8 Ottobre 2024

Il denaro può comprare la felicità? In altri termini, per essere più precisi, un reddito pro capite maggiore rende le persone più felici? L’ipotesi implicita, quando gli economisti analizzano la prestazione economica di un paese attraverso il livello del reddito pro capite o il suo tasso di crescita, è proprio questa.

Le prime analisi empiriche sulla relazione tra reddito e misure di felicità provenienti da questionari hanno suggerito che questa ipotesi potrebbe essere sbagliata. Queste analisi hanno prodotto quello che è conosciuto oggi come il paradosso di Easterlin (in nome di Richard Easterlin, il primo economista a studiare in maniera sistematica il fenomeno). Easterlin osservò i seguenti tre fatti:


  1.  Se si comparano paesi differenti, la felicità in un paese sembra essere tanto maggiore quanto più è alto è il livello del reddito pro capite. La relazione, tuttavia, sembra essere valida solamente in paesi relativamente poveri. Analizzando i paesi ricchi, la relazione tra reddito pro capite e felicità appare piuttosto debole.
  2.  Se si analizzano i singoli paesi nel corso del tempo, la felicità media nei paesi ricchi sembra non aumentare molto, se non per nulla, con il reddito. In altre parole, nei paesi ricchi, un maggior reddito pro capite non sembra aumentare la felicità degli individui.
  3.  Se si studiano i singoli individui all’interno di un paese, la felicità appare fortemente correlata con il reddito. Le perone ricche sono sistematicamente più felici delle perone povere. Questo fenomeno trova riscontro empirico sia nei paesi ricchi che in quelli poveri.

Il paradosso sta nel fatto che, mentre gli individui  ricchi all’interno di un paese sembrano essere più felici degli altri, la felicità non sembra aumentare con il reddito quando si considera un paese nel suo complesso. I primi due fattori suggeriscono che, una volta che i fabbisogni primari sono soddisfatti, un maggior reddito pro capite non aumenta la felicità. Il terzo fatto suggerisce che ciò che conta per aumentare la felicità degli individui non è il reddito in termini assoluti, ma il reddito di ciascun individuo relativamente a quello degli altri.

Se questa interpretazione fosse corretta avrebbe grosse implicazioni sul modo in cui pensiamo il mondo e la politica economica. Nei paesi ricchi, politiche che hanno come obiettivo l’aumento del reddito pro capite potrebbero essere inefficaci, poiché quello che importerebbe davvero sarebbe la distribuzione del reddito invece che il suo livello medio. La globalizzazione e la diffusione dell’informazione, nella misura in cui permettono agli abitanti dei paesi poveri di confrontarsi, non con gli abitanti ricchi dello stesso paese, ma con quelli di paesi più ricchi, potrebbero di fatto diminuire, invece che aumentare, la felicità.

E così questi risultati hanno scatenato un intenso dibattito e stimolato ulteriore ricerca. Non appena nuovi dati sono stati resi disponibili, una miglior evidenza empirica è stata prodotta. Interessante una recente analisi di Betsey Stevenson e Justin Wolfers. La fonte del loro studio è un questionario di Gallup World Poll del 2006, in cui è stata posta a migliaia di individui in ciascun paese la stessa domanda:

Questa è la “scala della vita”. Supponete che essere all’estremo superiore di questa scala rappresenti la miglior vita possibile per voi, mentre essere all’estremo inferiore la peggior vita possibile. In quale gradino vi collochereste in questo momento?

I risultati sono tanto chiari quanto impressionanti: vi è una fortissima correlazione tra paesi, tra reddito e felicità media. L’indice, in una scala da 0 a 10, assume un valore pari a 4 nei paesi più poveri e pari a circa 8 in quelli più ricchi. Ancora più importante, dato il paradosso di Easterlin, è che questa relazione sembra essere valida sia nei paesi ricchi che in quelli poveri. Sembrerebbe anche che la soddisfazione esistenziale aumenti più velocemente all’aumentare del reddito pro capite. In ciascun paese gli individui ricchi sono più felici di quelli poveri. La felicità individuale aumenta con il reddito, sia perché il paese diventa più ricco, sia perché gli individui diventano relativamente più ricchi all’interno del paese. 

Steveson e Wolfers traggono una forte conclusione dai loro risultati. Nonostante la felicità individuale dipenda sicuramente da molto altro oltre che il reddito, aumenta senza dubbio con il reddito. Da un lato, l’idea di Easterlin che ci sia qualche livello critico del reddito oltre il quale esso non influisca più sul benessere degli individui è intellettualmente accattivante; dall’altro, è in parte contraddetta dell’evidenza empirica.

Ma il dibattito può dirsi concluso? No, l’evidenza empirica del quesito Gallup può essere contraddetta o comunque non essere ritenuta esaustiva o corretta. A porre ordine pensano i premi Nobel Angus Deaton e Daniel Kahneman, che pongono una distinzione tra i due modi in cui un persona può dirsi felice e come il reddito pro capite influenza tale felicità.


  • Esiste un benessere emotivo, inteso come frequenza e intensità di esperienze come gioia, stress, tristezza, rabbia e affetto che rendono la vita piacevole o spiacevole. Il benessere emotivo sembra aumentare con il reddito pro capite perché un basso reddito accentua il dolore emotivo associato con eventi drammatici come il divorzio, la mancanza di salute e la solitudine. Ma solo fino ad un certo punto, non c’è alcun miglioramento oltre un reddito annuo di circa 75.000$ (esperimento condotto nel 2009).
  • Esiste poi una soddisfazione esistenziale, l’autovalutazione di un individuo circa la propria soddisfazione esistenziale sembra essere correlata più fortemente con il reddito. Deaton e Kahneman concludono che un elevato reddito porta a una maggiore soddisfazione esistenziale, ma non necessariamente ad una maggiore felicità.

Infine, quindi, per poter usare le misure del benessere come guida, è necessario prima comprendere e scegliere quale, tra la soddisfazione esistenziale e il benessere emotivo, sia la più adatta allo scopo.

Perché la vera ed unica domanda, a cui nessun economista potrà mai rispondere, non è quanto denaro serva per essere felici, ma: che cos’è la felicità?

 

 

 

 

Fonte: Macroeconomia – Una prospettiva europea (Il Mulino; 2016)

Lamberto Frontera

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Lamberto Frontera

Classe 1995, laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli Studi di Firenze, appassionato di storia, politica ed economia, oltre che di informatica, cinema ed arte, scrive per Uni Info News dal 2015

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