25 Aprile 2024

Qui su Uni Info News, il mercoledì è dedicato alla letteratura! Con cadenza settimanale, verranno pubblicati racconti e poesie di giovani autori da tutta Italia, selezionati dalla nostra redazione!

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Oggi pubblichiamo il terzo capitolo di una storia in sei puntate al confine tra sogno e realtà, firmate Alice Rugai. Buona lettura!

SUNSET

I dolori della giovane Beatrice

di Alice Rugai

Si apre il sipario. Ore due della notte circa. Strada deserta asfaltata. Due ragazzi, un maschio e una femmina, vestiti di nero escono da una porta sul fondo. Lui prende lei per mano e con forza la tira fino al ciglio della strada per poi scaraventarla a terra.

B Hey ma cosa diavolo fai?


T Quello che molti essere umani della nostra età amano fare: cazzate, per sentirsi vivi, ribelli e liberi.

B Temo che se mi schiaccerà una macchina mi sentirò poco viva.

Risate. Una macchina passa in lontananza, come una voce fuori campo. Lui forza lei a sdraiarsi sulle strisce pedonali e poi fa lo stesso.

T Così non ti senti più viva?

B Sinceramente mi sento più vicina alla morte.

T E non trovi che sia eccitante? Che si viva davvero più si è vicini alla morte?

Lei non risponde, annuendo col pensiero. Fissa il cielo.

B Le stelle sembrano più luminose da qui.

Lui si avvicina a lei e la bacia dolcemente, stringendosi a lei.

B Se dovessi morire in questo momento, morirei felice.

T Anche io

Devo ammettere che dette da un vampiro quelle parole mi hanno fatto un po’ strano. I vampiri non sono mai vicini alla morte e forse per questo non vivono mai veramente? Boh. La cosa sarebbe molto malinconica e romantica. Ma in quel momento non ci ho ragionato troppo, ho preferito le certezze ai dubbi. Di tre cose ero del tutto certa. Primo, Thomas era un vampiro. Secondo, se non fosse stato per quella boccetta forse mi avrebbe già staccato la testa a morsi. Terzo, ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui.

 

Esistono tre tipi di discontinuità in una funzione. Quella di prima specie, in cui i limiti destro e sinistro sono diversi, quella di seconda specie in cui il limite è infinito e quella di terza in cui il limite è uno solo. “Ma come può l’infinito rappresentare un limite, professoressa?” “Puoi scrivere anche che non c’è, infatti, Bevilacqua, oppure scrivi limite uguale infinito. Ora ti prego di non interrompere più la lezione ponendo problemi filosofici alla classe, grazie”

Beatrice si zittì subito e si sentì stupida per aver fatto un’osservazione del genere. Continuò a prendere appunti in modalità automa, attendendo il suono della ricreazione. Thomas non era presente neanche quel giorno, era il quinto giorno di assenza da scuola. Cosa stava combinando? Avrebbe potuto almeno avvertirla. Ma forse erano affari da vampiri e lui non aveva ancora fatto coming out.

 

“Mi manca, Anna” “Capisco. Poi dopo che uno passa una serata del genere, ti riaccompagna a casa e tutto il resto..insomma.. sparire così, poteva almeno lasciarti un messaggio su facebook, cavolo!” “La penso uguale. È come se mi fossi svegliata sola nel letto dopo una notte di sesso” “Ora esageri, Bea” “Beh, se avessi avuto la casa libera l’avrei fatto salire” “Ma non ci avresti fatto sesso. Non sei mica me” “Hai ragione ahahahha avremmo finito per guardare un film” “Casi persi” “Comunque, credo di amarlo” “ Esageri di nuovo, Bea” “Davvero. Potrei morire per lui. Ogni frase che dice, ogni suo gesto, è l’emblema della perfezione, i suoi baci sono l’estasi e..” “Bellini” “Aspetto solo che si dichiari” “ Ci vuole un po’ per dire ti amo, eh, mica tutti sono come te” “Io mi riferivo al fatto di essere un vampiro” “Bea, ancora con questa storia? Io ti voglio bene e tutto, con quei tuoi modi cimiteriali e le tue strane fantasie ma questo è troppo. Smettila di dire queste cose o finirai per crederci veramente. I vampiri non esistono” “E allora perché secondo te andrebbe in giro con una boccettina di sangue?” “E che ne so io? Chiediglielo” “No. Perché io so il perché, non sono ottusa e scettica come te. Tutta la letteratura sui vampiri, un fondo di verità c’è per forza” “Ma ti rendi conto? Sembra di parlare con una che crede ancora in Babbo Natale… Martedì ci sono i colloqui ed ho quattro materie insufficienti, questa è la realtà” “Mi dispiace” “A te dispiace un po’ troppo la realtà, Bea. Ha più parlato con tuo padre?” “No”

 

Ho due misteri da risolvere. 1) dove è finito Thomas 2) chi è Ele . Temo di non essere una brava detective. Ho finito l’altro libro della Radcliffe e adesso cazzeggio su Internet nella vana speranza che entri online Thomas. O Ele, chissà che non sia fra i miei amici. Una amica di mia mamma, magari. Ma poi cosa me ne importa in fondo? Cosa mi interessa? Entra online dannazione. Entra online. Entra online. Cinque giorni. Non resisto più. Cinque giorni. Cinque giorni che non ti vedo o ti sento. Mi manchi. Manchi. Manchi.

“Chi è che non vedi da cinque giorni, tesoro?” “Oh, no”. Beatrice si accorse che stava pensando a voce alta. “Nessuno, mamma”. Sua madre bussò piano alla porta e poi entrò, esordendo con il tipico “Non mi dici mai niente della tua vita” dei genitori coi sensi di colpa. “Ma niente davvero, mamma, un ragazzo di scuola, nuovo” La donna si fece spazio fra i libri sparsi sul letto e si sedette. “E ti piace?”. Certo! Lo amo, ma è sparito, forse perché è un vampiro e io non vedo l’ora di trasformarmi grazie al suo morso. “Un po’” “E a lui tu piaci?” “Così sembrava” “Cosa è successo?” “Sono cinque giorni che non si fa sentire e non viene a scuola” “Non ti disperare, vedrai che è una sciocchezza… Sono contenta che tu abbia trovato qualcuno” Beatrice si accorse della voce tremolante di quella donna che sembrava così sola, lasciò il pc e corse ad abbracciarla. “Ti voglio bene, mamma” “Anche io, piccola mostriciattola”. Dopo qualche minuto il lato donna-delle-pulizie-nazista di sua madre venne allo scoperto e Beatrice promise che avrebbe pulito tutto quella sera. Sembrava tutto perfetto, fino a quando: “Mi vuoi dire perché non parli con papà?” “Preferisco di no”. Per lo stesso motivo per cui non ci parli tu! Magari sapeva già di Ele, o magari no. Comunque fosse, lei non avrebbe fiatato, non avrebbe mai rischiato di eliminare la possibilità di una flebile riconciliazione fra i suoi genitori.

 

“Ti aspettavo”

“Ciao”

“Tutto qui?”

“Cos’hai contro i ciao?”

“Niente. Solo che non ti sei più fatto sentire. Che fine hai fatto?”

“Nessuna, a quanto pare sono ancora vivo”

“Mi sei mancato”

“Hai vissuto anni senza di me, altri giorni in più non faranno la differenza”

“Non è colpa mia se ti sei trasferito solo quest’anno. Ti sono mancata?”

“Immagino che debba rispondere sì”

“Sei nervoso?”

“Non lo so”

“Domenica è stato bellissimo. Non vedo l’ora di rivederti”

“Forse è meglio di no”

“Come sarebbe a dire? Mi lasci prima di esserci messi assieme?”

“Sarebbe meglio per te continuare la tua esistenza senza di me, porto solo guai, davvero”

“C’è un’altra? Non mi importa se pensi di portare guai. Per ora hai portato solo la felicità”

“Non dire stupidate. Chi vuoi che ci sia? Solo che sono convinto che sia meglio non vederci più”

“Ci dovevi pensare prima di baciarmi, dovevi pensarci prima se fosse il caso o no, ormai è fatta”

“Ti amo”

“Ecco e io adesso che cosa dovrei rispondere? Prima dici di non volermi più vedere, e poi che mi ami”

“Te l’ho detto che porto solo guai…”

“ -.-“

“Bea se potessi te lo direi… Mi sono trasferito per questo..”

“Senti l’ho capito cosa sei”

“Non dire uno stronzo, ti prego”

“No, no…so che non puoi dirlo, ma io non ho problemi, ti devi fidare di me”

“Cosa sai? Chi ti ha detto cosa?”

“Nessuno mi ha detto nulla..ma la boccetta col sangue… L’ho capito…”

Thomas Ramsauer è offline.

Lacrime.Lacrime.Lacrime.Lacrime.Lacrime.Lacrime.

Ore 20.50. Beatrice Bevilacqua scrive: “So che sei ancora al computer. Cosa credevi? Che non avrei notato tutti gli indizi? La boccetta, il tuo percepire ogni mio pensiero prima che io apra bocca, i tuoi tagli sulle mani, i tuoi occhi stanchi, il tuo pallore… Ho capito che sei un vampiro. Ma non è un problema, davvero. Io morirei per te. Ti amo. Ti prego, ti prego, non mi abbandonare adesso. Non mi abbandonare, non adesso, ti prego. Un giorno io morirò e ti abbandonerò, ma finché sono in vita non mi lasciare sola. So che sono solo una mortale, ma …Se domani vieni a scuola, Chimica interroga sul capitolo nuovo.

Mi manchi.”

Inutile chiamare Anna, non sarà in casa adesso. Tra poco la cena sarà pronta e lo dovrò essere anche io. Non voglio pensare a quello che ho scritto. Forse mi crederà una pazza. In tal caso meglio così, ho scoperto subito che non era l’uomo della mia vita, prima di andarci ad abitare assieme e farci una figlia.

“Bea, io e tua madre vorremmo sapere perché hai smesso di parlarmi” “Mamma, puoi chiedere a papà se ti allunga una fetta di pane?”. Sua madre le avvicinò un po’ del pane avanzato. “Grazie” “Bea, dai, rispondi a tuo padre” “No” “Beatrice, si può sapere cosa passa per la tua testa, una buona volta?” E nella tua? Chi diavolo è Ele? “Tesoro, dì a tuo padre la verità” “Sono una adolescente dark, nella mia testa c’è solo sesso, droga e satanismo, niente di cui preoccuparsi” “Forse è meglio lasciarla stare stasera, anche tu poi sarai stanco dopo aver lavorato tutto il giorno e io..” “Eleonora finiscila una buona volta!” La madre di Beatrice guardò l’uomo a capotavola con uno sguardo sconsolato. “Si chiama Claudia, stupido idiota!” urlò poi la ragazza, alzandosi di scatto e tornandosene in camera sua. Non era necessaria la laurea in psicologia per capire quel lapsus Freudiano e sua madre poteva analizzare quanto voleva, ma non avrebbe mai trovato ciò che sperava.

Ore 23.50. Beatrice Bevilaqua scrive: “Scusa per la sclerata di prima, ho esagerato. Volo troppo di fantasia, ma devi ammettere che hai degli atteggiamenti ambigui alcune volte. Per me è un periodo difficile poi, quindi mi merito il perdono. Ti amo anche se non sei un vampiro, l’importante è che tu sia sempre sincero con me. Ho bisogno di parlare con te.”

Ore 00.00. Thomas Ramsauer scrive: “ Ora non posso, ho da fare. A domani.”

 

Inutile dire che Beatrice quella notte non dormì. Si sentì profondamente sciocca e sognatrice, circondata da una orribile realtà. Maledetti i libri e l’immaginazione, maledetti i sentimenti e le speranze. Persino le stelline fosforescenti sopra la sua testa la deridevano. Una bambina, ecco cosa era, ancora una piccola bambina che ha bisogno della favola per addormentarsi, che fa le bizze se tutto non va secondo i suoi desideri. Una ragazza utopista che sarebbe deceduta per “morte sociale” se avesse continuato ad essere così stramba. Doveva massificarsi, unificarsi, amalgamarsi ed accettare la realtà come Anna e tutti gli altri. C’era poco da fare, se non voleva morire sola. Scaraventò fuori dalla finestra socchiusa il libro della Radcliffe e la lucina, creando delle improvvise ombre inquietanti sulla parete della sua stanza, e poi continuò a piangere nel dormiveglia.

 

“Pss, Bea?” Beatrice si tolse il punk rock a palla dalle orecchie e si accorse che da dietro il muretto del giardino, qualcuno la stava chiamando. “Chi c’è?” Si sporse e vide Thomas accucciato con lo sguardo fisso su quella che sembrava una crepa enorme. “Ah sei tu…cosa diavolo ci fai lì acc” “Shhhh vieni”. Beatrice, che fortunatamente quella mattina indossava leggins neri, scavalcò il muretto senza difficoltà e si accucciò accanto al suo principe delle tenebre. “Scusa ancora per ieri, non mi consideri matta, vero?” “Forse” “Mi devi parecchie spiegazioni” “Anche tu, ma adesso zitta e osserva”. Beatrice si concentrò e vide uno spettacolo molto triste: una mosca si stava dimenando intrappolata nella tela di un ragno. “Oh, ma è orribile: liberiamola!” “Non dire sciocchezze, noi non possiamo liberarla. Guarda come si dimena, è incredibile come sia aggrappata alla vita, una vita mosca poi” “Salviamola, ti prego” “Oh, Bea, anche se la liberassimo non credo che potrebbe vivere a lungo” commentò Thomas, mentre schizzava sul suo Moleskine le ultime ore di quella mosca “ e soffrirebbe” “Magari ha una famiglia” “Dubito che gli insetti abbiano dei sentimenti” “Ah e tu che ne sai?”. Dopo qualche secondo un’altra mosca volò in direzione della ragnatela, ma riuscì a non rimanere impigliata. Volteggiò un po’ intorno alla sua simile in fin di vita e poi si allontanò verso il bar. “Magari si conoscevano” ipotizzò Beatrice “dai, liberiamola!” “Smettila, dannazione, non possiamo” Thomas sembrava veramente arrabbiato mentre la seconda campanella suonava. “Scu..scusa… non volevo, ecco… Non mi sembrava giusto” “Infatti non è giusto, l’altra mosca no e questa sì, non c’è giustizia” “La campanella è suonata” “Buchiamo” “ Ma non eri il signorino io-sono-nuovo-non-voglio-guai?” “No, ero il signorino facciamo-quello –che –fa –lei e tu avevi detto che entravi per il compito”. Beatrice rimase spiazzata. “Ok, allora, e buchiamo, ci sto” “Perfetto. So dove andare” Mentre Thomas rimetteva in ordine il suo quadernino e lo richiudeva con l’elastico, Beatrice con le dita distrusse la ragnatela e appoggiò la mosca su una foglia del cespuglio lì vicino. “Morirà ugualmente, io ti ho avvertito” “Almeno ci ho provato”.

 

Thomas non aveva detto dove fossero diretti, anzi, non aveva proprio aperto bocca da quando avevano scavalcato il muretto dall’altra parte. Pareva immerso in tristi pensieri, perché la sua bellezza scultorea era attraversata da piccole rughe mentre sedeva nel bus. Era comunque bellissimo. Beatrice attendeva che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, osservando la vita scorrere dal finestrino e la loro piccola città allontanarsi sempre di più, come appartenente ad un passato lontano, ad un’altra dimensione.

“Siamo arrivati. Seguimi”

Eravamo in un bosco. Non un bosco fantastico, sembrava più una pineta, ma io preferisco chiamarlo comunque bosco. Circondati dagli alberi, continuavamo a camminare verso una meta che solo Thomas sembrava conoscere. Non ero mai stata in quel luogo, eppure aveva qualcosa di familiare. Ci fermammo in un piccolo spiazzo privo di alberi e mi sedetti su una panchina di legno mentre Thomas continuava ad andare avanti e indietro, come per misurare il raggio di diffusione che avrebbero avuto di lì a poco le sue parole. Moriva dalla voglia di dirle, e io dalla voglia di sentirle. “Ti ho portata qui per dirti una cosa molto importante” “Mi piace qui, mi ricorda qualcosa” “Non mi interrompere…Dicevo…ti sarai chiesta il perché dei giorni di assenza, della boccetta e…” Thomas mi fissava mentre parlava e io dovevo avere la faccia di una bambina che sta per incontrare Babbo Natale perché il mio sogno si stava materializzando di fronte ai miei occhi. “Devi sapere che è lo stesso motivo per cui mi sono trasferito e..” Dannazione, perché non finiva quella maledetta frase? “E, va bene, sono un vampiro. Contenta?” Lo assalii di baci, non sto scherzando. Lo amavo alla follia e continuavo a ripeterglielo senza neanche aspettare i suoi “anche io, anche io”. Era troppo, il mio cuore scoppiava di felicità. Lo sapevo. L’avevo sempre saputo. Non ero più una stupida bambinetta bovarista, ero la fidanzata di un vampiro. Avrei dovuto iniziare a comportarmi come tale.

“Eri a caccia in questi giorni?” “Esatto. La cosa ti spaventa?” “No. Sai, è tutto come l’ho sempre sognato. Io e te sdraiati in una radura a progettare della nostra vita immortale” “Hey, non ho ancora detto che ho intenzione di trasformarti. Farei di tutto per te, ma…” “Diamo tempo al tempo, non ti preoccupare. Ma il mio sangue ti attira?” “Tremendamente arrrrrg” Questa volta il suono non sembrava affatto quello di un orso con la raucedine. “Mi devi promettere che rimarrà fra noi due. Sono scappato dall’altro paese perché era stato scoperto il mio segreto” “Promesso”.

 

E così sono queste le serate della fidanzata del vampiro, non mi lamento affatto. Sono le due passate, due minuti passati da quando Thomas è uscito dalla finestra, stesso luogo da dove era entrato. Abbiamo fatto tardissimo e i miei non si dovrebbero essere accorti di nulla, sempre se mio padre ci fosse, penso mia madre stesse dormendo sola in salotto davanti alla tv rimasta accesa su qualche film strappalacrime. Ci siamo baciati, ed anche alla grande, e non mi aspettavo che piombasse in camera mia ad un’ora del genere , senza preavviso, con il mio libro della Radcliffe tutto pieno di erbacce. “C’è scritto che è della biblioteca, non si trattano così i libri in generale, ma quelli che non sono di tua proprietà specialmente.. Povera Radcliffe” “Non ce l’avevo con lei” In realtà ce l’avevo con lui, Thomas, e col mondo che mi circondava, quando l’avevo lanciato. “Hai ragione, ho avuto un momento di debolezza”. Sto ancora sospirando. È tutto come nei libri, adesso. Solo che non ho un albero davanti alla finestra come ogni adolescente sfuggevole che si rispetti, quindi Thomas si è arrampicato sulla grondaia e sul cornicione, immagino. “Non hai i canini” “Escono solo nel momento del bisogno e sono già sazio”. Chissà che cosa aveva bevuto, spero la boccetta, spero… Ma Thomas non è un assassino. “La prossima volta che vengo voglio che tu mi segua” Penso che quelle labbra le seguirei ovunque, così come quel giubbetto. Devo trovare un pijama abbastanza sexy per la scampagnata notturna che si prospetta. Tornando alla realtà, anzi, alla parte pallosa della realtà: domani ci sono i colloqui e io stamattina ho bucato.

Image by Francesca Croci
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Alice Rugai
Alice Rugai

Alice Rugai è una giovane scrittrice fallita della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Pisa. Grafomane da sempre, ha pubblicato Romanticite con la casa editrice Aletti. Responsabile della sezione Arte e Cultura del quotidiano di moda online MIME, adesso è alla disperata ricerca delle parole giuste, se mai ce ne sono, in prosa. Appassionata di letteratura e di arti in genere, scaricatrice pirata compulsiva di film mezzi sconosciuti e period drama della BBC, spera di poter fuggire presto in erasmus nella patria dei teinomani. Come ogni Alice che si rispetti passa, ma non perde, la maggior parte del tempo fantasticando curiouser and curiouser. Convinta che recitare sia sinonimo di vivere, si intrufola nei palcoscenici da più di dieci anni e non sembra intenzionata a smettere.

 

francesca
Francesca Croci

Fracesca Croci, soprannominata Skellington per ovvie passioni, attualmente si dedica alla Grafica D’arte all’Accademia di Belle Arti di Carrara, è appassionata di cinema ed arte, di ogni tipo, i suoi miti sono Kafka, Bosch e Giger. Il suo principale difetto è la sua nevrosi e la sua compulsività; non si separa mai da penna e fogli.

Ama leggere, adora la cioccolata e gli insetti.

 

 

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Giulia

Giulia Pedonese, classe 1992, ha cominciato a scrivere prima di sapere la grammatica e, visto che nessuno è riuscito a fermarla, studia lettere classiche all'università di Pisa. Ama cantare, non ricambiata, e nel frattempo si è data un nome d'arte con i baffi.

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