto riguarda il Nevada gli ultimi sondaggi preannunciano un Caucus combattuto, con entrambi i candidati al 45% e pertanto saranno decisivi i numerosi indecisi (10%).
Per quanto concerne le primarie del South Carolina sembrerebbe praticamente certa una vittoria di Hillary, che guida il sondaggio aggregato del mese di Febbraio con circa il 65% contro il 35% di Bernie.

Danny_Glover_2014
Lo scorso 4 Febbraio l’attore afroamericano Danny Glover ha deciso di sostenere Bernie Sanders.

La lotta per il consenso dei neri si sta combattendo anche a colpi di endorsement.
Bernie, consapevole dell’ampio consenso di Hillary tra gli elettori di colore, cerca da mesi di procurarsi il sostegno di volti noti della comunità afroamericana. Tra di essi figurano l’intellettuale Cornel West, l’attore Danny Glover (noto per la sua interpretazione in Arma Letale), l’attrice Tatyana Ali (nota per il suo ruolo ne Willy, il principe di Belair), il cantante Harry Belafonte, i rapper Killer Mike, Big Boi, Lil B, gli attivisti Shaun King e Al Sharpton e l’ex senatrice dell’Ohio Nina Turner.

I più famosi restano però al fianco di Hillary: è il caso di vari attori, cantanti e professionisti sportivi come Samuel L. Jackson, Jamie Foxx, Chris Rock, Stevie Wonder, 50 Cent, Snoop Dog, Kanye West, Will.I.Am, Ne-Yo, Magic Johnson, ecc…
Inoltre qualche giorno fa la Clinton ha ottenuto pure l’endorsement del Congressional Black Caucus.
L’aspetto più squallido, in questa vera e propria corsa all’endorsement, sta nel fatto che sia Bernie che Hillary stiano cercando supporti persino tra i parenti delle vittime delle violenze razziali commesse da ufficiali di polizia (particolarmente noto è il caso di Michael Brown a Ferguson), strumentalizzando per tornaconto elettorale delle terribili tragedie familiari.
Tra l’altro tutto ciò potrebbe persino risultare inutile perché è possibile, se non probabile, che non vi sia correlazione tra tali endorsement e l’effettivo supporto della comunità afroamericana.

NYC action in solidarity with Ferguson. Mo, encouraging a boycott of Black Friday Consumerism.
A seguito dell’uccisione di Micheal Brown a Ferguson nel 2014 le manifestazioni del movimento #blacklivesmatter si sono diffuse in tutto il paese.

Niambi Carter, professoressa di Scienze Politiche presso la “Howard University”, intervistata dal Washington Post ha affermato proprio che questi endorsement probabilmente non porteranno alcun voto ai candidati democratici.

Secondo la Carter i parenti delle vittime “non sono persone alle quali guardiamo per impostare il nostro programma politico. Fanno parte, purtroppo, del dibattito pubblico a causa delle loro tragedie familiari, che però non li qualificano necessariamente come interpreti di quali siano le effettive esigenze e richieste politiche della comunità afroamericana.”

Comunque è probabile che la vera carta vincente di Hillary nella lotta per il consenso dei neri consista semplicemente nella sua posizione più rigida riguardo al controllo sulle armi. Infatti molti afroamericani ritengono che con un maggior controllo sulla circolazione delle armi le strade sarebbero più sicure, le forze dell’ordine -di conseguenza- sarebbero meno in allerta e probabilmente molti meno giovani di colore rimarrebbero uccisi da poliziotti dal grilletto facile.

IL DIBATTITO REPUBBLICANO: TUTTI CONTRO TUTTI

 

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Il defunto giudice Antonin Scalia, membro della Corte Suprema degli Stati Uniti. Prima di iniziare il dibattito i candidati repubblicani hanno osservato alcuni secondi di silenzio in sua memoria.

Il dibattito, organizzato dalla CBS ha avuto luogo il 13 Febbraio.
In apertura si sono tenuti alcuni secondi di silenzio in memoria del defunto giudice Antonin Scalia, membro della Corte Suprema degli Stati Uniti.
La questione della sua sostituzione è poi stata argomento della prima domanda e praticamente tutti i candidati repubblicani hanno auspicato che il Presidente Obama, in quanto a fine mandato, non proceda ad alcuna nomina, lasciando che vi provveda piuttosto il suo neo-eletto successore.
Poi si è parlato di vari argomenti: immigrazione, politica estera, terrorismo, sicurezza sociale, assistenza sanitaria, genitorialità pianificata (planned parenthood), ecc…
cbsI toni sono stati particolarmente accesi con continui litigi tra i candidati. Ha iniziato Trump attaccando pesantemente Bush per le sue posizioni in politica estera (Jeb difendeva l’operato del fratello George W. ed in particolare la sua decisione di invadere l’Iraq), poi i due hanno continuato a punzecchiarsi per tutta la serata.
Cruz ha preso di mira Rubio per le sue posizioni, ritenute troppo moderate, in materia di immigrazione.
L’alterco tra i due è divenuto bilingue quando Cruz, “accusato” da Rubio di non saper parlare in spagnolo, ha scandito le parole “ahora mismo, si quieres, en español” invitando provocatoriamente l’avversario a proseguire in spagnolo.
Poi Cruz ha attaccato anche lo stesso Trump, accusandolo di essere stato progressista in passato, sostenendo in più occasioni i candidati democratici. Trump ha quindi ribattuto: “sei il peggiore dei bugiardi, forse persino peggio di Jeb Bush”.
Poi Bush si è scagliato contro Kasich per le sue posizioni troppo progressiste in materia di assistenza sanitaria, ma il Governatore dell’Ohio ha risposto a tono senza contrattaccare, rifiutandosi di alimentare polemiche sterili ed affermando che i repubblicani dovrebbero restare uniti e non darsi addosso l’un l’altro.
L’unico che è riuscito a restare completamente al difuori dei litigi è stato Ben Carson, che, come al solito, ha parlato meno di tutti, ma rispetto agli altri dibattiti ha ricevuto molte più domande.

I prossimi appuntamenti elettorali repubblicani sono le primarie del South Carolina (20 Febbraio) e il Caucus del Nevada (23 Febbraio).
Trump, in crescita dopo il dibattito del 13, guida i sondaggi relativi al South Carolina, dove potrebbe raggiungere il 40% (stando al sondaggio aggregato di Febbraio sarebbe al 39,7%). A contendersi il podio Cruz (18%), Rubio (15%), Kasich (11%) e Bush (10%). Dovrebbe restare indietro più distanziato Ben Carson con circa il 5%.
Di incredibile rimonta (con aumento di quasi 10 punti percentuali) si tratta per John Kasich, che prima del successo in New Hampshire era dato solo all’1-2%.
Stando agli ultimi sondaggi di dicembre (purtroppo non ne sono disponibili di più recenti) che lo vedevano al 33%, Trump dovrebbe vincere anche in Nevada.

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Fernando Petrolito

Siciliano, vivo a Pisa da 6 anni (con parentesi Erasmus a Sevilla), dove studio Giurisprudenza. Da sempre seguo con grande attenzione gli eventi politici che si verificano nelle varie parti del mondo, perché penso che anche ciò che accada nei più remoti angoli del pianeta ci riguardi tutti. Tutto il mondo è casa mia.

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