A inaugurare la nuova Stagione Danza 2019/2020 del Teatro Verdi di Pisa, scelta dal direttore artistico Silvano Patacca in collaborazione con Fondazione Toscana Spettacolo Onlus, è stata la compagnia vicentina Naturalis Labor di Luciano Padovani, che ha portato in scena in una prima nazionale Cenere Cenerentola, lo scorso sabato 9 novembre.
![PH Giuseppe Di Stefano](https://www.uninfonews.it/wp-content/uploads/2019/11/Cenere-Cenerentola3-ph-Giuseppe-Distefano-s-300x200.jpg)
La Cenerentola di Padovani è però tutt’altro che disneyana e lontana dalla celebre fiaba dei fratelli Grimm. Tutto è grigio, cupo e cinereo. Le donne sono alla mercé degli uomini che abitano un sobborgo minerario dickensiano, come la celebre Coketown di Hard Times- For This Times. Il fumo avvolge e sovrasta un tappeto di cenere sopra il quale novelle cenerentole, con lunghi abiti pastello, si uniscono in una vorticosa danza con i loro principi-minatori.
L’amore però è aggressivo e opprimente. L’incanto del primo incontro, le illusioni di un happy ending sono da subito disattese. Un’attrazione malsana che trasforma il rito del corteggiamento in un susseguirsi di fughe e rapimenti, alternate a più morbide e armoniose gestualità quasi di abbandono all’altro, che mostrano una forte tecnica dei danzatori e un sapiente controllo del corpo. I danzatori si fronteggiano in una danza intensa, ritmata e primordiale. E subito prendono forma i ricordi delle numerose vittime di femminicidi che ancora oggi, purtroppo, occupano le prime pagine di cronaca nera. Fino a quando il quintetto di donne, compatto e in perfetta sincronia, si allea e si ribella. Una sequenza di grande impatto visivo che ha come modello ispiratore la drammatica coreografia Le Sacre du printemps di Pina Baush, dove il rito sacrificale violento e impetuoso, si compie sopra una distesa di terra.
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Le scarpe sono lanciate da ogni parte della scena sopra le quali, le sventurate cenerentole, cercano di calzare la “scarpetta di cristallo” avidamente ambita, ma senza successo. Zoppicanti e coperte di cenere, tentano allora di ritrovare il loro equilibrio. Ed è qui che, ancora una volta, emerge la forza delle donne. Senza perdere la speranza, cadono e si rialzano in un flusso continuo e ciclico interrotto da un gesto liberatorio: una danzatrice si sfila definitivamente le scarpette. Solo così le donne possono finalmente rinascere dalle loro ceneri, come leggendarie fenici.
Non ci sono fate turchine a cancellare questa violenza o a trasformare i topolini in altezzosi cavalli e zucche in splendide carrozze. Noi siamo voyeur inermi di questi amori malsani. Noi siamo spettatori complici di una grande forza, la Resilienza.
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