27 Luglio 2024

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Una volta si chiamavano Giorgio Almirante, Pino Romualdi, Augusto De Marsanich.

Uomini che, nonostante la pesante eredità del regime fascista e delle sue terribili conseguenze per il Paese, avevano tentato di mantenere in piedi  in Italia l’etica patriottica, il senso della nazione ed il rispetto per i costumi e per le tradizioni di un popolo troppo spesso bistrattato dalla Storia. Sovente collocate genericamente nell’ambito  della “Destra”, le loro idee e i loro programmi sono ormai scomparsi dalla scena politica italiana, divisa in due blocchi tanto contrapposti quanto simili per quanto riguarda l’ideologia e, soprattutto, il passato.


Da una parte un partito di centro-sinistra con un ampio elettorato, che ha numericamente conseguito il miglior risultato alle ultime elezioni politiche e in cui convivono fin troppe anime, da quella cristiano-sociale a quella socialista, passando per quella ambientalista e quella eurocomunista; dall’altra uno schieramento di centrodestra raggruppato intorno alla figura carismatica ed influente di Silvio Berlusconi, sempre sul pezzo nonostante la recente condanna per il caso Ruby e deciso a rifondare il partito che ha determinato il suo primo, straripante successo, con un’ideologia basata sul cristianesimo democratico e sul conservatorismo liberale, seppur spesso volta ad assecondare le alterne fortune politiche e giudiziarie del suo leader.

Nel mezzo, varie formazioni minori e il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, ma nessun partito che rappresenti  l’elettorato italiano di destra, ormai orfano di una vera rappresentanza parlamentare dai tempi della prima alleanza tra Gianfranco Fini, all’epoca segretario di Alleanza Nazionale, e Forza Italia.

Che ne è stato, dunque, della Destra? Con la scomparsa dei suoi leader carismatici, i quasi tre milioni di italiani che fino alla metà degli anni novanta votavano per il Movimento Sociale Italiano si sono ritrovati orfani di una rappresentanza parlamentare e sono stati obbligati ad orientarsi verso partiti dalla semplice impronta conservatrice o, nella peggiore delle ipotesi, a dare sistematicamente scheda bianca alle elezioni politiche.

Le cause di questo declino sono da attribuire, innanzitutto, alla scomparsa dei  grandi leader del passato. Tuttavia, il vuoto causato dalla dipartita di Almirante, di Romualdi e di De Marsanich non può bastare, pur nella sua incolmabilità, a giustificare quella che è stata una evaporazione a tutti gli effetti, un sostanziale abbandono dell’elettorato nazional-conservatore. Gli eredi dei grandi politici di destra, i molti giovani eleganti che ben promettevano ai tempi in cui militavano nel FUAN, sono ora dispersi fra tutte le compagini parlamentari. Basti pensare a Gianfranco Fini, delfino designato da Giorgio Almirante in persona, ritrovatosi a mettere evidentemente in secondo piano i propri ideali in nome della “comodità” rappresentata dall’alleanza con il personaggio più potente del momento, nonostante rappresentasse una chiara opposizione morale a tutto ciò che aveva propugnato fino a neppure dieci anni prima.

Stessa sorte hanno avuto i vari Gasparri, Alemanno e La Russa, impegnati a consolidare la propria posizione all’interno di partiti dall’impostazione ben diversa rispetto a quella della loro militanza giovanile. Tutti costoro hanno preferito la tranquillità di una poltrona sicura e hanno lasciato prevalere gli interessi personali, provocando la fine del sogno di una Destra Nazionale che era stato la punta di diamante della politica dei loro antichi leader e mentori.

Ma è proprio a questi politici, eredi, volenti o nolenti, di una grande tradizione culturale, che spetta il compito di non abbandonare i tanti cittadini italiani che sentono, ora più che mai in questi tempi di crisi profonda, il bisogno di vedere rappresentata in Parlamento la forte e orgogliosa spiritualità della nostra nazione, depurata da ogni connotazione di stampo post-fascista.


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